La politica dei cambi di regime non è nuova per Washington

La politica dei cambi di regime non è nuova per Washington La politica dei cambi di regime non è nuova per Washington Steve H. Hanke è professore di Economia Applicata alla Johns Hopkins University a Baltimora (Usa). E' stato anche consigliere economico del presidente Ronald Reagan Steve H. Hanke LA magjgior parte delle persone ritiene che la caduta di Saddam Hussein sia il frutto di ima nuova pohtica adottata dal govemo degli Stati Uniti. Questa particolare pohtica può anche essere nuova, ma certo non lo è l'idea di un cambiamento di regime né l'uso che ne è stato fatto. E' ben noto che Paul Wolfowitz, sottosegretario Usa alla Difesa, e un piccolo gruppo di neo conservatori del suo stesso orientamento hanno sviluppato l'idea di un cambio di regime qualche tempo fa e da allora non hanno mai smesso di promuoverla. Saddam Hussein non e stato il primo a cadere nei meandri dì quella politica. Quanr do il governo degli Stati Uniti giunse alla conclusione che il presidente filippino Ferdinand Marcos aveva perso la sua legittimità, Marcos dovette andarsene. E nel 1986 l'America partecipò attivamente alla sua rimozione dal potere. L'uomo chiave che sovrintese al rovesciamento di Marcos era Paul Wolfowitz, all'epoca assistente del Segretario di Stato americano. Quello stesso Wolfowitz che, ambasciatore in Indonesia nel quadriennio 1986-1989, tornò a seminare l'idea di un cambio di regime. Quella volta toccò al presidente Suharto: giudicato corrotto e antidemocratico, fu condannato alla defenestrazione. L'America raggiunse il suo obiettivo nel 1998 quando, con l'aiuto del Fondo Monetario Internazionale, Suharto fu fatto cadere. Il caso vuole che io sappia qualcosa della destituzione di Suharto. Nel gennaio 1998 ero stato chiamato a tenere una serie di conferenze all'Università turca Bogaziòi. Una sera, mentre con mia moglie oziavo al Ciragan Palace Hotel di Istanbul, ricevetti un messaggio urgente; il presidente Suharto mi chiedeva di andarlo a trovare a Giakarta. La crisi asiatica del 1997 aveva colpito duramente l'Indonesia. La risposta del Fondo Monetario Intemazionale era stata la sua solita medicina e il 2 luglio 1997 l'Indonesia aveva fatto fluttuare la rupia. I risultati furono catastrofici: il valore della rupia crollò, l'inflazione s'impennò e arrivò il caos economico. Suharto sapeva che io, nel 1997, avevo suggerito a Bulgaria e Bosnia la creazione di un Comitato monetario e che, appena adottati tassi di cambio fissi accompagnati dal pieno sostegno alle valute inteme con le riserve straniere, il caos valutario nei due Paesi si era immediatamente bloccato. Il presidente Subarto si era accorto che in Indonesia la medicina del Fmi stava uccidendo il paziente e che un Comitato L'ex presidenteCon l'aiutodel Fondogli Usa cail presiden uharto cruciale monetario ciarono e Suharto monetario poteva forse prevenire un crollo completo. Dopo il nostro primo incontro a Giakarta, mi nominò suo consigliere particolare. Io gh proposi un Comitato monetario per l'Indonesia e lui appoggiò la mia idea. Questo fece salire rapidamente la rupia indonesiana, che il giorno in cui venne data la notizia della creazione di un Comitato monetario si apprezzò del 28 per cento contro il dollaro Usa. Questo non piacque al govemo americano né al Fmi. La proposta di un Comitato monetario, sebbene avesse raccolto l'appoggio di molti Nobel per l'Economia e di altri importanti economisti - compresi Gary Becker, Rudiger Dorabusch, Milton Friedman, Merton Miller, Robert Mundell e Sir Alan Walters -, andò incontro a un attacco sprezzante e spietato. A Suharto fu detto senza mezzi termini sìa dal presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, sia dal direttóre generale del E^ì, Michel Camdessus - che doveva sceghere tra lasciar cadere l'idea del Comitato monetario o perdere 43 mihardi di dollari in aiuti stranieri. Perché un Comitato monetario per l'Indonesia aveva suscitato una reazione così violenta? Fu il Nobel Merton Miller a capire immediatamente il gioco. In un'intervista al «Christian Science Monitor» disse che gli Stati Uniti volevano destituire Suharto e che un comitato monetario avrebbe rovinato quel piano. Il Tesoro degli Stati Uniti, spiegò, sapeva che un comitato monetario avrebbe stabilizzato la rapia e l'economia indonesiana, con il risultato che Suharto sarebbe rimasto al potere. Dì conseguenza il govemo americano usò tutti ì mezzi disponibili - compreso il Fondo Monetario Internazionale - per contrastare quell'idea. Anche l'ex primo ministro austrahano Paul Keating arrivò a una conclusione simile: «Il Tesoro degli Stati Uniti usò deliberatamente il crollo economico come mezzo per estromettere il presidente Suharto». Anche l'ex segretario dì Stato Lawrence Eagleberger fece sua una diagnosi simile: «Noi [il govemo degli Stati Uniti] fummo abbastanza intelligenti in (pianto appoggiamo il Fmi quando rimosse Suharto. Se questo fosse un modo dì procedere saggio, è im'altra questione. Non sto dicendo che Suharto dovesse restare in sella, ma io avrei voluto che se ne andasse in un altro modo, e non perché il Fmi l'aveva buttato fuori». Anche Michel Camdessus avrebbe ben poco da ridire su queste dichiarazioni. In occasione del suo pensionamento esclamò con fierezza: «Fummo noi a creare le condizioni che costrinsero Suharto ad andarsene». L'idea neoconsevatrice di cambiamento di regime e l'uso che ne viene fatto non sono ima novità. L'unica novità nella variante irachena è stato l'uso della forza militare. L'ex presidente Suharto Con l'aiuto cruciale del Fondo monetario gli Usa cacciarono il presidente Suharto