A Palazzo Reale le stanze degli 007 di Casa Savoia di Maurizio Lupo

A Palazzo Reale le stanze degli 007 di Casa Savoia TOHIMO SCONÓSCIUTA A Palazzo Reale le stanze degli 007 di Casa Savoia Maurizio Lupo Il «Regio servitio segreto» dei Savoia dalla fine del Seicento ebbe a disposizione a Palazzo Reale un appartamento occulto, privo di finestre, ma con splendidi affreschi e ottima acustica, da dove poteva ascoltare di nascosto le conversazioni più intime dei principi ereditari. Il locale, con ingresso dissimulato, di cui non è mai esistita traccia documentale, né menzione alcuna negli inventari, si è rivelato fra le intercapedini più antiche della dimora. E' stato esplorato a seguito di indagini e di opere d'impiantistica, avviate nel dare corso ai cantieri che, entro il gennaio 2006, restaureranno con oltre 13 milioni di euro l'intera reggia. «Si tratta - spiega Daniela Hiancolini, direttrice della residenza - di un grande ambiente, di circa 200 metri quadri, con più stanze, alte fino a tre metri e mezzo, ricavate fra le intercapedini che nel Settecento hanno ribassato volte più antiche. In tempi recenti risulta essere stato.utilizzato come cavedio tecnico. Rivela affreschi stupendi. Non disperiamo di poterlo far vedere prima o poi al pubblico, ma il suo difficile accesso lo manterrà ancora segreto». Fu utilizzato davvero dai servizi d'informazione del Re? «Si prestava ad essere un'ottima centrale di spionaggio. Permetteva d'ascoltare in incognito, senza essere uditi, tutto ciò che si diceva nei locali più intimi abitati dai principi ereditari». Graffiti rivelano che l'appartamento divenne clandestino alla fine del Seicento, quando regnava Vittorio Amedeo II di Savoia, uomo di comando, accentratore, che tutto controllava e tutto voleva sapere. Faceva tenere d'occhio anche la famiglia e, in particolare, il principe Carlo Emanuele III? Difficile dirlo, ma è certo che il figlio, per confermarsi sul trono, nel 1730 fece arrestare il padre con un colpo di mano. La volontà d'utilizzare il locale per usi riservati appare inoltre palese. Il suo accesso, ben nascosto, è stato ricavato a colpi di piccone, in tempi antichi, sfondando una volta che dava accesso ad un'intercapedine, già sigillata in precedenza. Per entrarvi si raggiunge una sala aulica degli «appartamenti dei principi». Qui una porta, molto discreta, introduce a ima saletta rossa, di un paio di metri quadri, priva di finestre. A prima vista sembra cieca, ma una parete si rivela un tramezzo. Offre accesso mediato a un piccolo vano, ancora più angusto e riservato. Qui uno stretto pertugio penetra nelle murature. E' tutto buio, ma raggiunge un ulteriore vano, accessibile solo a chi sia molto magro. Al fondo ecco tre spessi gradini in cotto. Si calano su un Dallatoio. Consente il passaggio a una sola persona alla volta, piegata, fino all'imbocco di una cavità oscura, dalla quale spunta il vertice di una scala a pioli. Sono appena dodici, ma sembrano inghiottiti in una voragine. che si allarga in uno spazio che si percepisce sempre più ampio, man mano che si scende. All'improvviso la luce delle torce elettriche svela una meraviglia: un azzurro cielo sereno, affrescato su una volta che si perde nelle tenebre. Al centro volteggia una seducente Afrodite, dea della bellezza, circondata da putti in volo. Lanciano petali di rose, sotto l'occhio vigile del Dio Nettuno, emerso dal mare dal quale è appena sorta la dea. La scena, dalle tinte vivide, quasi intatte, nonostante i secoli, è racchiusa in un cornicione di stucco dorato. Percorre il perimetro delle pareti, sulle quai s'inerpicano bianchi putti in stucco, a grandezza umana, che giocano con ghirlande di rose. Tanta magnificenza venne nascosta a fine Seicento, come attesta un graffito «del fabbro ferraio Giuseppe Marengo» che il «4 luglio 1691» portò «una girata d'acqua» per la calce che forse segnò la clausura del locale, rivisitato il «27 gennaio 1891 » dagli operai «Quarata, Gio- ale e Michele». Che cosa successe qui dentro fra queste due date è mistero, come pure l'identità dell'autore degli affreschi. Li studierà Biancolini con Lucia Calzone, direttrice delle collezioni della reggia. Già sovrintendono il recupero della «Sala dei medaglioni», che sarà da luglio visitabile al primo piano. Fino ai tempi di Carlo Alberto accolse la sala del trono, ma era troppo umida. Il sovrano la lasciò alla moglie. Fu riallestita a fine Ottocento dall'architetto Emilio Stramucci. Vi ricollocò medaglioni in stucco dei fratelli Collino, fra dorature rese poi opache da infiltrazioni, ma che i restuari in corso restituiranno lucenti. Scoperto un alloggio segreto di 200 metri quadrati: da qui i servizi d'informazione potevano udire i colloqui riservati dei principi ereditari Il locale ha un ingresso dissimulato e si trova tra le intercapedini più antiche della dimora Non è menzionato in nessun documento ufficiale Qui a fianco, il passaggio segreto che porta all'appartamento dei servizi d'informazione di Casa Savoia Sopra, un particolare delle decorazioni in stucco dorato che circondano a fascia il perimetro degli affreschi

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