BERLINO ANNI 30 l'assemblea delle colombe di Gian Enrico Rusconi

BERLINO ANNI 30 l'assemblea delle colombe DOPO 50 ANNI DI CHIUSURA, RIAPRE LA SEDE DELLA DIPLOMAZIA FASCISTA IN GERMANIA. FASTOSA, VOLUTA DA HITLER, FU UNA SPINA NEL FIANCO DEL FÙHRER BERLINO ANNI 30 l'assemblea delle colombe Gian Enrico Rusconi LA progettazione, l'inizio dei lavori (novembre 1938) e le inaugurazioni parziali (1941 e gennaio 1943) della prestigiosa sede dell'ambasciata italiana a Berlino coincidono con;gli anni più tesi e ambigui dei rapporti diplomatici italo-tedescihj. Secondo le intenzioni e la retorica fascista, il palazzo avrebbe dovuto essere il monumento alla relazione specialissima tra l'Italia e la Germania dell'Asse. Invece tra le quinte - sarà testimone soprattutto di malintesi, frustra zioni e sospetti reciproci. L'ambasciata di Berlino, sulla carta, è la più importante e impegnativa delle sedi diplomatiche italiane nel mondo. In realtà lo spazio di azione dei titolari è modesto, perché la politica verso la Germania è gestita direttamente da Roma dal duce e dal ministro degli esteri Ciano. Ma proprio per questo è interessante vedere come gli ambasciatori si ritagliano il loro ruolo. Da questo punto di vista dei tre titolari del periodo qui considerato - Bernardo Attolico (1935-maggio 1940), Dino Alfieri (1940-lugUo 1943) e, infine, dopo il breve intermezzo badogliano, FiUppoAnfuso (1943-1945) il personaggio più interessante è senz'altro AttoUco. Sino all'ultimo si impegna a trattenere l'Italia dall'entrare in guerra a fianco della Germania. Il risultato dei suoi sforzi non solo sarà vano ma provocherà il risentimento dei tedeschi che ne chiederanno il «licenziamento». Attolico è in stretto contatto e amicizia con un gruppo di alti funzionari tedeschi nazionalconservatori che nel Ministero degli Esteri fanno la fronda al titolare nazista Ribbentrop. Pur fiancheggiando il regime hitleriano, questi ministeriaU voghono evitare la guerra europea, soprat-. tutto dopo la conclusione della crisi cecoslovacca (settembre 1938) che ha portato agli accòrdi di Monaco. Si trovano così in sintonia con Attolico. Questo vale in particolare per il Segretario, di Stato Emsi von Weizsaecker (padre del futuro presidente della Germania Federale negli anni Ottanta). Ritiene che la Germania abbia raggiunto il massimo dei suoi obiettivi, sènza ricorrere alla forza, correggendo di fatto il Diktat di Versailles. Si tratta ora di ricostituire un nuovo equilibrio tra le potenze europee, scongiurando assolutamente una nuova guerra. In questa ottica si muove anche un'altra personalità dipi ematica, il nazional-conseryatore, Ulrich von Hassell, ambasciatore tedesco a Roma dal 1932, rimosso nel febbraio 1938 appunto per la sua contrarietà alla politica sempre più aggressiva del Reich. Anche Hassell è cordiale amico di Attolico. Nel suo Diario ci ha lasciato molte testi- monianze dirette non solo di conversazioni conviviali ma di veri e propri contatti politici. Hassell dopo lo scoppio della guerra, passerà all'opposizione anti-hitleriana attiva, prenderà parte alla congiura del 20 luglio 1944 e sarà condannato a morte. Su questo sfondo non è esage, rato vedere nell'ambasciata italiana a Berlino, guidata da Attolico, il centro diplomatico più contrario alla guerra, anche se non ostile al regime hitleriano in quanto tale. Naturalmente, alla luce dei rapporti tra i due regimi e delle relazioni dirette tra i due dittato¬ ri, è facile giudicare velleitaria la fronda dei diplomatici tanto più che i loro obiettivi sono pohticamente ambigui. Ciò non toglie che a livello soggettivo desiderano sinceramente frenare l'avventurismo di Hitler puntando (questo è il punto che qui ci interessa) sulle pressioni della diplomazia italiana, perché agisca a sua volta in senso moderatore sul Duce. In realtà lo spazio di influenza di AttoUco è segnato dagli umori dello stesso Mussolini, incerto su come schierarsi in termini operativi al fianco della Germania. A ciò si aggiungono le continue oscillazioni e le incostanze del diretto superiore dell'ambasciatore, il ministro degli esteri, Galeazzo Ciano. Tipico è quanto accade nell'agosto 1939, alla vigilia dell'attacco tedesco alla Polonia. Attolico tempesta Roma con notizie allarmanti sulle intenzioni bellicose di Hitler. Ciano inizialmente le considera esagerazioni. Poi ci ripensa: «O questo ambasciatore ha perso del tutto la testa 0 vede e sa qualcosa che a noi sfugge completamente». In effetti quando Ciano incontra Ribbentrop a metà agosto, si rende conto della determinazione tedesca ad aggredire la Polo- nia ed è sotto choc. «I tedeschi ci hanno ingannato e mentito e oggi stanno per tirarci in un'avventura che non abbiamo voluto». In realtà a Roma seguono giorni di grande incertezza. Qualche giorno prima dell'inizio delle ostilità, Attolico in persona si fa latore e redattore della lettera con cui Mussolini elenca smisurate e immediate necessità militari perché l'Italia sia in grado di intervenire. E' una mossa penosa per stile e per contenuto, giocata per salvare la faccia in un ultimo tentativo di scongiurare la guerra. Scoppiata la guerra, il Duce proclama la «non belligeranza». Battuta la Polonia, Attolico non demorde, raccomanda una pace di compromesso con Inghilterra e Francia per evitare l'allargamento effettivo del conflitto in occidente. Ma lui stesso coglie il dramma psicologico e politico in cui si trova Mussolini. Da un lato il Duce soffre dell'sangoscia panica di apparire ancora una volta come un traditore, come nel 1914/15»; dall'altro di fronte a Hitler è come «un topo ipnotizzato dal serpente». In effetti il Duce decide di schierarsi a fianco della Germania inventando la formula della «guerra parallela». Il lavoro dell'ambasciatore va in fumo. Attolico lascia la Germania; morirà nel 1942 senza avere visto la fine tragica del conflitto che aveva cercato di scongiurare. A Berlino gli succede il fascistissimo Dino Alfieri, che alla fine, però, nella notte del Gran Consiglio tra il 24 e il 25 luglio 1943, vota contro Mussolini. Dopo la breve confusa fase badogliana, ambasciatore non più del Regno d'Italia ma della RepubbUca sociale italiana diventa il fedele amico del Duce, FiUppo Anfuso. Proprio lui nel 1944 ci lascia la desolata immagine «delle tristi schiere» di mig iaia di soldati italiani malmessi e umiliati, (gli «intemati militari» chiamati sprezzantemente «BadoglioTruppen») che sgombrano le macerie di Berlino quotidianamente bombardata. Deve essere particolarmente umiliante osservare questo spettacolo dalle finestre del prestigioso palazzo dell'ambasciata italiana, ancora alleata del Reich. Poi le bombe alleate e la divisione della Germania chiuderanno anche questo capitolo. E' una storia ormai lontana che possiamo riDercorrere con animo sereno. E' jello che oggi - a tanti anni di distanza - la rappresentanza diplomatica di un'Italia democraticamente solida e irreversibilmente europea si riappropri a Berlino della sua sede storica. Nelle intenzioni del Duce il palazzo doveva essere il monumento al rapporto specialissimo col potere nazista. Invece si rivela (tra le quinte) testimone di malintesi, frustrazioni e sospetti reciproci L'ambasciatore Attolico s'impegnò sino all'ultimo a trattenere l'Italia dall'entrare in guerra Non solo non ci riuscì, ma provocò il risentimento dei tedeschi che chiesero il suo licenziamento A lato la facciata dell'Ambasciata italiana a Berlino in Hlroschìmastrasse (foto di Christian Jo^rgensen) L inaugurazione con Ciampi e ssaggiq .il pi imo pirino non ìecl'GOcJpiù II iosiamoci. ideàpperfà nco.nosabili. -iglicindoneln Sàgoma con t'inserti eli marmo di colóro ■"l'.o Pei il ii".]o, tulio sarà iiK.'ailoia.e l'Ambasciala : liana in (icimania in c'oido ideale.onquanto si jge in'Ciri rapportò ilomatii ò'dfeRtrjlhìsfero clct) ten tedesco den 9'38 - «sarà Sina forzata, ia storica idi Hnoschimastrasse prevista fra (lue mesi alla presenza dei presidenti d( ^Repùbblica Carlo Azeglio Ciampi e lohannes Rau é dHI Ambasciatore italiane Silvio Fagiolo. iT\a il ti islfiimento dogli uffici incorso. Nellacapital-'lr potei;visitare lo storico colonnato interno; i magnifici saloni delle foste, la boiserie. I gwnde terrazza con affaccio sul parco, lo scalinate o i coi til di uno dei potiti edifici storici i ispainnali dàlia distruzione H'etzelt; i Ar-Lasciata italiana d B.i i lirjò d ' léfela rappresentanza diplornàtlc .1 pili vicina alJcK rincelleriadcl Rei ! 1, sùbito .1 fianco di quella I alta eccezione pei alciin.i dettàgli; il restàuro 1 pnsèrvatìyò dell'architetto Vitiono Do Feo si e mosso ne ir.pOUo della vcisionc originale, npioducendo il colóre iosa aulico dèi affreschi, 0 mantenentta intatta la àispòsrz.ipné interna delle stanze, con la icsidenza dell Ambascia loie e gli appartamenti per ospiti illusli Strappata al degrado degli . anni 90, è cori le ciCàtrìci delle iecjnodi una conti eversa, che piarci ,1, dividerà, farà discutere e w"*.^ ì ^ .'■té^.Mt' 11 \ m \ . *L L'interno dell'Ambasciata prima del restauro: sulle porte, i fasci littori