Innamorarsi di Siviglia a metà primavera dal Guadalquivir al barrio di Santa Cruz

Innamorarsi di Siviglia a metà primavera dal Guadalquivir al barrio di Santa Cruz PRIMA, DURANTE E DOPO LA SETTIMANA SANTA: SI ESCE DA UNA PROCESSIONE E SI ENTRA IN UN FLAMENCO Innamorarsi di Siviglia a metà primavera dal Guadalquivir al barrio di Santa Cruz FOLLEMENTE innamorata di sé in qualunque stagione dell'anno, Siviglia gradisce, ed ottiene, che ci si innamori di lei, se non per sempre, almeno per una primavera. Aprile e maggio, ì mesi della seduzione. Si comincia il 29 aprile e sino al 4 maggio, dal Guadalquivir al barrio di Santa Cruz, dalla canora Plaza de Los Venerables ai giardini dell' Alcazares, dai tesori architettonici della Calle Sierpes ai portici preziosi di Plaza del Cabildo, crepita la Feria. Sfilate in costume, spettacoli, mostre, salti nel passato e nel futuro, stelle filanti sul Guadalquivir. Prima, durante la settimana santa, preghiere e intense commozioni. La stupefacente cattedrale gotica, alla quale s'appoggia la torre della Giralda, è la protagonista d'una Pasqua tutta splendori e sfavillìi, d'una magnificenza che non ha eguali. Ma Siviglia ha un animo jacarandoso: significa che ha una gran voglia di battere i tacchi, di dar fuoco alle polveri. Qui, da una processipne si esce e in un flamenco si entra. Calate le tenebre, le fotocellule trasformano la Giralda, simbolo della città, minareto riveduto e corretto dopo la Reconquista, in un convegno drammatico di luci e di ombre. Un po' di dramma, anche durante la Feria, non guasta. Su questo in Andalusia sono tutti d'accordo. Tutti meno i tori. La Temporada esplode nell'arena più celebre di Spagna. La Real Maestranza de Caballerìa, che vide i trionfi di Ordonez e Dominguin di El Viti e Camino e si fece di gelo nella tarde in cui il corno non truccato di un Miura abolì l'arte di Manolete, sarà molto generosa nel rifornire i massimi ristoranti del quartiere Arenai di code di toro. prosciutti e salami confezionati con le carni del poveretto medesimo e perfino, estrema umihazione, i suoi testicoli da essiccare o per farci il ragù. Non bastava lacerargli il groppone di banderillas e infilai^gli una spada nel collo. Anche los huevos nel tegame dovevano mettergh. Si è vero, dicono i sivighani, in questi giorni i tori sono gli unici a non divertirsi, però nessuno ha toccato un pelo di quei valorosi (bravos) ammali nel corso della settimana santa. Noi al toro cotto preferiamo, e vi consigliamo, il solomillo de buey (filetto) al Rincon de Curro, il merluzzo nelle squisite venti pre- parazioni del ristorante Bacalao e i peperoni farciti alla mozarabica, come li cucinavano i cristiani sottomessi ai Morì, alla vecchia trattorìa di Don Raimundo al barrio di Santa Cruz. Se vi recate alla Real Maestranza, non è obbligatorio che seguiate la faena, il lavoro del torero, la danza della muleta e i vani tentativi del toro di passarla Uscia. La Maestranza ospita, oltre ai migliori matador in circolazione, le più belle donne dell'Andalusia. La fior en la cabeza, un fiore rosso o bianco che si leva da dietro la nuca, le annuncia. Vestono, per l'occasione, los trajes de flamenca, un trionfo di gale e sottogale, pettini a coda di pavone, scialli da coprirci un letto a due piazze e scollature da non coprirci nulla, pois grandi come lune disegnati su popelin fucsia, verde mela e giallo limone. Le si vigliane si accorgono subito d'essere osservate (stanno h per questo) e scoccano occhiate fulminanti ai turisti giapponesi che le vorrebbero fotografare e le fotografano. Si mostrano invece appena imbronciate e danno il via a una stimolante giostra di arcate sopracciUarì che s'incurvano e si distendono e di labbra che si sporgono, si schiudono e si richiudono all'indirizzo dei caballeros che inviano distinti sorrìsi di ammirazione. Sarà di apprezzata finezza trattenersi dal puntare lo sguardo sulle scollature delle andaluse per dirìgerlo, più signorilmente, sui loro abanicos (ventagli). Splendidi, con il foglio (el pais) dipinto artisti- camente a mano e le stecche (el varillaje) d'avorio intarsiato. I ventagli sivigliani, bisogna saperlo, non servono soltanto per smuovere l'aria: costituiscono uno squisito complemento alla conversazione e perfino al lessico dell'amore. Un minimo gesto, un impercettibile movimento possono celare gioie dell'animo o pene del cuore. D'accordo. Però, adesso, andiamo a goderci le struggenti meraviglie della Calle Sierpes. E' una strada da passeggio. 0 meglio: è una via da beve, serena meditazione, è una carezza di via da gustare piano piano, pezzetto per pezzetto. Si trova alle spalle della cattedrale e non lontana dal barrio di Santa Cruz. Ha fascinosi fondali che frugano nel barocco più quieto e in quello più sognante, che saltano agU smalti e ai mosaici arabeggianti per adagiarsi infine sulle flores cansadas, i fiorì un po' stanchi, dei caffè liberty. Le insegne sono capolavori e, allo stesso tempo, irresistibili inviti a portarsele a casa. La bottega d'orologiaio di Enrique Sanchis potrebbe aver venduto un cronografo a Cristoforo Colombo alla vigilia dell'imbarco sul Guadalquivir tanto è suggestivamente remota la sua scenografia. E nella pasticceria La Campana veniva senza dubbio a comprare i confetti l'andaluso Manuel De Falla fischiettando. A proposito di giardini, a pochi passi da Sierpes, al numero 6 della Calle Cuna, ci sono quelli da restare a bocca aperta dei marchesi De Lebrija. Il loro palazzo dicono sia il più bello di Siviglia e forse lo è. Bussando al portone non è escluso che vi facciano entrare o che vi diano un appuntamento. Le persone, marchesi o venditori di noccioline, sono gentili in Andalusia; e allora vedrete, oltre ai giardini, patii di fiaba, porticati che sembrano di marzapane, giochi di architetture, smalti e decorazioni che sussurrano in arabo: eh, che ve ne pare, eravamo bravini o no? La cattedrale è aperta dalle 10,30 alle 13 e dalle 16,30 alle 18,30, ma per visitarla tutta ci vuole mi mese. Non è grande, è immensa, ma fa finta di non esser¬ lo, vuol esprimere un senso di dolce intimità e ci riesce. Il Patio de los Naranjos ha il profumo che intenerì Cervantes. Dalla Capilla de Los Evangelistas al sepolcro di Colombo, sul quale nessuno giurerebbe che ci sia veramente l'Ammiraglio di tutte le Indie; dal Retablo mayor, la pala d'altare alta venti metri con una base di tredici metri e venti centimetri, la più grande di tutta la cristianità, capolavoro dell' arte gotica, all'Angel de la Guardia di Bartolomé Esteban Murìllo; dalla Puerta de San Cristobal alla Puerta del Perdón, passando davanti a Las santas Justa y Rufina di Goya, la Cattedrale di Siviglia è un interminabile viaggio nel meraviglioso. Il barrio di Santa Cruz, antico ghetto ebraico, è un'altra cosa. Intanto c'è la casa, di fantasia, sulle scale della quale donna Anna insegue Don Giovanni cantando e il dissoluto replica: Sopraggiunge il Commendatore padre della signora. Seguono duello e morte del Commendatore. Al barrio di Santa Cruz bisogna venirci quando i giapponesi stanno ancora dormendo nei loro letti dell'Hotel Alfondo XIII, di stile neomudejar, spettacolare in tutto, specialmente nel conto. Nelle ore antiturìstiche risulteranno indimenticabili le stradine ombreggiate dagli aranci, odorose di gelsomino, i cortili segreti al centro dei quali chiacchierano le fontane e brillano i rinfrescanti azulejos. E ogni tanto uno spuntino, una tapa, per esempio a Casa Ramon per lo squisito prosciutto serrano in Plaza de los Venerables, o a la Bodega Santa Cruz per una imbattibile tortilla con patate. Di notte, al barrio, canti, suoni, luci e flamenco a palate. Ma se hai un cuore di poeta, Sivìgha ti suggerisce in un orecchio: non stare qui, vai a sederti al tavolo d'un piccolo caffè lungo il Guadalquivir, e sorseggiando un vino rosso coronel, leggi le stelle. AL TRAMONTO I FARI TRASFORMANO LA GIRALDA, MINARETO RIVEDUTO E CORRETTO DOPO LA RECONQUISTA. E SIMBOLO DELLA CITTÀ, IN UN FUOCO DRAMMATICO DI LUCI E DI OMBRE Se vi recate alla Reàl Maestranza, non'è obbligatorio che seguiate la faena, il lavoro del torero, la danza della muleta e 1 vani tentativi del toro di passarla liscia. Lì ci sono, oltre ai migliori matador, e più belle donne d'Andalusia con a fior en la cabeza, un fiore rosso o bianco sulla nuca... ANDALUSIA' BIANCA B Da non perdere, tra un atto e l'altro della Feria, sono i villaggi bianchi nei dintorni di Siviglia, celebri anche peri nidi delle cicogne. I più affascinanti: Alcala de Guadaira, a 15 km; Cantiliana, a 30 km; Cannona, a 35 km; Lora del Rio, a 57 km; Lebrija a 60 km e Maron de !a Frontera a 62. A140 chilometri da Siviglia, l'impressionante apparizione di Ronda, nido d'aquila a picco su un burrone e raggiungibile attraverso un ponte da vertigine.