Aziz nelle mani degli americani Un intermediario per la sua resa

Aziz nelle mani degli americani Un intermediario per la sua resa L'EX VICEPREMIER TRATTA PER DUE GIORNI, POI SI LASCIA CATTURARE Aziz nelle mani degli americani Un intermediario per la sua resa «Si è consegnato lui», ha rivelato un funzionario del governo Usa. «Forse - commentano al comando - non sa dove sono nascoste le armi di sterminio ma ne conosce il programma» Paolo Mastrolilli NEW YORK Questa volta è davvero un nome che conoscono tutti: Tareq Aziz da ieri sera è nelle mani degli americani. Le circostanze precise della cattura sono ancora incerte, ma pare che sia stato lui stesso a consegnarsi, dopo aver mandato un intermediario a negoziare il proprio trattamento. «Si è consegnato lui», ha rivelato un funzionario governativo americano, che ha aggiunto: «Sicuramente era al corrente delle decisioni politiche del regime di Saddam Hussein. Forse non conor.ce con precisione il luogo dove sono nascoste le loro armi di sterminio ma probabilmente conosce in termini generali il programma delle armi di sterminio». Tareq Aziz ha affidato a un intermediario la propria resa agli americani. L'uomo ha contattato le forze militari Usa a Baghdad e ha reso nota la disponibilità del vicepremier a consegnarsi. Mercoledì Aziz avrebbe cercato di trattare le condizioni, ma gli sarebbe stato risposto che non c'era niente da trattare. Alte-fmei-si-è lasciato; catturare, secohdola ricostruzione della Cnn, ma non è chiaro dove sia stato piÈèsùiWoBSÉgna. Ti Il colpo è grosso, e dimostra anche alla popolazione irachena che il regime non esiste più, rilanciando la speranza che il prossimo sia proprio Saddam, se è ancora vivo. Tornando alla Casa Bianca dall'Ohio, anche il presidente Bush ha sorriso ai giomaUsti, alzando il pollice della mano. Nei giorni scorsi erano girate voci che Tareq fosse scappato in Siria, e la gente aveva saccheggiato la sua casa, trovando whisky, libri occidentali e cassette di film americani. Ma la resa sarebbe avvenuta a Baghdad, e ora gli americani sperano di cavargli informazioni sulla sorte del Raiss e le armi di distruzione di massa. Nel mazzo di carte Aziz era l'otto di picche, ma questo non faceva giustizia al suo ruolo. Tareq è nato nel 1936 a Teli Kaif, vicino alla città settentrionale di Mosul. Il suo vero nome era Mikhail Yuhanna, perché veniva da una famiglia caldea cattolica, ma ben presto aveva capito che con queir origine non avrebbe fatto molta strada nell'Iraq arabo e musulmano. Suo padre, per di più, era un cameriere, e quindi non aveva grandi mezzi da offriigli. Quindi Mikhail, pur senza rinunciare alla sua religione cristiana, aveva rinunciato almeno al nome, cambiandolo in Tareq Aziz. Tareq è uno degli eroi più famosi della mitologia musulmana, e combinato con Aziz significa «passato glorioso». Ma il giovane Mikhail non poteva cancellare la sua passione per la cultura occidentale, e si era iscritto al Baghdad College of Fine Arts per studiare letteratura inglese. Così aveva acquistato quella scioltezza nella lingua del futuro nemico, che l'avrebbe trasformato nel portavoce del regime all'estero. All'inizio Tareq aveva seguito le ispirazioni letterarie, e anche se si era iscritto al partito Baath già nel 1957, per rovesciare la monarchia imposta dalla Gran Bretagna, aveva lavorato come insegnante e giornalista. Era sveglio, però, e aveva fatto carriera in fretta, diventando dkettore di due giornali: prima al-Jamaheer e poi alThawra, organo del partito. Aveva conosciuto Saddam, che oltre all'intelligenza apprezzava due cose: Aziz era cristiano, e questo dava una parvenza di tolleranza al suo regime, e poi non veniva dal clan di Tikrit, perciò era troppo debole sul piano politico per rappresentare una minaccia. Grazie a queste doti Tareq aveva fatto carriera. Nel 1974 era diventato membro del Comando regionale, l'organismo più alto del partito Baath, e nel 1977 era entrato nel Consiglio del comando rivoluzionario, l'istituzio- ne più importante del regime di Baghdad. Nel 1979 era stato nominato per la prima volta vice primo ministro, che in sostanza vuol dire vice Saddam, con l'incarico di spiegare al mondo la linea del paese. La sua ascesa aveva urtato a tal punto il governo degli ayatol- lah iraniani, che nel 1980 avevano cercato di farlo uccidere dal gruppo terroristico fondamentalista ad-Dawa Islami. Nel 1983 proprio Aziz, con la sua faccia da Groucho Marx, aveva incontrato l'inviato speciale americano Donald Rumsfeld, venuto ad offrire l'aiuto del presidente Reagan per combattere Khomeini. Infatti l'anno dopo aveva riallacciato i rapporti diplomatici con Washington, interrotti da quasi vent'anni. La luna di miele però era durata poco, e nel 1991, con la carica di ministro degli Esteri, Aziz era diventato la faccia del regime durante la sfida agli americani, sfociata nella prima Guerra del Golfo. Dopo il conflitto Tareq era rimasto la voce intemazionale del regime, tornando alla carica di vice premier. Raccontavano che fosse sceso nella stima di Saddam, e all'inizio della nuova guerra erano girate voci sulla sua uccisione mentre cercava di fuggire all'estero con la moglie i due figli e le due figlie. Ma lui era riapparso in tv, per dire che sarebbe morto piuttosto che finire prigioniero a Guantanamo. Qualcosa, nelle ultime ore, deve avergli fatto cambiare idea. «II colpo è grosso» Tornando alla Casa Bianca dall'Ohio anche il presidente Bush ha sorriso ai giornalisti, alzando al cielo il pollice Nei giorni scorsi era girata voce che fosse scappato in Siria e la sua casa era stata saccheggiata: c'erano whisky, libri e cassette di film occidentali Aziz guarda dalla finestra di una cella: è lo scorso luglio e il vicepremier, in Sudafrica, visita il carcere dove fu prigioniero Mandela