La tranquilla vita del signor Zaidan di Giuseppe Zaccaria

La tranquilla vita del signor Zaidan VIAGGIAVA SPESSO VERSO GAZA E QUASI NESSUNO LO NOTAVA: MA GODEVA DI ANTICHE SOLIDARIETÀ La tranquilla vita del signor Zaidan Il terrorista abitava a Dorah: case povere e, ora, diroccate reportage Giuseppe Zaccaria inviato a BAGHDAD IL sobboi-go di Dorah, 20 chilometri a Sud di Baghdad, rassomigliava ai poveri centri del West Bank anche prima della guerra, e dopo le devastazioni delle ultime settimane vi assomiglia anche di più. La zona di villette prive di intonaco che sorge a ridosso dell' autostrada per Karbala è la più colpita: i cannoni dei carri armati e qualche missile mal guidato hanno decapitato molte abitazioni, in quell'area i primi piani sono quasi tutti inabitabili. Adesso, rivista a qualche giorno di distanza, la battagha che ha devastato Dorah in più riprese lascia intuire obiettivi e risvolti diversi da quelli di uno scontro militare fra le avanguardie americane che avanzavano verso il centro ed i reparti della Guardia Repubblicana. Fra le circa sessantamila persone di quel sobborgo (un censimento non è stato mai fatto) la stragrande maggioranza è com¬ posta da palestinesi, quasi tutti rifugiati dell'ultimo decennio, ed al centro, in una villetta appena meno povera delle altre, con un vecchio fuoristrada rosso parcheggiato nel viale, si era nascosto anche Abu Abbas, il terrorista ricercato dai tempi dell'Achille Lauro. Quando la guerra s'era iniziata da pochi giorni, l'autista palestinese che ogni mattina veniva a prenderci da Dorah aveva cominciato a mostrarsi nervoso, e gli avevamo chiesto perché. «Io non faccio il tifo per Saddam - era stata la risposta - anche se mi ha dato un posto in cui vivere: sono preoccupato per quello che succederà ne' dopoguerra, quando gli america!., e e forze speciali israeliane ci verranno a cercare uno per uno...». Dorah non è quartiere dì terroristi, ma le famighe rifugiatesi qua in un modo o nell'altro hanno avuto tutte a che fare con la prima e la seconda «Intifada», tutte hanno parenti arrestati in Israele o morti negli scontri con i soldati di David. Adesso la cattura di Muhammed Zaidan, alias Abu Abbas, sembra confennare che le paure di quel!' autista non erano del tutto infon- date. A Baghdad, Abu Abbas viveva più o meno stabilmente da diciassette anni, secondo i vicini faceva una vita tranquilla, qui aveva portato la moglie Reem Al Nimz ed uno dei cinque figli, viaggiava spesso, soprattutto verso Gaza, nonostante gli israeliani lo considerassero da anni uno dei principali ricer¬ cati. In qualche modo sembrava anche aver abbandonato le smanie del combattente, un po' a causa dell'età (ha 54 anni) e molto per via dei legami sempre più fragili del suo gruppo con l'Autorità palestinese. Da guerrigliero aveva tentato un'improbabile conversione a messaggero di pace, fino a quattro o cinque anni fa spendeva mollo tempo ed altrettante energie per incontrare gli uomini della nuova Palestina, aveva perfino tentato di convincere Israele ad accettarlo come interlocutore. «Se vogliono raggiungere la pace - aveva detto devono permettermi di raggiungere Gaza, se non lo fanno è come se dicessero: va' e combatti». In realtà non sembra che l'ex comandante del Fronte popolare per la liberazione della Palestina avesse più molta gente da mobilitare. Dopo 0 sequestro della motonave e l'assassinio del turisma americano Leon Klinghoffer, le frange deir«Flp» si erano distinte più per azioni andate a vuoto che per attentati clamorosi. Nel maggio di dodici anni fa un commando del gruppo aveva tentato di sbarcare sulla spiaggia di Nitzanim, nell' area balneare di Tel Aviv con l'intenzione di uccidere turisti e cittadini israeliani, ma le forze antiterrorismo avevano sventato l'attacco uccidendo quattro uomini e catturandone dodici. Quel gruppo era stato addestrato in Libia, quell'attacco provocò la sospensione del dialogo fra Stati Uniti ed Autorità palestinese, e dunque c'erano ragioni sufficienti perchè Abu Abbas venisse scaricato dai protettori. Da quel momento r«Flp», già indebolito dalla secessione del gruppo che faceva capo a Tal'at Yaakub, cominciò a sparire dalla galassia delle formazioni terroriste per mancanza di appoggi economici e lo scolorire della sua «leadership». Abu Abbas è nato a Safed nel 1948, ma aveva vissuto in Siria fin dal primo anno d'età ed aveva contato a lungo su appoggi e protezioni in quel di Damasco. A partire dal '90 però anche quella sponda gli era venuta a mancare e l'Iraq di Saddam Hussein si era tramutato nell'ultimo possibile rifugio. Come già era accaduto per Abu Nidal, accettare l'ospitalità del regime significava però accettare un controllo spietato e rinunciare a qualsiasi iniziativa autonoma, soprattutto nei confronti dei siriani. Anche per questo l'ex capo terrorista aveva preso ad atteggiarsi ad uomo di pace, concedendo interviste a «Newsweek» ed al «New York Times» e schierandosi almeno a parole per il dialogo. Gli avevano chiesto di suoi presunti legami con Al Qaida ed Osama Bin Laden, lui aveva risposto sprezzante: «Osama è un terrorista, io non lo sono. Il terrorismo è una cosa orribile perché si rivolge contro tutti, e vuol essere una guerra universale. Io invece credo che lo scopo della lotta armata non sia semplicemente l'uccidere ma il raggiungere uno obiettivo politico». Aveva detto di considerare l'Iraq come la sua seconda patria, di essere pronto a combattere per difenderlo e sorridendo aveva aggiunto: «Noi palestinesi abbiamo perso la nostra terra, 0 nostro Paese, le nostre famiglie e combattiamo per i diritti umani. So che l'America mi vuole morto ma anche che molta gente islamica prega perché io resti in vita ed in buona salute...». Le preghiere non sono state sufficienti a farlo sfuggire ai reparti speciali americani: pare che appena due mesi fa, al Cairo, fosse riuscito in una rocambolesca sparizione pochi minuti prima della cattura. Se davvero, come si racconta, aveva tentato di riparare in Siria appena pochi giorni fa ciò significa che non aveva mantenuto l'impegno di batterai per l'Iraq ed al contrario tentava di riattivare vecchi contatti. Così è finito Muhammed Zaidan, alias Abu Abbas, terrorista di un'epoca scomparsa, ed è probabile che nelle prossime settimane i sobborghi di Baghdad restituiscano agli investigatori americani altre figure sulle cui vesti il sangue è ormai sbiadito. A sembrare dissolti nel nulla sono gli altri, i terroristi dell'oggi. II quartiere dove viveva Abbas