Riforma pensioni, si va verso lo sciopero di Roberto Giovannini

Riforma pensioni, si va verso lo sciopero IL MINISTRO: CI VEDREMO PRIMA DEL VARO DELLA DELEGA. D'AMATO: SBAGLIATO RICORRERE ALLA PIAZZA Riforma pensioni, si va verso lo sciopero Maroni non partecipa all'incontro e i sindacati si mobilitano Roberto Giovannini ROMA Non hanno per niente apprezza- . to, i leader di Cgil-Cisl-Uil, l'improvviso declassamento a «incontro tecnico» (e senza la presenza del ministro del Welfare Roberto Maroni) dell'attesissimo appuntamento per discutere della delega previdenziale, all'esame del Parlamento. Tantomeno Pezzotta, Angeletti ed Epifani hanno gradito che la decisione di Roberto Maroni sia giunta dopo la conclusione di un incontro tra lo stesso ministro e il direttore generale di Confindustria, Stefano Parisi. Fatto sta che nel pomeriggio le tre confederazioni hanno rapidamente deciso di proclamare lo «stato di mobilitazione di tutti i lavoratori» contro le modifiche decide dal governo al sistema previdenziale con la delega Maroni. Se non ci saranno nuovi incontri o novità di sorta entro il 14 maggio, lo «stato di mobilitazione» potrebbe diventare proclamazione di uno sciopero. Intanto, il presidente di Confindustria Antonio D'Amato ammonisce i sindacati: «rifiutarsi di affrontare la questione della previdenza e fare ricorso alla piazza non aiuta a trovare le soluzioni che servono». Roberto Maroni è davvero in una stretta complicata. Da un lato la posizione piuttosto deter¬ minata (e unitaria) dei sindacati, che chiedono modifiche su tre punti importanti della delega: la decontribuzione per i nuovi as-:, sunti, l'obbligatorietà del conferimento delle liquidazioni ai fondi pensione, la parità di trattamento tra fondi chiusi e fondi aperti. Sull'altro versante, c'è Confindustria: gli industriali insistono con puntiglio nel chiedere lo sconto contributivo a loro vantaggio, e bocciano recisamente la controproposta sindacale (intervenire alleggerendo altri oneri sociaU che oggi gravano sulle aziende). Uno scenario complicato, che rende problematica una mediazione, e soprattutto rende impossibile praticare la soluzione fin qui prediletta dal governo: lo schema del «Patto per l'Italia», con l'isolamento della Cgil. A «saldare» il fronte sindacale ieri è intervenuto lo stesso numero uno della Cisl Savino Pezzetta, che ha ribadito ai suoi dirigenti e a quelli di Cgil e Uil la volontà della Cisl di mantenere la rotta attuale. Il ministro vorrebbe evitare lo scontro, e nei giorni scorsi aveva in molte dichiarazioni manifestato la volontà di venire incontro a molte delle richieste di Cgil-CislUil, definite «interessanti». Tuttavia, anche nel governo e nelle forze politiche della maggioranza non manca chi vorrebbe da Maroni un approccio più «aggres- sivo» : a parte i settori più sensibili a Confindustria, si sa che il ministero dell'Economia ritiene non sufficienti gli aggiustamenti al sistema previdenziale contenuti nella delega pensata al ministero del Welfare. E così, ieri Maroni ha discusso un'ora col direttore generale di Confindustria Parisi. Un incontro in cui Parisi ha ribadito la totale indisponibilità degli industriali alle proposte dei sindacati. Subito dopo, il ministro ha comunicato che l'appuntamento con Cgil-Cisl-Uil si trasformava in «tecnico». I sindacati temono Maroni voglia prendere tempo, anche in vista delle amministrative del 25 maggio, mentre intanto al Senato l'iter del provvedimento prosegue. La decisione di mobilitare - e minacciare lo sciopero si accompagna alla richiesta di sospendere l'iter parlamentare della delega. Se non ci sarà un meontro entro il 14 maggio, verranno decise iniziative di lotta vere e proprie. «Prevediamo un' insieme di iniziative che vanno dalle assemblee in tutti i posti di lavoro allo sciopero generale», hanno detto i segretari confederali Piccinini, Baretta e Musi, spiegando che «la gradazione di tali iniziative di lotta dipenderà dalle risposte del governo». Con ima nota, Maroni assicura che incontrerà Cgil, Cisl e Uil prima che si chiuda la discussione al Senato. Il ministro punta ancora su una mediazione, ma non sarà una faccenda semplice. Secondo il presidente della Confindustria più che scaldare gli animi occorre «esercitare i cervelli». Il paese, ha poi aggiunto D'Amato, ha bisogno «di fare quelle riforme che aiutino le prossime generazioni. E la riforma della previdenza rappresenta quindi solo il primo passo di una più ampia e complessiva riforma del Welfare». La previdenza, per il presidente di Confindustria, «deve essere riformata» tanto più alla luce della «per coniugare sempre più le esigenze di vita individuali con le nuove opportunità di lavoro». D'Amato si è detto infine fiducioso nel varo della riforma perché «si tratta peraltro di una priorità così acclarata che quasi tutti i paesi europei dovranno affrontare. È un nodo - ha concluso - che quindi anche il nostro paese dovrà dirimere, con grande responsabilità e consapevolezza. Ma dovrà farlo». Il ministro Roberto Maroni

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