Così fan tutte così fa SCOLA

Così fan tutte così fa SCOLA Così fan tutte così fa SCOLA Paolo Gallarati TORINO BRAVO, Ettore Scola, la sua prima regia lirica, tanto attesa, è complessivamente una riuscita. Nell'affrontare Mozart non ha fatto delle stranezze, ma si è prudentemente infilato nel solco della tradizione. Il che non vuol dire fare uno spettacolo «vecchio». Non esistono regie vecchie o regie nuove, come sostiene chi pensa ingenuamente di essere all'avanguardia, ma solo buoni e cattivi spettacoli, messinscene che possono apparire decrepite trasportando il «Nabucco» sulla luna e altre che, in costumi tradizionah, presentano lavori di duecento anni fa come se fossero stati scritti ieri. A teatro, insomma, si può fare tutto: basta farlo bene. E Scola ha reso vitale e godibile, cioè perfettamente attuale, «Così fan tutte», dalla prima all'ultima scena. Non è poco. Bandite le interpretazioni strampalate e cervellotiche oggi di mr-la , Regio ne ha dato un saggio egregio con il «Macbeth» dello scorso autunno) Scola serve fedelmente la frizzante commedia di Da Ponte, e la costruisce attraverso un lavoro sugli attori di qualità rara nel teatro d'opera. Il suo segreto; aver ascoltato con attenzione la musica di Mozart che suggerisce con precisione gesti, atmosfere; luci, alternanza di movimentò e stasi, azióne e còntemplazióhe;v z'; La recitàziòrie, cosi, è spighatissima e garbata, molto vera anche nelle grandi arie in cui i cantanti tendono a esprimersi in gesti convenzionali. Qui, invece, ognuno dei sublimi canti di Mozart ha il ritmo giusto, il movimento inatteso, il guizzo ironico mai caricato, e, soprattutto, una naturalezza che quella musica, incredibile per verità e leggerezza, spirito e malinconia, realismo e religioso stupo- re, postula come condizione primaria della sua realizzazione scenica. I concertati sono pezzi di vero teatro: e Scola non ha paura di assecondarli nei loro ritmi intemi. Non li riempie, ad esempio, di gesti superflui come fanno altri registi di teatro e di cinema poco abituati alla dinàmica interna del melodramma;'vivaci'e realistici quando l'azióne va avanti, i pezzi d'assiéine sono pronti ad arrestarsi in quei momenti in cui la musica ferma l'azione esteriore per lasciare affiorare quella interiore. Nascono così pulsazioni naturali del ritmo drammatico e personaggi assai pungenti, soprattutto in rapporto alla bravura dei cantanti-attori. La più vivace è la servetta Despina: una popolana piena d'arguzia e di cinico realismo che, con la sua figura pienotta. Giovanna Donadini rende in modo straordinariamente simpatico. A lei il regista dà più peso del solito: ogni tanto la métte sullo sfondo ad amoreggiare con un, giovanotto, il che presta al personaggio una consistenza sensuale tutt'altro che inopportuna. Bene anche le altre due donne. Patrizia Ciofi, cui manca un po' lo spessore delle note basse ma che disegna ima Fiordiligi di grande classe vocale e scenica, e la vivace Laura Polverelli nella parte di Dorabella, anche lei molto addentro ai segreti insidiosi del canto mozartiano. Ferrando è il tenore Jeremy Ovenden, voce esile ma garbatissima e sufficiente a rendere attendibile e gradevole il romantico Ferrando, con le sue arie stupende e difficiUssime. Guglielmo, più estroverso, brillante e spiritoso del compagno, è impersonato magistralmente da Nicola Ulivieri, anche se è vittima dell'unico vero errore del regista: l'aria «Donne mie la fate a tanti» con cui apostrofa le donne in una brillantissima e ammiccante ramanzina sulla loro leggerezza amorosa, va rivolta alle signore e signorine presenti in sala. Qui Mozart squarcia la quarta parete e la commedia borghese diventa per un momento commedia dell'arte: l'effetto, voluto, è un piccolo, spiritosissimo choc che va perduto se il regista fa cantare l'aria a un gruppo di ragazze presenti in scetìa. Ma nel òinema la quarta paréte, si sa,'; ' è indistruttibile,. e Scolav viene di lì. Infine, Don Alfonso: Umberto Chiumirio lo rende cori grande controllo. Non ne fa un demonio, ma, più giustamente, un filosofo tollerante verso le debolezze del bel sesso: solo lo vorremmo un po' più intrigante, autorevole e divertito nel sostenere la tesi che «così fan tutte» e nell'intrecciare i fili della burla con cui Guglielmo e Ferrando, travestiti da esotici ufficiali, fanno la corte l'uno alla fidanzata dell'altro, facendone crollare la supposta fedeltà e perdendo la scommessa con il loro disincantato amico. La direzione di Corrado Rovaris è assai pertinente: nella prova generale è cominciata un po' in sordina, con una secchezza eccessiva (perché così frigida l'Ouverture, a cominciare dagli accordi iniziali?) ina'pòi si è ' sciolta e ha avuto i suoi momenti di vivacità/incarit'ò'è'affetto, ben assecondata dall'orchestra da cui Mozart pretende raffinatezze sovrane. Il lato debole dello spettacolo sono invece, a mio parere, le scene di Luciano Ricceri (i costumi, un po' scoloriti, sono di Odette Nicoletti). C'è un nastro di ambienti che scorrono: salotto, camera da letto, giardino, bagno, molto carichi di arredi e francamente pesanti. S'è voluto ricostruire l'am¬ biente napoletano, ma la Napoli di Mozart, di cui all'inizio e alla fine si vede anche il porto, con tanto di vigorosi scaricatori (cosa del tutto inutile), non è quella concreta, robusta e barocca di Vinci, Pergolesi, Paisiello e compagnia; la Napoli di Mozart è vista di lontano, dall'osservatorio aristocratico dèlia Vienna imperiale, è una cosa cristallina, stilizzata, li^ve, deve avete l'inéanto di una veduta settecentesca, trasparente di colori pastello, e un tocco di leggèra ironia. Son sicuro che in un ambiente meno pesante il mordente conferito alla recitazione avrebbe sprizzato più argento vivo, come suggerisce quella musica che ogni volta non finisce di stupire anche chi la conosce e l'ha studiata a fondo: sarà opera d'un uomo o d'un semidio? Successo vivissimo. II regista serve fedelmente la frizzante commedia di Da Ponte, e la costruisce attraverso un lavoro sugli attori di qualità rara nel teatro d'opera Recitazione spigliatissima e garbata, molto vera La cantante più vivace è la Donadini, la Ciofi ha molta classe. Pertinente la direzione di Rovaris Jeremy Ovenden è Ferrando, ' Nicola Ullvierì è Guglielmo (in primo piano) nel «Così fan tutte» allestito da Ettore Scola, al debutto ieri sera ' al Teatro Regio

Luoghi citati: Torino, Vienna