CARL il coraggio del tessitore

CARL il coraggio del tessitore DIECI ANNI FA MORIVA L'ECONOMISTA CHE HA GUIDATO LA BANCA D'ITALIA E LACONFINDUSTRIA: LO RICORDA L'ALLIEVO PAOLO SAVONA CARL il coraggio del tessitore Flavia Podestà . .T T N azionista sperimentato'' vJ re». Chiedere a Paolo Savona se si possa ancora - a dieci anni dalla scomparsa - parlare di modernità del pensiero o dell'azione di Guido Carli, e finire travolti da un fiume in piena è la stessa cosa. Troppi e troppo intensi sono i ricordi di una collaborazione che si è sviluppata per tredici anni alla Banca d'Italia (dal '62 al '75) e per altri quattro anni (dal 76 aU'80) in Confindustria, in una delle stagioni più complesse e anche più tragiche per il nostro paese. L'allievo Savona - che tale è rimasto nei confronti del Maestro, a dispetto dell'età e dei successi professionali - scorrendo mentalmente i fotogrammi di quell'esperienza per molti versi entusiasmante, nell'intento di farvi ordine, è su quella definizione che inciampa e si sofferma. E non la contraddice nemmeno quando chiosa: «Il termine azionista, anche se culturalmente gh appartiene, non necessariamente coincide con il lessico politico in senso stretto». La figura che emerge dalle sue parole è quella «di un uomo d'azione» nel senso del «rifiuto della staticità delle istituzioni davanti alle crisi». Un uomo che «reagiva» e nel farlo «privilegiava la sperimentazione». Di idee e di uomini. Sembra, infatti, che posto davanti ad un problema Carli non si stancasse di prospettare soluzioni alternative con cui controbattere a chi cercava di impedirgh la via maestra. Quando poi si trattava di passare all'attuazione concreta dei progetti, non c'erano gerarchie e aurocrazie che tenessero: in orbita metteva i giovani o chi riteneva capace, indipendentemente dal grado; e il suo giudizio era sempre costruito dopo la verifica sul campo. Un uomo. Guido Carli - di cui mercoledì, con un convegno promosso dalla Luis e dalla Confindustria alla presenza del Presidente della Repubbhca Carlo Azeglio Ciampi, si apriranno le celebrazioni destinate ad avere altri due momenti di particolare rihevo a giugno e a novembre (in Banca d'Italia) - che da Governatore come da presidente della massima organizzazione imprenditoriale si era distinto per rigore e competenza tecnica, ma anche per il forte senso politico che lo ha portato ad optare per la Realpolitik. Non che Carli rinunciasse alle battaglie di principio: aveva, però, piena consapevolezza della inutilità delle posizioni donchisciottesche e, soprattutto, paventava le reazioni del sistema, eventualmente messo alle strette da chi non avesse poi i numeri per tenere le posizioni. Guanto successo a Paolo Baffi e a Mario Sarcinelli, una manciata di anni dopo che Carli aveva dato forfait dalla carica di Governatore, lo confenna. A condizionare l'azione di Carli - e, per converso, a far emergere la sua statura e la modernità eh tante sue intuizioni e convinzioni - è il quadro economico e politico di quegli anni. Anni difficilissimi, quelli che - dal '68 al '75 quando decide di lasciare - lo hanno accompagnato in Banca d'Italia: dove dà le dimissioni quando si accorge di non aver più nulla da governare. Anni se è possibile ancora più difficili quelli che lo vedono - dal 1976 - al vertice della Confindustria. «Anni terribili», insiste Savona. E, infatti, l'inflazione era galoppante, a due cifre e vicina al 2007o: oggi si direbbe da repubblica sudamericana; inoltre l'indice della produzione industriale, quell'anno, era crollato a -ISVo. «E le Brigate rosse sparavano a più non posso ricorda l'economista che oggi presiede l'Impregilo - e noi, Carli ed io, eravamo costretti a cambiar percorso ogni sera». Perché e da chi Carli era stato portato in Confindustria? Le visioni e le sottih trame che hanno presieduto alla- scelta di Carli, e l'intenso lavorio che per due lunghi anni impegnerà la Confindustria a stretto contatto con i vertici della politica nazionale così come emergono dai ricordi di Savona - offrono imo spaccato singolare di quella particolare fase della storia politica nazionale nota come gli anni del compromesso storico. Una stagione che la morte di Aldo Moro per mano delle Brigate rosse condannerà al rango di grande incompiuta: e che tuttavia ha assorbito le energie migliori del paese in uno sforzo di analisi e di costruzione di scenari alternativi, come non si vedeva forse dagli anni della Costituente. Il mentore di Carli in Confindustria ha un nome illustre: quello del presidente della Fiat Gianni Agnelh. Savona si rituffa nei fotogrammi della memoria e apre il cassetto di quella che oggi definisce «l'esperienza più matura e più compiuta della sua avventura professionale: sulla poltrona di direttore generale in viale deh'Astronomia. Le imprese erano in ginocchio, gh imprenditori erano spaventati: qualcuno voleva lasciare». A Milano si temeva che gli Agnelh dessero forfait: optassero )er l'estero. «Questo Gianni Agneli non lo ha mai pensato», scatta Savona: «L'Avvocato ha sempre testimoniato, anche sotto questo profilo, anche con il coraggio fisico, l'attaccamento al Paese». Però era vero che gh imprenditori erano stanchi del mood di quegh anni e non riuscivano a mettersi d'accordo sul rinnovo deUe cariche. L'Avvocato chiese e ottenne di decidere per tutti e optò per un soggetto super partes come Carli, visto il mandato: ammorbidire i vincoli del punto uniqo di contingenza e negoziare il compromesso storico. «Carli appartiene alla storia», disse a chi mugugnava preoccupato dell'indifferenza del neo presidente alle spinte della base confindustriale per i sostegni pubblici alle imprese: «lasciatelo lavorare». Per le imprese - ricorda Savona - Carli estrae dal cilindro l'idea dello statuto d'impresa, di una legge per la concorrenza, in nome della quale avrebbero dovuto allentarsi e sparire i troppi vincoli che ingessavano il sistema. «Una battaglia che venne volgarizzata con la guerra ai lacci e lacciuoli che divenne subito popolare in Confindustria», conferma Savona, convinto che, su questo terreno, «molto resti ancora oggi da fare», a dimostrazione della modernità della lezione di Carli. Con il sindacato l'allentamentp dei vincoli si sarebbe materializzato con l'accordo del gennaio del '77, che sarà la premes¬ sa per arrivare con Bettino Craxi, nei primi anni '80, al referendum sulla scala mobile. A favore dell'intesa ha giocato l'indubbia statura dell'interlocutore: «Luciano Lama non era un semplice sindacalista rileva Savona - ma uno statista con grandi visioni: impegnato a costruire e non a bloccare lo sviluppo». Carh lo mette alla prova anche con citazioni in latino e in tedesco: «e Lama ribatteva in latino e in tedesco». Sul piano politico la partita si presentava più complicata, nonostante il livello e la disponibilità dei negoziatori. Oltre a Confindustria a ranghi compatti nel comitato esecutivo (non previsto dallo statuto ma in cui sedevano i big dell'economia italiana guidati da Agnelli e da Leopoldo Pirelli, che erano i garanti del sistema anche verso la classe politica), le trattative impegnavano gli economisti del Pei (Luciano Barca, Eugenio Peggio, Alfredo Reichlin) e i vertici sindacah. E poi, al massimo livello, vedevano Moro, Ugo La Malfa, Francesco Cossiga e Sandro Pertini («pronto ad informarsi e a far presenti le questioni di ordine pubblico». Costretto a misurarsi con la supposta ineluttabilità della convivenza con i comunisti, Carh si era preoccupato, con la legge d'impresa, di raggiungere tre Sbiettivi per lui essenziah: «essere coperto dal¬ la legge nell'eventualità che il Pei assumesse la gestione dell'economia, costringere le partecipazioni che erano la più facile preda per ii Pei - a rispettare le stesse leggi dell'economia privata, bloccare la spinta della base confindustriale per l'assistenzialismo alle imprese». Quando ormai la norma maturava, nel '78, ci fu un dibattito che Carli ritenne essenziale per il futuro del Paese nell'era del compromesso storico. Si discuteva sul fatto che «il disavanzo pubblico delle trattative per il compromesso storico dovesse essere fissato in 10 mila piuttosto che in 24 mila miliardi». Presidente e chrettore generale di Confindustria sostennero la tesi dell'effetto spiazzamento che un «disavanzo pubblico di 24 mila miliardi, avrebbe provocato sull'economia privata»: spiazzata appunto di 5 mila miliardi. La teora del crowding out non piaceva a nessuno e Carli e Savona vennero sconfitti. Contro di loro scesero in campo tutti: compresi gli economisti che andavano per la maggiore - come Luigi Spaventa, Antonio Pedone e Mario Monti del Centro di Torre Argentina - «tutti inguaribilmente keynesiani», commenta Savona. Carli ritiene finita anche questa seconda stagione: già dai '79 vorrebbe lasciare anche se lascerà nel maggio dell'BO con l'elezione di Vittorio Merloni, che apre la strada agli imprenditori di medie dimensioni in Confindustria. Ma è la stagione del compromesso storico che proprio in quel drammatico '78 viene messa fuori gioco, con l'uccisione di Moro. «Il clima politico mutò subito improvvisamente», racconta Savona: «Se ne accorse Carli, se ne sarebbe accorto presto anche quel club esclusivo che era il comkato esecutivo di Confindustria in cui, a partire dal '79, Craxi era visto come figura di riferimento». Ma era la classe politica la più rapida ad aver colto il cambio del vento. Niente più sembrava ineluttabile: né il sorpasso (e il Pei sarebbe tornato presto a quantità fisiologiche, per l'Italia of course), né il pansindacalismo, né le Br. «Era come se il sistema, che aveva accumulato tossine per un decennio, fosse riuscito all'improvviso a liberarsene», conclude Savona. Carli aveva capito che la mutazione in Italia sarebbe stata lenta e travagliata. Andava cosi a compattare la sua battaglia per la Legge d'impresa, per la concorrenza, per un'economia di mercato moderna a Bruxelles: dove assumeva la guida deUe Confindustrie d'Europa e dove il seme gettato riusciva a darei suoi frutti. Era un uomo d'azione capace di governare le tempeste economiche e politiche. Rifiutava la staticità delle istituzioni davanti alle crisi, amava la sperimentazione e privilegiava la Realpolitik Mercoledì a Roma un convegno darà il via alle celebrazioni Guido Carli è stato per cinquant'anni uno dei grandi protagonisti della vita economica del paese. Mori a Spoleto il 23 aprile 1993 Guido Carli cori Paolo Savona sulla Piazza Rossa, a Mosca , :,. ■W Giovanni Agnelli