Le banche entrano nel consiglio Generali

Le banche entrano nel consiglio Generali BAZOLI RINUNCIA. NELCDAOVI, PEDERSOLI, BIANCHI E GUIZZI. POTREBBE ESSERE CONVOCATA PRESTO UN'ASSEMBLEA STRAORDINARIA Le banche entrano nel consiglio Generali Si profila una riforma dello statuto. Galateri vicepresidente Flavia Podestà inviata a TRIESTE Giovanni Bazoli è stato costretto a rinunciare alle Generali dal veto di Carlo Salvatori e Cesare Geronzi, i presidenti di Unicredito Italiano e di Capitalia, ossia le due principali banche che erano andate all'assalto del Leone di Trieste con il solo scopo di costringere l'amministrrtore delegato della Mediobanca Vincenzo Maranghi a farsi da parte. Possibile che Unicredit e Capitalia, che a Trieste per loro ammissione hanno fatto investimenti «temporanei» abbiano deciso di tenere fuori dalla porta il prpsidente di Banca Intesa che nelle Generali ha sempre detto di aver compiuto «un investimento strategico e stabile»? «Niente affatto, non è andata così», fanno sapere fonti vicine ai due istituti, dove raccontano tutt'altra storia e accusano i vertici di Banca Intesa di aver tentato un blitz, venendo meno agli impegni assunti nei giorni caldi della guerra in Mediobanca. Così si parla del «patto tra gentiluomini» - non scritto, ma non per questo meno vincolante - in base al quale i vertici di Unicredito Italiano, Capitalia, Monte dei Paschi ma anche di Banca Intesa, avrebbero concordato che - per garantire stabilità alle Generali senza interferire con la gestione della compagnia assicurativa - le banche neo azioniste del Leone non avrebbero mandato in consiglio personaggi ingombranti, ma tecnici di ottima professionalità. Impegno cui avrebbero cercato - dicono e stesse fonti - di sottrarsi i vertici di Intesa con la candidatura di Bazoli, presentata in zona Cesarmi e «tastata attraverso un paio di testate amiche». Versione - inutile dirlo - che viene respinta da Banca Intesa, la quale nega di aver mai assunto impegni di sorta con chicchessia in merito alle Assicurazioni Generali dove sostiene di avere interessi ben più concreti di altri da difendere, anche per ragioni di business vista la collaborazione nella Bancassurance. E proprio da Bancalntesa si fa sapere che, tra un anno, verrà ripresentata la candidatura del presidente Bazoli. Sta di fatto che lo scontro tra Intesa e l'Unicredito Italiano - Capitalia, almeno in un primo momento, sarebbe stata disposta a lasciar correre - si è trasformato in un tesissimo testa a testa che ha impegnato buona parte della nottata: finché all'alba Bazoli avrebbe telefonato a Galateri ritirando la propria candidatura. A quel punto Antoine Bemheim ha saputo che, dopo l'assemblea, in consiglio si sarebbe potuto dar luogo ai programmati giri di valzer. Tutta la partita per il parziale rinnovo dei consiglieri di amministrazione del Leone di Trieste è stata giocata infatti alle spalle e sulla testa del vertice della società che è stato tenuto all'oscuro di tutto salvo che di una parte poi particolarmente ingrata: quella di chiedere ad alcuni consiglieri non in scadenza di farsi da parte per far posto agli emissari delle banche. «Non era facile fare la richiesta che ci è stata sollecitata - ha spiegato il presidente delle Generali, confermato ieri per un altro anno insieme agli amministratori delegati Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot - e noi abbiamo chiesto il sacrificio a quelli che ci erano più vicini: per spirito di servizio». I benemeriti sono Fabio Cerchiai, Emilio Dusi, Arturo Romanin Jacur e Carlos Zurita Delgado. Al loro posto sono stati cooptati Alessandro Ovi (Unicredito), Luigi Bianchi (Mps), Giuseppe Guizzi (docente di diritto commercia¬ le a Firenze per Capitalia): e Alessandro Pedersoli (l'avvocato legato a Bazoli dai tempi dell'Ambroveneto e del salvataggio della Rizzoli) per Banca Intesa. Aveva un bel dire Bemheim - a quel punto - che «è impegno del vertice delle Generali di gestire la compagnia in assoluta trasparenza e nell'interesse di tutti gli azionisti»: proprio tutti perché - insisteva il presidente - per 0 Leone quel quasi 700Zo di azionisti minori «è il patrimonio più prezioso». La pièce andata in scena a Trieste - che faceva dire «incredibile» alla folta rappresentanza della stampa estera - era davvero uno spettacolo poco degno per l'unica bluechip italiana. E non solo non era piaciuta alla maggior parte dei piccoli azionisti che, intervenendo numerosi, lamentavano «i continui mutamenti avvenuti negli ultimi anni» e le interferenze di tanti soggetti che «alle Gene- rali fanno e disfano a seconda di come si svegliano alla mattina». Ma faceva persino dubitare che valesse ancora la pena di «difendere la italianità della compagnia»: obiettivo che Bernheim ha posto come condizionante delle stesse strategie di crescita, visto che le «Generali non faranno operazioni che possano annacquare la italianità del controllo». Gestita altrimenti, senza che il conflitto trapelasse, sarebbe stata un'altra cosa. E Mediobanca, il cui residente Gabriele Galateri di Genoa sempre ieri è stato nommato vice presidente della società triestina? Mediobanca è stata regolarmente informata di quanto stava accadendo, ma per le note vicende di Piazzetta Cuccia, pur essendo l'azionista singolo più importante con il 140Zo del capitale, a Trieste ha dovuto limitarsi a fare il notaio di decisioni prese altrove, durante lo scontro tra Maranghi e le due banche azioniste della banca d'affari milanese. Galateri ha dovuto così ac¬ cettare anche il fatto che sia per i presidente Bemheim, sia pergli amministratori delegati Perissinotto e Balbinot sia stato previsto - oltre alla conferma decisa ieri - una riconferma per l'esercizio 2004. Ovviamente, se nel frattempo venisse un'assemblea straordinaria, deliberasse le modifiche dello statuto necessarie a far sì che l'intero vertice delle Assicurazioni Generali possa avere una durata triennale - auspicata anche ieri da Bernheim secondo il quale «solo durando tre anni presidenti e amministratori delegati possono lavorare con tranquillità nell'interesse della compagnia, anziché inseguire gli umori dei grandi azionisti da cui attendono riconferme annuali» - tutto verrebbe rimesso in gioco: nulla impedirebbe ai due amministratori delegati di essere riconfermati per un triennio. Questo potrebbe valere anche per il presidente perché - ha spiegato Bernheim nelle Generali «non ci sono limiti di età per la presidenza». Sul ponte del Leone arrivano i rappresentanti di Unicredit, Capitalia Montepaschi e Intesa La partita del rinnovo giocata senza consultare il management di Trieste Anche Balbinot e Perissinotto in carica per altri dodici mesi Escono dal consiglio Fabio Cerchiai Emilio Dusi, Romanin Jacur e Carlos ZuritaDelgado

Luoghi citati: Capitalia, Firenze, Trieste