Mezzalama, l'epopea della maratona bianca ritorna all'antico

Mezzalama, l'epopea della maratona bianca ritorna all'antico SABATO CON LA PARTECIPAZIONE RECORD DI 268 SQUADRE SI CORRE LA NUOVA EDIZIONE DEL TROFEO CHE COMPIE SETTANTANNI Mezzalama, l'epopea della maratona bianca ritorna all'antico Questa follia l'avevano inventata gli appassionati del Club Alpino di Torino per ricordare il tenace pioniere dello scialpinismo ucciso da una valanga. Gli sci larghi hanno sconfitto quelli da fondo Domenico Quirico CERVINIA CI sono parole che arrugginiscono, sembrano stanche. Epopea, per esempio: ormai si pronuncia a mezza voce, con pudore, si rannicchia nelle cronache dello sport disinfettata dall'evidente funzione di metafora. Eppure ci sono avventure che scombinano l'usura del tempo, hanno la perenne gioventù del mito. La maratona resta, anche tra i grattacieli, una ardita sfida a se stessi, come ai tempi di Fidippide e la corrono in ventimila. Il trofeo Mezzalama, la maratona bianca tra i quattromila della Valle d'Aosta, rimanda a uno sport antico, dai toni omerici. Sabato in 750 da tutta Europa accetterrano la sfida. Tutto è cominciato settanta anni fa. Luigi Carrel come tutti gli eroi aveva un soprannome. Lo chiamavamo «Carrellino», «il piccolo»: per distinguerlo dai tanti Carrel della valle del Cervino. Era tutto nervi, i baffetti ben curati e la pipa sempre in bocca: sulla parete di una montagna sapeva guizzare, insinuarsi, piegare la legge di gravità che lo schiacciava come se fosse guidato da ima forza misteriosa. Il Cervino lo aveva davanti fin da quando aveva aperto gli occhi, lo aveva scalato mille volte, pazientemente o di corsa, con la falcata da gatto che nessuna altra guida sapeva imitare. Ma la sera del 27 maggio del '33 nella capanna del Theodulo, a tremila metri, neppure lui avrebbe accettato di mettersi in marcia, all'alba, tra i ghiacciai. La tempestò era padrona della montagna, troppo furiosa e vibrante per consentire una corsa di 35 chilometri, sci ai piedi o in spalla, legati in pattuglie di tre, tra cattedrali di roccia e gradini di ghiaccio, con il cuore in tumulto su per le selvatiche pareti del Castore e il naso del Lyskamm e poi scivolando con un interminabile «christiania» fino all'alpe Rika a monte di Gressoney. Questa follia l'avevano inventata gli appassionati del Club Alpino di Torino per ricordare Ottorino Mezzalama, tenace pioniere dello scialpinismo, ucciso da una valanga. Si erano iscritte sedici squadre. Patrocinava, con audace intuizione da sponsor. La Stampa. Intimoriti dalla tormenta i francesi del club Lione già erano mestamente tornati a valle. Poi, a mezzanotte, bizzoso il tempo cambiò, i nevai cominciarono a biancheggiare, sagomando gli spigoli del Cervino. Alle sei le pattughe partirono. Da valle, con i binocoli, li videro sfilare, piccole macchie scure, lungo la difficile cresta del Castore. In testa arrancavano con furia gli svizzeri di Zermatt, trascinati dal caposquadra Julien che si apn"a la strada con il morso dei rampoi^ uc immani seracchi, guadagnava le creste, si gettava in briose discese ben equilibrato sugli interminabili sci di frassino. Dietro lo tallonava, inconfondibile, il piccolo Carrel: la sua fantastica falcata sembrava aver contagiato i due compagni, Antonio Gaspard e Pietro Maquignaz. Poteva raggiungere i Ire svizzeri con facilità, ma li aveva lasciati astutamente davanti, a aprirgli la pista, duplicando la fatica nella neve ancora da scoperchiare. Poi le cordate, sul Felik, furono inghiottite da una nuova tempesta, sparirono nel tumulto. La prima edizione del Mezzalama finì a metà strada al rifugio Sella, dove il regolamento, mettendo un argine all'eroismo, prevedeva un controllo medico e una sosta: si temeva che perfino il cuore di quegli spartani si spezzasse per la fatica. Vinse Carrellino, per tre secondi, bruciando beffardamente in volata la pattuglia svizzera logorata dalla tormenta. L'epopea ha memoria più lunga e inossidabile della storia normale. Ci sono voluti settanta anni perchè a Zermatt dimenticassero quella beffa. «Mai più al Mezzalama» giurarono gli svizzeri, offesi, dall'altra parte del Cervino. Sabato una squadra firmerà la pace a tremila metri, correrà finalmente per una rivincita. La storia del Mezzalama l'hanno scritta gli umori della montagna. Nel '34 U tempo fu clemente e si potè portare a termine tutto il percoso. Sulla foto ricordo i vincitori hanno volti che sembrano di vecchio cuoio, occhi pazienti di chi arranca ogni giorno nella fatica. Vinsero in quattro ore e mezza e si gridò al miracolo. Oggi a La Thuile, le miniere sono una curiosità per i turisti meno distratti. Negli anni trenta pulsavano di operai, erano miniere povere da cui si estraeva con artigianale sagacia la torba. Bartolomeo Carrel e i fratelli Chenoz erano minatori, soldati umili e silenziosi della fatica quotidiana. Erano gli eroi che cercava l'Italia mussoliniana, che fletteva i muscoli, confezionava miti dove lo sport faceva le veci della guerra. C'erano Balbo e Ferrarin che con gli aeroplami celebravano l'ebrezza marinettiana della velocità e del modernismo tecnologico. La montagna sembrava fatta apposta per storie di coraggio omerico, di eroismo solitario. Sciatori e alpinisti erano di moda. Il più divo tra loro era Giusto Gervasutti, «il fortissimo». Lo scelsero per girare Maratona Bianca che doveva trasformare in mito di massa l'epica del Mezzalama. A fianco del bel Giusto nisero un'altra star delle montagne Paula Wiessinger, tirolese che stregava i principi. Nel film si finge uomo per poter parteci pare alla gara, la scoprono solo al controllo medico al rifugio Sella. Non avranno bisogno di questi sotterfugi ormai le trentanove concorrenti al via sabato. Neppure la guerra sembrò fermare il fascino bruciante della maratona bianca. Nel Quaranta in cento partirono dal Teodulo. Dopo quindici giorni molti tra loro arrancavano tra i reticolati, a tremila metri, scambiando fucilate con gli avversari francesi. Più subdolo della guerra è stato il costo dell'organizzazione che ha imposto lunghe parentesi nel libro d'oro fino al '97. Sabato si riparte. 250 squadre iscritte, un record, ci vorrà perfino una selezione al termine della prima rampa, al Breithom, che ne eliminerà 50. Il percorso è diventato più lungo, ora si sale da Cervinia e si arriva a Gressoney, gli sci «larghi» hanno sconfitto, dopo lunga disputa, quelli da sci di fondo introdotti con astuzia nel '35 dagli alievi della scuola militare alpina di Aosta per scivolare più leggeri. Il resto è rimasto eguale: la fatica, il coraggio, l'affiatamento. Insomma: il mito. IL VIA A CERVINIA La partenza sarà sabato 3 maggio alle ore sei dalle piste del Ventina a Cervinia. Le squadre (tre atleti in cordata) iscritte sono quest'anno 268 di cui tredici femminili. Dovranno percorrere 45 chilometri con un dislivello in salita di 2862 metri e in discesa 3145. Sono ammessi sci laminati su tutta la lunghezza, dì larghezza minima in centro 60 mm. I vincitori dell'ultima edizione, svoltasi nel 2001, furono Graziano Boscacci, Ivan Murada, Heinz Blatter (polisportiva Albosaggia): impiegarono quattro ore, 32 minuti e 22 secondi. La fatica sul volto dei partecipanti a un'edizione del Trofeo, negli Anni 70

Luoghi citati: Albosaggia, Aosta, Europa, Italia, La Thuile, Lione, Torino, Valle D'aosta