Colpo alla tempia, suicida la direttrice del carcere

Colpo alla tempia, suicida la direttrice del carcere TRAGEDIA A SULMONA Colpo alla tempia, suicida la direttrice del carcere motivi del gesto in una lettera. La donna, 48 anni, era disperata da quando il fidanzato impegnato come educatore nel penitenziario di Opera, era stato assassinato nel 1990 Roberto Ettorre L'/jQUIU «Sto vivendo un dramma interno», «non mi bastano più le considerazioni a livello sociale e istituzionale». Gli inquirenti trovano la lettera sul comodino: un testamento di vita e di morte, lungo una pagina e mezza in cui, dopo 13 anni. Annida Miserare, direttrice del supercarcere di Sulmona, si arrende al dolore. Parole crude in quelle righe, parole con cui Armida maledice coloro che hanno la responsabilità di averle rovinato la vita, strappandole l'il aprile del 1990 il suo amore, Umberto Moimile, assassinato in un agguato a Carpiano, nei pressi di Lodi, mentre si recava al lavoro nel carcere milanese di Opera, dove faceva l'educatore. Il loro matrimonio, programmato per l'estate di quell'anno, si annienta con gli otto colpi di pistola che crivellano Mormile, sulla sua auto. La testa reclinata da un lato, la pistola d'ordinanza, una calibro 9,21, in mano: il corpo della direttrice è stato trovato così, ieri mattina, da uno degli assistenti, preoccupato per la sua assenza. Armida si è uccisa con un colpo alle tempia tra le 23 e le 24 di venerdì nell'abitazione annessa al carcere. La tragedia si è consumata sul letto e uno dei suoi due cani pastore, Leon e Luna, le è rimasto accanto fino all'arrivo degli inquirenti. La direttrice, che aveva 48 anni, era nata a Taranto. Soprannominata il «colonnello» per il suo carattere particolarmente deciso, era una persona di «fiducia» del ministero della Giustizia, abituata alle situazioni calde delle carceri, così come alle critiche delle associazioni umanitarie. Prima di arrivare a Sulmona, sette anni fa, aveva diretto numerosi istituti di pena, tra cui i penitenziari delTUcciardone, di Spoleto e di AscoU Piceno. Quando il fidanzato fu ucciso, lei era direttrice della Casa drcondariale di Lodi. L'omicidio fu inizialmente rivendicato da una sedicente «falange annata carceraria», ma ancora oggi gli assassini di Mormile sono impuniti. Per la sua carica di educatore, era una delle persone che dovevano decidere sui permessi e le misure alternative alla detenzione, da concedere ai reclusi. Proprio questo incarico potrebbe essere stato alla base dell'omicidio. E' la stessa abitazione della direttrice a «raccontare» il dolore mai sopito per quell'assassinio. Le foto di Mormile campeggiano ovunque, assieme a ritagli di giornale sull'agguato e l'inchiesta. Più che una camera da letto, sembra un piccolo santuario. Ma nessuno siaspettavala tragedia. Con il medico del carcere, Patrizio Rossi, Annida - «e non chiamatemi direttrice, che mi mancia su tutte le furie, io sono il direttore e basta», sosteneva sempre - stava definendo una serie di progetti, tra cui la costruzione di un canile poco distante dal penitenziario, dove far lavorare alcuni detenuti in accordo con l'amministrazione comunale. Tutte iniziative che mostrano come avesse cambiato nel tempo il suo pensiero sulla riabilitazione dei reclusi, lei che nel 1997 in un'intervista aveva detto, tra l'altro: «Non dirigo in Grand Hotel, ma un carcere, la durezza è d'obbligo». E ancora: «Mio padre era un militare della Marina e io ho passato la vita a ubbidire e comandare, quindi non venitemi a parlare di trattamenti risociajizzanti, perché sono boiate. A San Vittore ci ero enthifà con la te^tardella criminologa: ho visto una massa indistinta e non riuscivo a capire quali fossero i detenuti e quali le guardie. Neanche all'Ucciardone ho mai avuto paura. I detenuti sanno solo lamentarsi. Adesso la mia unica compagnia sono i miei cani, Leon e Luna». Certo, se non da lungo tempo, il suicidio la direttrice lo stava programmando almeno da venerdì. Al contrario degli altri anni, infatti, per la prima volta non aveva partecipato, con le altre autorità, alla processione del Venerdì Santo. Aveva mandato una delegazione, portando al sindaco le scuse per la sua assenza dovuta a motivi di salute. Un triste presagio, tuttavia, lo si poteva leggere già nel 1997 in quella stessa intervista: «Fino' ad allora la mia vita era ancora normale: il lavoro al centro di tutto, un compagno, Umberto, che faceva l'educatore ad Opera, poi nel giro di pochi mesi il mondo mi è caduto addosso: il padre che adoravo è morto, mia madre, fragile e infrangibile, l'ha seguito a ruota e Umberto è stato ammazzato mentre entrava in carcere. Per anni ogni giorno mi sveglio e mi faccio sempre le stesse domande. Da allora la mia vita è sospesa a un filo...». ILtESTAlVlEIMTO ^(fo Sto vivendo ™™ un dramma Le soddisfazioni sul lavoro ormai non mi bastano più Maledico coloro che mi hanno ^A rovinato la vita SB ^^ A San Vittore ww entrai con la testa della criminologa Non riuscivo a capire quali fossero i detenuti e quali invece le guardie 99 Ife^fe lnce"asanno "" solo lamentarsi. Non parlate di azioni di recupero sono tutte boiate. Dirigo un carcere non un hotel' jfttffc di lusso

Persone citate: Patrizio Rossi, Roberto Ettorre, Umberto Moimile

Luoghi citati: Carpiano, Lodi, Spoleto, Sulmona, Taranto