TRE REGISTI STRANIERI PER UN MEGA-PROGETTO di M. Ho.
TRE REGISTI STRANIERI PER UN MEGA-PROGETTO TRE REGISTI STRANIERI PER UN MEGA-PROGETTO alcuni tra i più importanti spettacoli di Peter Brook, dal «Mahabharata» al «Ramayana», è un artista a tutto tondo, dall'energia inesauribile e dalla profonda vocazione pedagogica, cosa quest'ultima che ritiene di avere, sebbene con modalità decisamente diverse, anche il più giovane della triade dei registi, Jean-Christophe Sa'is. Sais, classe 1970, ha fatto per una decina di anni l'attore, sino alla primavera del 2000, quando fonda una propria compagnia teatrale e mette in scena un testo di Koltès, «Sallinger». Il successo è inaspettato e travolgente, il giovane regista di Lione diventa un «caso», tanto da decidere di defilarsi e dedicarsi per due anni all'insegnamento al Teatro Nazionale di Bretagna limitando il numero delle proprie regìe. Lavora sull'attore, sulla ricerca di concretezza e ascolto: «E' necessario superare il significato immediato delle parole, l'apparente logica delle situazioni e procedere decisamente al contrario» spiega. «Nella vita la parola vola via in un istante: e nel teatro deve essere la stessa cosa, non ci sono analisi preventive, non c'è psicologia...». Più attento alle dinamiche della scrittura si presenta invece Dominique Pitoiset, curriculum sterminato ricco di premi e riconoscimenti, digionese, nel 1996 nominato direttore del Theatre National Dijon Bourgogne che egli stesso ha creato. Quasi a sorpresa annuncia che il suo «Pene d'amore perdute» «sarà abbastanza falso, di plastica, molto vicino a un immaginario degli Anni Sessanta». [m. ho.]
Persone citate: Dominique Pitoiset, Peter Brook, Sais, Theatre National
Luoghi citati: Lione
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