Le belle sorprese del folk italiano

Le belle sorprese del folk italiano DISCHI Le belle sorprese del folk italiano Alessandro Rosa METODICO, attento e senza frenesie, sempre generoso di gustosi frutti, il folk italiano continua la sua strada, inserendo nella tradizione vitali elementi di rinnovamento. Su questa linea va inserito il ritomo al successo del folk-rock, il quale festeggia la sua prima antologia, «Balla veloce, vivi lento» (UPR/Edel, 1 Cd). Bel titolo, specchio di una filosofia, per una raccolta che in 14 brani offre testimonianza da ogni àngolo dell'Italia, ed è un trionfo dell'ironia, del gioco, della fantasia. Un teatrino in cui si affiancano dialetti e ritmi, un disco che fa vivere atmosfere da osteria, toni politici da centro sociale, clima da feste di paese, estrosa allegria da artisti da strada. Vanno sottolineati l'ottimo livello musicale (e di registrazione) e le consistenti dosi di originale creatività, sempre marchiate da italianità nelle diverse accezioni regionali. Tranne l'inizio (si poteva anche evitare che la prima parola fosse una parolaccia) dei Modena City Ramblers che cantano in italiano con schema e toni irlandesi, e poi Federico Sirianni, che frequenta sempre musica e cultura zingara. Spicca l'ironia dei rappresentanti «nordisti», mentre i «sudisti» indulgono nella rabbia protestaria. Fra i primi si distinguono il già famoso Davide Van De Sfroos con il suo spassoso «Il duello» nel «west lombardo»; gli artisti da strada bergamaschi Jebberwocky (nome tratto da un nonsense di Lewis Carroll) con il loro brillante stile chiarito dal titolo del brano, «Afrorobico», in cui s'ascolta tra le percussioni il lóro «bidofono» (basso acustico a una corda); gli Arbe Garbe che mischiano friulano, saltarello e irruenza punk. Stessa aggressività per la band calabrese «Il Parto delle Nuvole Pesanti» nella tarantella «Raggia» e in «Alla manifestazione» tammuriata dei «Folkabbestia». Belle le poetiche e le immagini degli occitani Lou Dalfin, dei toscani Bandabardò, dei veneti Manodopera, del campano Daniele Di Maglie. Dei «Folkabbestia» si ha un'immagine più completa con il loro secondo album, «Non è mai troppo tardi per avere un'infanzia felice» (UPB/Edel, 1 Cd). Da «La festa di Gigin» miscèla mediterranea-brasiliana alla surreale ((Alla Luciana» alla dolce ballata «Andersen» la band pugliese sciorina la sua irriverenza nei racconti, la sua varietà nei temi musicali, la propensione al sarcasmo. Altre interessanti novità nel folk classico sono proposte dalla «FolkClub Ethnosuoni». In «Al lung de la riviera», la bella voce di Betti Zambruno si unisce ai «Tendachént», il gruppo che raccoglie l'eredità della storica «Ciapa Busa», per regalarci 13 tasselli del repertorio di Leone Sinigaglia, uno dei padri della musica tradizionale piemontese. Con un buon bilanciamento tra brani noti e riscoperte. Dalla tesi universitaria di Giuliano Biolchini (con Roberto Leydi) sui canti e i balli del Frignano, il «Pìvari Trio» ha scelto 13 canzoni per rinverdire una tradizione musicale dell'Appennino modenese. Ecco «Passa e ripassa», che spicca nell'arrangiamento dei brani per scelta di strumenti, seconde e terze voci, tempi. Rivistazione appassionata e filologica cop belle, e tristi, storie di cronaca. Disco d'esordio per Myriam Lattanzio con «Rosa, rabbia e sangue» nella più pura linea del canto napoletano, tra due brani tradizionali, la «Canzone appassiunata» di EA Mario e brani della stessa ottima cantante. linea classica mediterranea anche nei vestiti delle canzoni.

Luoghi citati: Italia, Modena