Violente proteste in Cina, no ai centri di quarantena
Violente proteste in Cina, no ai centri di quarantena RIVOLTE E SACCHEGGI, LA POLIZIA DISPERDE LA FOLLA E ARRESTA I DIMOSTRANTI Violente proteste in Cina, no ai centri di quarantena A Nanchino misure eccezionali per 10 mila persone. La Corea del Nord sospende i voli con Pechino reportage Francesco Slsci GLI abitanti di Pechino scappano dalla capitale per rifugiarsi in campagna ma vengono considerati come reietti. Gli altri cinesi sono spaventati dal rischio di contagio da Sars. La municipalità di Nanchino ha annunciato la quarantena per IO mila persone, come misura di prevenzione. La misura stupisce visto che a Nanchino finora sono stati segnalati una quindicina di casi di polmonite atipica, di cui solo 4 confermati. Chiusura di cinema, teatri, discoteche e internet calè a Zhengzhou, capitale dello Henan, dove sono stati recensiti solo 6 casi. Le persone che sono state messe in quarantena a Pechino sono più di 15 mila. In queslo clima di panico e sospetto reciproco sono nate le rivolte che hanno incendiato per tre giorni la città di Linzhou, nella provincia dello Henan. Linzhou, a 500 chilometri dalla capitale, è la prima città dopo il confine con lo Hebei, la provincia che circonda Pechino, ed è patria di molti mingong, contadini messi a contratto in gruppo come operai edili. Con lo scoppio della Sars i mingong hanno abbandonato i cantieri e sono ritornati a casa. Qui, la settimana scorsa, le autorità locali hanno voluto applicare con durezza i nuovi ordini di mettere in quarantena tutti quelli che venivano da Pechino. Gli operai, appoggiati dai familiari, si sono però ribellati. Linzhou ha vissuto tre giorni di disordini, dal 25 al 28 aprile. Il centro medico, preparato per accogliere la gente in quarantena, è stato saccheggiato e parzialmente distrutto. La polizia è intervenuta a disperdere la Ma e con equanimità cinese, ieri le autorità annunciavano che l'assessore alla sanità cittadino e il responsabile per le malattie infettive erano stati licenziati, e che tre dimostranti erano stati arrestati. «Nelle campagne la gente ha paura di essere messa in quarantena, sente la cosa quasi come una condanna a morte - spiega Gong Wei, giornalista di Pechino - molti credono che la possibilità di avere la Sars sia una diagnosi senza speranza e vorrebbero morire a casa loro. Altri pensano che stare in quarantena con chi forse è contagiato, moltiplica le possibilità di infezione». Quella di Linzhou è l'episodio più grave, mentre nel fine settimana c'è stata un'altra rivolta contro la quarantena più a sud, nella contea Yuhuan, nella provincia dello Zhejiang. Il 27 aprile, in un villaggio vicino a Tianjin, Chagugang, sempre dei mingong di Pechino avevano distrutto un locale centro di quarantena. L'ignoranza e la paura sono la polvere pirica di queste esplosioni sociali, ma la miccia viene accesa dalle misere condizioni della sanità fuori dalle metropoli che assorbono i due terzi del bilancio sanitario statale, pur ospitando solo il 150Zo della popolazione. «La resistenza ad accettare la quarantena potrebbe diventare un elemento molto pericoloso perché potrebbe diffondere la Sars nelle campagne - afferma un diplomatico straniero - contro questo possibile contagio c'è solo una misura concreta possibile, la quarantena». Così in molte province è stata mobilitata la milizia. Nel Jiangsu gli agenti passano casa per casa a misurare la febbre due volte al giorno, e le strade si sono popolate di sbarramenti e controlli. Ogni provincia annota le auto che entrano, respingendo quelle targate Pechino. Nello Shanxi, nello Henan e in Mongolia interna posti di blocco impongono 10 yuan di tassa obbligatoria per la disinfezione del veicolo. Lo Shandong primeggia con l'allestimento di ben 2200 posti di blocco. Si ha paura di gente che viene da Canton, prima culla della Sars, ma si ha ben più paura di quelli che vengono da Pechino. Dove in un ulteriore tentativo di contenere l'epidemia di Sars le autorità hanno imposto l'isolamento di tutti gli ottanta bacini idrici che riforniscono d'acqua potabile la capitale. Vietato l'accesso anche ai laghi artificiah dove non si potrà più nuotare e pescare. Per impedire che l'epidemia possa estendersi al proprio territorio, ieri la Corea del Nord ha disposto la sospensione di tutti i voli da e per Pechino, unico scalo cui era finora collegata.
Persone citate: Gong Wei
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