Mio padre moriva i finti eroi parlavano

Mio padre moriva i finti eroi parlavano VITA QUOTIDIANA, NOTTI INSONNI, BATTAGLIE POLITICHE. E I GIORNI DELLATRAGEDIA: GIOVANNI MORO RICORDA Mio padre moriva i finti eroi parlavano «Quando fu rapito il salvatore della patria divenne un pazzo, un vi e che non si comportava come i martiri de la Resistenza Ancora aspetto che i politici facciano i conti con l'omicidio» Aldo Cazzuilo ROMA A LDO Moro era un buon pa"JlSl are. Un padre normale nella sua anormalità. Un padre notturno. A casa c'era poco, e solo la notte. Ma erano notti vive, perché lui aveva orari strani, la pressione bassa, vecchie abitudini del Mezzogiorno, pranzava alle tre e mezza, cenava a mezzanotte. Poi c'erano i giornali. Il suo incubo. Cataste di giornali, che teneva da parte, e leggeva appunto la sera tardi. La sera tardi parlavamo, anche. Oppure andavamo al cinema, abbastanza spesso. Negli ultimi tempi era molto stanco. Stufo, Diceva che avrebbe lasciato la politica, che si sarebbe dedicato all'insegnamento. Gli piaceva insegnare, quand'era ministro degli Esteri rientrava la notte dalle missioni per poter dare esami il mattino dopo. Non aveva eredità da consegnarmi, né voti né collegi né carisma, nulla gli era più estraneo del pensiero di fondare una dinastia. Né io c'ho mai pensato. Non allora, non a maggior ragione dopo. Mi hanno chiesto tante volte di entrare in Parlamento, Non lo farò. Non sarebbe giusto, per come è finita la storia di Moro». Quando parla di lui dice quasi sempre: Moro, non mio padre, tantomeno papà. Ne parla a tratti, vincendo una ritrosia famihare e personale. Giovanni Moro non appartiene alla categoria dei figli, cui guarda senza complessi di superiorità ma anche da estraneo. Seleziona il ricordo. Ad esempio non ha visto nessuno dei film su suo padre, ma ha letto tutti i libri. Soprattutto, ha letto i libri, le carte, i discorsi del padre. Ha tentato di conoscerlo meglio, di capirlo. Di continuare quei dialoghi notturni, «Il 9 maggio di 25 anni fa ci telefonarono a casa per avvisarci. Ma non da Palazzo Chigi, né dal Viminale, né da piazza del Gesù, Seppi che mio padre era morto nello stesso modo in cui, 55 giorni prima, avevo saputo che era stato rapito: da un amico. Il 16 marzo ero in università, filosofia, alla Sapienza, Il 9 maggio ero a casa. Suonò il telefono. Risposi io. Diedi la notizia a mia madre. Dei politici, degli uomini di Stato, dei democristiani non chiamò nessuno. Non venne nessuno. Mancò loro il coraggio. Solo Fanfani, Ai funerali, a Torrita Tiberina, c'era l'intero paese, più trenta persone. Non c'erano politici. A cose fatte, mentre stavamo andando via, arrivò il solo Fanfani. Perché lui? Perché c'era un rapporto speciale, la stessa formazione, la stessa militanza, un tratto di vita in comune, malgrado le tante divergenze politiche che pure avevano, E c'erano le vedove degli uomini della scorta. Persone di famiglia, amiche di mia madre». Agli amici e ai compagni di partito di suo padre, Giovanni Moro non muove «rimproveri sentimentali». Ha però un rapporto molto severo con la memoria. Diserterà la cerimonia della Regione Puglia per l'anniversario dell'assassinio, cui è stato invitato a parlare anche Andreotti, «Da 25 anni la mia famiglia attende un segno non dico di pentimento, non dico di scuse, ma almeno di riflessione». C'è qualcosa di nuovo, in questo anniversario; l'emergere di un filone che viene definito revisionista, e ha trovato un libro-manifesto nel lavoro di Vladimiro Satta, un funzionario del Senato «che ha catalogato anni di indagini del Parlamento che tra decine di mighaia di documenti ha scelto proprio quelli che lo portavano alla conclusione che non c'è nulla da .chiarire. E invece a me quel libro è parso un'occasione sprecata. Tempo male impiegato, soldi nostri, dei contribuenti, che potevano essere spesi meglio. Difficile dire che è tutto chiaro, quando ci sono voluti anni per sapere, e nemmeno con certezza, chi ha ucciso mio padre. Gallinari, come si è sempre creduto? Moretti, come ha affermato lui stesso? Maccari, come è stato ipotizzato di recente? Vedo che i brigatisti ancora dicono che mancano soltanto particolari, E invece molte cose restano oscure. Ogni sei, sette anni spunta un carceriere nuovo. Un'Honda rossa. Una tipografia clandestina, cui si arriva ovviamente troppo tardi. Fiancheggiatori che anche durante il sequestro di mio padre ospitano a pranzo e a cena i terroristi, pare facesse chic all'epoca ospitare terroristi. Un libro di memorie che non chiarisce nulla, quando non è indecente, come quello di Morucci, un inno al culto delle armi». Nella primavera del 1978 Giovanni Moro aveva vent'anni. L'unico figlio maschio, «Ma il capofamiglia restò lui, sino alla fine. Nelle lettere ci diceva che cosa fare, e tentava di dirlo anche al suo partito. La nostra casa era l'occhio del ciclone; Il cuore di una calma irreale, mentre il mondo intorno a noi pareva impazzito. Vennero tutti a casa nostra, nei 55 giorni. Tranne Andreotti, Cossiga venne due volte, come Craxi. Vennero anche Berlinguer, Zanone, Biasini e quasi tutù i leader dei partiti. Zaccagnini anche di più. Ne uscì schiantato, né morì; come Paolo VI. A casa venne il cardinale vicario Poletti, La Chiesa italiana si attivò molto, ma trovò ostacoli in Vaticano; e sono convinto che l'intervento del governo sull'appello del Papa ci fu. Venivano gli amici e ognuno portava un'idea: fare intervenire la Croce Rossa, l'avvocato della Raf, Amnesty. A tutti rispondevamo; fate. Ma c'era sempre qualcuno che bloccava. La Croce Rossa fu fermata dalla Farnesina. Il presidente Leone, che era pronto a firmare la grazia per una brigatista, dal Guardasigilli Bonifacio». «Un giorno di fine marzo ci fu detto che era stata individuata la prigione di Moro. Una villa sul litorale romano. Ci venne spiegato che i corpi speciah erano pronti a intervenire, che un ufficiale si sarebbe gettato sul prigioniero per evitare che venisse colpito. Aspettiamo fiduciosi. Poi ci avvertono che non se ne fa niente: troppo pericoloso per l'incolumità dell'ostaggio, avvertono. Non abbiamo mai capito cos'era davvero successo. Dove fosse davvero quella prigione. Non sappiamo come andò a Via Fani, quale percorso fecero per portarlo via, chi e come gestì l'interrogatorio, in quanti e in quali luoghi fu tenuto prigioniero. L'unica cosa sicura è che la versione dei brigatisti, con la Renault rossa che la mattina del 9 maggio percoire undici chilometri con il corpo del bagagliaio, da via Montalcini a via Caetani, attraverso una Roma presidiata da migliaia di agenti, è insostenibile». «Mia madre fu molto forte, per tutto il tempo. Fummo sottoposti a più di una prova. L'anniversario della vittoria elettorale De del 18 aprile, quello della Liberazione, il primo maggio; ci si attendeva qualcosa per ognuna di queste date. Poi venne il falso comunicato Br, che invitava a cercare il corpo nel lago della Duchessa. Si capiva che era una bufala. Un posto così lontano. Sotto la neve. Quel che non si è capito è chi l'abbia organizzata, e perché. Vedo che l'ex magistrato ed ex sottosegretario di Andreotti Vitalone ne ha quasi rivendicato la paternità. Per creare incertezza nelle Br, dice». Anche Giovanni Moro ha fatto politica, a suo modo, e in forme non del tutto disgiunte da quelle del padre. Nei movimenti che ha animato, da «Febbraio '74» a «Cittadinanzattiva», ha lavorato sul rapporto tra politica e società, ha ripreso alcune delle intuizioni di Moro, sulla crisi della rappresentatività dei partiti, sulla soggettività politica autonoma della società. «Ma non è vero che fosse pessimista. Era un realista. Sapeva ascoltare, e non soltanto noi. Andava alle riunioni dei giovani delle parrocchie, si sedeva in ultima fila, prendeva appunti, e i ragazzi si stupivano che non chiedesse di parlare. Lavorava per allargare l'Europa, firmò per la Comunità Europea la Carta di Helsinki primo riconoscimento tra Est e Ovest, Quando fu rapito in tanti incarognirono, il salvatore della patria divenne un pazzo, un malato di mente, uno zombie, un burattino, un fantoccio, un drogato, un affetto dalla sindrome di Stoccolma, un vigliacco che non si comportava come i martiri della Resistenza, Eroi a basso prezzo, che si sono rappresentati come vittime mentre era un altro a morire. Sto ancora aspettando una loro parola. Stiamo aspettando da 25 anni che la classe dirigente del paese faccia i conti con l'omicidio di Aldo Moro», Un'immagine dei funerali di Aldo Moro In quel giqrno drammatico a Torrita Tiberina, ricorda il figlio «c'era la gente comune, il paese le vedove degli uomini della scorta ^^ Dopo la strage WW non chiamò né venne nessuno della classe dirigente I democristiani non si fecero vivi Mancò loro il coraggio Anche ai funerali il partito non c'era Mentre stavamo andando via arrivò trafelato il solo Fanfani Perché lui? Perché c'era un rapporto speciale 99 Giovanni Moro

Luoghi citati: Europa, Helsinki, Puglia, Roma, Stoccolma, Torrita Tiberina, Via Fani