Tutti a tavola, anche se infelici di Simonetta Robiony

Tutti a tavola, anche se infelici «IL PRANZO DELLA DOMENICA». TRE SORELLE QUARANTENNI DISPERATE E UNA MADRE INCONSAPEVOLE Tutti a tavola, anche se infelici Vanzina firmano una nuova storia di famiglia Simonetta Robiony ROMA Arriva nel dopo Pasqua l'ultimo film-famiglia di quest'annata: «Il pranzo della domenica», firmato dai fratelli Vanzina, in uscita in più di cento copie, per la «01 » della Rai, il 30 aprile. Un pizzico di «C'eravamo tanto amati» di Scola, un altro pizzico di «Il più bel giorno della mia vita» di Cristina Comencini, una spruzzata, ma solo un sentore, di «Ferie d'agosto di Virzì», il film è il ritrattone di una famiglia mediocre che la domenica, per far contenta mammà, si riunisce intorno alla tavola di casa nell'abituale rito del pranzo. Curiosa la scelta degli interpreti. La madre è Giovanna Palli, vedova di un avvocato importante, madre di tre figlie quarantenni o giù di lì, vive assistita e viziata da una cameriera di colore, illudendosi che la sua sia una famiglia felice. La prima figlia è Barbara De Rossi, depressa e sofferente perchè non riesce ad avere un bambino, ma molto amata dal marito Maurizio Mattioli, un vivaista un po' «fascio», rozzo ma di .buon cuore, che ha fatto molti soldi vendendo piante. La seconda è Galatea Ranzi, elegantissima, frigida, riservata fino al mutismo: ha una figlia adolescente, Virginie Marsan, e un marito avvocato divorzista. Massimo Chini, che ha il vizio di tradirla con ogni donna che incontra. La minore è Elena Sofia Ricci: afflitta da quattro maschi messi al mondo a scaletta e da un marito veterocomunista. Rocco Papaleo, che si fa buttar fuori da tutti i giornali per cui scrive. Beve per dimenticare i conti da pagare e i guai che le cadono addosso. A fare esplodere i conflitti nascosti dietro un apparente perbenismo è la rottura del femore della madre, Giovanna Palli. Nei mesi della sua degenza in ospedale i nodi vengono al pettine, ma alla fine, miraco osamente, tutto ritoma al suo posto in nome della famiglia, ultimo e unico baluardo di questa nostra società. «Noi due - dicono i Vanzina volevamno fare una commedia alla vecchia maniera, in omaggio al grande cinema italiano del passato. Anche a noi è venuta in mente ima storia sulla famiglia, ma osservata con occhio benevolo perchè è un valore sociale da difendere perfino a prezzo di compromessi». Nessuna voglia, per voi due, di fare una scelta tra le ragioni del «fescio» Mattioli e quelle del «leninista» Papaleo? «No. Veniamo da una famiglia liberale. Nostro padre Steno ha fatto la resistenza ma ci ha insegnato che- gli uomini vanno giudicati per ciò che sono. Noi non ci schieriamo! Non abbiamo tessere di partito, non facciamo parte di .clan, non abbiamo mai avuto una lira di denaro pubblico per fare il nostro cinema». In questo film, però, il nome di Berlusconi viene fatto più volte. «E' vero, ma c'è chi lo attacca e chi lo loda. Non è un film politico il nostro. E non voleva esserlo. Moretti è bravissimo, ma noi siamo un'altra cosa». Anche voi, stavolta, ci mettete dentro la tv: solo che mentre Muccino attacca la televisione velinara, voi salvate quella quizza- rola. «Noi facciamo vincere al disoccupato giornalista Rocco Papaleo 350mila euro al quiz di Amadeus perchè ci è parso bello far vedere che i premi, a volte, vanno perfino a chi ne ha bisogno». Vero o falso che state preparando un film per Vittorio Cecchi-Gori? «Ci stiamo pensando. Sarebbe giusto che Cecchi-Gori tornasse alla grande. Il suo progetto comprende quattro cose nuove: Verdone, Salemme, Benigni, noi». Si parla molto, in questa conferenza stampa organizzata nei saloni dell'Excelsior come fosse un pranzo nuziale, anche di ricordi privati. Il pranzo della domenica di Giovanni Palli che durante la guer- ra, per far festa, mangiava il castagnaccio del padre fornaio e poi, coi fratelli, saliva sul tram, solo per fare un giro per Roma. La confessione di Enrico Vanzina che ammette di esser finito pure lui in un residence per uomini soli, dopo una crisi matrimoniale rapidamente conclusasi. La difesa che Massimo Ghini fa del suo avvocato sciupafemmine. «Sono un mascalzone pentito», dichiara stentoreo Ghini, ((Anch'io come il mio avvocato ho inseguito altre donne, ho ingannato, ho tradito, ho detto bugie. Condurre una doppia vita è una fatica bestiale: ci vuole un gran fisico e un'ottima memoria. Giuro. Non lo farò più». p Massimo Ghini, Giovanna Ralli, Barbara De Rossi e Maurizio Mattioli protagonisti del «Pranzo della domenica»

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