Tempi stretti per chiudere l'indagine italiana di Alberto Gaino
Tempi stretti per chiudere l'indagine italiana Tempi stretti per chiudere l'indagine italiana Alberto Gaino TORINO Il 21 maggio scade l'ultima proroga delle indagini sull'acquisto di Telekom Serbia e 4-5 rogatorie intemazionali chieste a suo tempo dal pool del procuratore aggiunto Bruno Tinti sono ancora in alto mare. In mancanza di un pentito che vuotasse il sacco in maniera riscontrabile, ai pm torinesi non è restato che seguire i flussi di denaro per le ricche intermediazioni rimbalzati "da Belgrado verso conti di compensazione di Francoforte (in parte) e poi altrove: Londra, Svizzera, chissà dove. Un collaboratore di Tinti racconta senza ironia: «Quando ho sentito in tv che la commissione parlamentare correva a spron battuto a Lugano, mi sono sentito un pigmeo, e chi lo sa se era un effetto della potenza mediatici del messag^.'Poil-d'ojtfil basino che è successo in Svizzera...... (r ■"Gliindagati erano e restano due: Tommaso Tommasi di Vignano, per aver firmato il contratto di acquisto della compagnia telefonica serba, e Giuseppe Gerarduzzi, all'epoca direttore della rete di Telecom Italia e procuratore speciale di Stet International, per aver seguito l'in- tera procedura da vicino e in particolare per aver lasciato la propria fuma su alcuni mandati di pagamento al conte Gianni Vitali, mediatore nell'affare insieme con l'amico e compagno di battute di caccia Sei^ghej Dimitrievic. Nei loro confronti Tinti e i pm Roberto Furlan e Paolo Storari ipotizzano le accuse di falso in bilancio (reato decisamente ridimensionato dopo la recente revisione) e conuzione. Ma i due manager non avrebbero pagato «tangenti» a destra e a manca. Nella richiesta di proroga i magistrati torinesi hanno fatto esplicito riferimento a «una somma non inferiore a 47 milioni di marchi tedeschi» ricevuta da Tommasi e Gerarducci «per far sì che il prezzo pattuito per Telekom Serbia fosse superiore a quello reale». Come Tinti e colleghi abbiano individuato, come ipotesi di reato, un'eventuale tangentona di 46 miliardi e rotti di lire del 1997 non è chiaro, lo è di più la pista investigativa seguita. Il problema è che dai tanti inteiTogatori e riscontri sarebbe emerso poco. «Sentiremo questi due nuovi personaggi» dice Tinti alludendo alle deposizioni in commissione parlamentare d'inchiesta dell'avvocato Paoletti e del faccendiere Igor Marini. Tutt'al più aggiunge: «In Svizzera andremo seguendo le procedure». Negli ultimi mesi il magistrato e i suoi collaboratori hanno verificato più di una dichiarazione roboante. Nel carcere di Aix-en- Provence hanno interrogato l'ex anonimo che aveva indicato al Giornale una circostanza più che suggestiva dell'affaire: i servizi segreti che monetizzano la montagna di miliardi ( 1500 in lire) e, ficcandoli in capienti sacchi, li trasportano da Atene a Belgrado, per rientrare poi in Italia con una parte del carico. Paolo Zagami, in attesa di estradizione in Italia per truffa, ha ripetuto ai pm torinesi il suo racconto, ma pare che non abbia azzeccato le date per rendersi un po' credibile. Rapidissimo è stato l'interrogatorio di Guido Garelli (citato in un libro-inchiesta) nel carcere di Ivrea. Uno che vent'anni fa si spacciava per colonnello deir«Ainministrazione Territoriale del Sahara Occidentale».
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