BONIPERTI gol e De Gaulle di Claudio Gorlier

BONIPERTI gol e De Gaulle L'UOMO SIMBOLO DELLA JUVENTUS RACCONTA LA SUA «VITA A TESTA ALTA»: ELEGANZA, CREATIVITÀ, CAPACITÀ MANAGERIALE. E DUE GIGANTI DELLA STORIA COME MODELLI BONIPERTI gol e De Gaulle Claudio Gorlier SE un ventenne mi chiedesse chi è Giampiero Boniperti, di cui ha sentito in qualche modo parlare ma che non può rientrare nei suoi idoli più brucianti, avrei qualche difficoltà a rispondere. Un campione, un'icona del calcio? Troppo banale. Un personaggio di vertice, per la sua stessa natura e temperamento? Troppo limitativo. Un moralista inflessibile e coerente? Vero, ma sempre ima parte di verità nel mosaico della sua personalità assai più complessa di quanto egli lasci credere. Boniperti non indulge a nessuna tentazione intimistica, neppure nell'autobiografia che esce oggi da Rizzoli, Una vita a testa alta, in cui risponde alle «provocazioni» sottilmente intelligenti di Enrica Speroni. L'ineguagliabile Gianni Brera scrisse di Boniperti che, forse per la sua estrazione sociale, aveva sempre incarnato la figura del supremo dilettante. Se si fosse dovuto battere con furore, sarebbe stato il più grande calciatore del suo tempo. Un complimento ambiguo, se volete, ma ben argomentato. Boniperti nasce il 4 luglio 1928 a Barengo, provincia di Novara, in una famiglia di solidi mezzi econòmici; il fratello Gino, amatissimo ed egli stesso atleta, diviene medico affermato, morendo ancora giovane; la sorella sposa un pohtico di rilievo. Lui si diploma geometra, in funzione dell'impegno fondiario della famiglia, che sarà parte non indifferente della sua vita, specie dopo aver chiuso con il calcio. Nello sport, il giovane Giampiero arriva presto al successo, e le prime due tappe significative non sembrano di buon auspicio, coincidendo con due sconfitte, entrambe nel '47: in campionato, a Torino, con il Milan, uno a due; in nazionale, stesso anno, a Vienna, imo a cinque, il canto del cigno dell'ormai anziano e un tempo celebrato commissario tecnico Vittorio Poz.zo. Preferisco ricordare un episodio cruciale, il 21 ottobre '53 a Londra, Inghilterra-Resto d'Europa quattro a quattro, pareggio dovuto a un favore dell'arbitro agli inglesi. Ricordo bene quella circostanza, e la risposta del commissario tecnico inglese, Winterbottom, alla domanda su chi sarebbe servito per rafforzare la sua squadra: «Undici Boniperti». La calcolata modestia di Boniperti gli suggerisce di ignorare quella battuta, ma questo fa parte del carattere del personaggio, della sua asciuttezza, dell'essere al tempo stesso perentoriamente assertivo e astutamente reticente. Vediamo qualche caso. Boniperti ci racconta del duro, quasi austero processo di iniziazione da parte degli anziani, che so, Carlo Parola, ma non dello svezzamento a opera del quasi quarantenne, glorioso Silvio Piola. Alla Juventus ilvercel-. lese Piola sarebbe voluto arrivare molto prima, sennonché il presidente della Lazio, in cui giocava, si chiamava Vittorio Mussolini, ed era scattato il veto. Posso garantire che l'accoppiata Piola (d quale giocava quasi da fermo)-Boniperti lasciò il segno. Eleganza, creatività spoglia di narcisismo, qualificano il giocatore per tutto l'arco della carriera. «Boniperti in campo non era mite», scrive la Speroni, «le prendeva e le restituiva, fedele a un suo codice d'onore». Vero. Una volta il compianto Cesare Nay, durissimo stoppar del Torino, mi disse: «Quando gli fai un'entrata dura, lui quasi ti chiede scusa». Nella voluta esagerazione si nascondeva un margine di verità. Boniperti non era mite, ma il suo stile ripudiava ogni forma di gratuita brutalità. Ecco allora l'appellativo, fatto proprio soprattutto dai tifosi torinisti, di «Marisa», che ancora lo irrita e che va inteso nel suo significato più reale, il rifiuto di venir meno, appunto, allo stile, alla misura: maschio non macho. Non saltava certo a gomiti larghi, né esplodeva mai in accessi d'ira. Per questo gli piaceva il poderoso, correttissimo John Charles. Ma una volta, dopo aver assistito a im'entrata assassina su un compagno, l'allentino Ricagni, come un razzo attraversò mezzo campo per rendergli giustizia e - ce lo racconta - venne espulso. Ricordo quell'episodio. Con un amico, ci dicemmo: «Ecco Achille che corre a vendicare la morte del suo amico Patroclo. Pure, anche in quel frangente mi ostino a credere che una animosa razionalità avesse provocato il suo gesto, a dichiarare: cosi non si fa. Il moralista. Niente avventure, lui con quel fisico da attore del cinema, un solido matrimonio con una donna intelligente e tutt'altro che subalterna, non certo la solita ragazza di copertina, pur nel suo fascino. Boniperti mi perdonerà se riferisco un episodio tacendo ovviamente il nome della mia fonte. Il giocatore, con un gesto risoluto, ha smesso, ha «voltato pagina», nel '61, incoraggiato anche dalla moglie. Ma, «sempre e solo per la Juventus», ne è divenuto presidente nel 1971. Dunque: un giocatore, frizzante per tecnica e per carattere, ha trascorso una notte con una commessa della Rinascente. Boniperti lo convoca in sede e lo informa che gli è stata inflitta una pesante multa, considerando che la tradito la moglie. Dopo laboriose trattative, la multa viene dimezzata. «Il guaio non è stata, dopo tutto, la multa» mi raccontò la mia fonte, ovvero il mortificato colpevole, «capisci, hanno informato mia moglie». Conclusione implicita: bisogna diffidare del piacere; spesso si trasforma in colpa, in trasgressione. Il presidente offre un esempio a sua volta impareggiabile di management. Dopo i cinque scudetti vinti da giocatore (444 presenze e 178 gol in serie A), e dopo i tre conquistati all'inizio della carriera dirigenziale, a lui si deve la scelta sorprendente di un giovane allenatore di scuola milanista, Giovanni Trapattoni: insieme formano un sodalizio che tra il '76 e r86 conquista 6 scudetti. Coppa dei Campioni, Coppa Uefa, Intercontinentale, Supercoppa europea e un paio di Coppe Italia. Intanto continua a dedicarsi con profitto alla sua azienda agricola, e qui si rievoca l'accordo con l'avvocato Agnelli, ' *^ ^ r - m s^ ov^r «»~w.«apaf ■.» ^ M * ' ^ y I Z - V-; Giampiero Botiìperti ( Rosi nel vilollo di ( asa! i Ciovnnni e Umberto Agnelli, io, il |iiinj(i npvGrtibrje 1907 o In campo non era un mite ma ripudiava ogni forma di gratuita brutalità Da presidente multò un giocatore che aveva tradito la moglie: bisogna diffidare del piacere Giampiero Boniperti in azione con la maglia della Juventus ^ Allo Stadio Comunnlp di ronnocon il Presidenti Sandro Pertini nel marzo 1981. quel aio il C-ano dello Slato

Luoghi citati: Barengo, Europa, Inghilterra, Lazio, Londra, Novara, Torino, Vienna