Jim Carrey: se fossi Dio La metterei sul ridere di Lorenzo Soria

Jim Carrey: se fossi Dio La metterei sul ridere DOPO I RUOLI PIÙ' SERI TORNA ALLA COMMEDIA CON «BRUCE ALMIGTHY» Jim Carrey: se fossi Dio La metterei sul ridere Lorenzo Soria LOS ANGELES Jim Carrey non vuole venire considerato semplicemente un comico che fa ridere con smorfie, facce, rutti e battute grossolane. Per ogni «Ace Ventura» e «Scemo -i- scemo» che ha realizzato ha sempre cercato di presentarsi subito dopo al suo pubblico con una maschera più tragica, con film come «The Cable Guy» o «Man in the Moon». Con l'eccezione di «The Truman Show» le sue incursioni nel cinema serio gli sono però sempre andate maluccio: quando sente che c'è un film con Jim Carrey il pubblico vuole ridere, non pensare o tantomeno piangere. Per l'attore canadese, una delusione che lo ha portato sull'orlo della depressione. E alla decisione di tornare alla commedia pura con «Bruce Almighty», un film nel quale recita nientedimeno che la parte di Dio. Il suo Bruce è un uomo frustrato e infelice. Un reporter per ima piccola stazione televisiva, si vede come uno che dovrebbe essere su un fronte di guerra o chiamato a fare l'anchorman. Invece eccolo qua, a fare servizi sul biscotto al cioccolato più grande della città. Tra incidenti d'auto, ritardi e anche una gang che lo riempie di botte, non gliene va dritta una. Poi, apprende che un rivale è stato promosso. E esplode in diretta, maledicendo Dio. Che lo ascolta e che gli fa la proposta di prendere il suo posto per una settimana. Abbiamo incontrato Jim Carrey in un albergo di Beverly Hills. Nel nuovo film, Dio dice di averle dato il dono di far ridere e di fame buon uso. E' un modo per far sapere che ha rinunciato alle sue ambizioni drammatiche e che si darà solo alla commedia? ((Apprezzo molto ciò che faccio e adoro far ridere le persone. Forse qualcuno penserà che mi sto prendendo in giro, ma non mi prendo troppo sul serio. A volte ci facciamo ossessionare così tanto da ciò che non abbiamo, che non riusciamo a riconoscere tutto ciò che ci è già stato dato. Detto questo, posso piangere con la stessa facilità con la quale rido e non voglio darmi limiti». La vedremo ancora in film come «The Majestic»? «Sono orgoglioso di avere fatto quel film e non ho rimpianti. Ma la ricera della rispettabilità è un grande pericolo. Non me ne frega niente della rispettabilità. Voglio solo fare del buon lavoro, che si tratti di drammi o di commedie». Presto a Cannes, ci sarà un omaggio a Charlie Chaplìn. «Un genio. I film di Chaplin erano in realtà dei drammi con dei toni comici e spesso poetici. Li amo moltissimo». Che rapporto ha con Dio? «Ho imprecato il suo nome tante volte perchè qualcosa non è andato come volevo, ma lo ringrazio tutti i giomi. Non so che forma abbia, se è solo una fonte di energia o una qualche legge dell'universo. Ma credo che qualcosa ci sia». E che cosa gli domanda? «Di aiutarmi ad ascoltare di più gli altri e di non vedere il mondo come una cosa che ruota attorno a me stesso. Vorrei, almeno per un giorno, provare a essere Gandhi, essere capace di presentare l'altra guancia e fare tutte quelle cose che mi risultano così difficili». Mr. Carrey, che cosa la fa ridere? «Più che le battute preparate, gli errori, gli imprevisti. Ieri ero per la strada con un nuovo bolide che mi sono comprato e la macchina si è bloccata nel mezzo della corsia centrale in un'ora di punta. Nessuno si è fermato. La gente passava e mi guardava quasi con piacere, temevo da un momento all'altro di venire assalito da vm esercito di paparazzi. Non sapevo che cosa fare. Poi, alzo gli occhi e vedo un enorme cartellone pubblicitario con il mio faccione. Ecco, una situazione come questa la trovo comica». Ora ne sa qualcosa, dove pensa che sia Hollywood? AUTnfernoo in Paradiso? «Hollywood non esiste. E' una finzione che manteniamo in vita, un' idea romantica sorpassata e che non c'è più. Oggi con le nuove tecnologie puoi girare un film con il tuo telefonino». Jim Carrey nei panni del Dio che gli ha chiesto di mettersi al suo posto

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