«Così sarà De Agostini l'acquisto di Toro» di Francesco Manacorda

«Così sarà De Agostini l'acquisto di Toro» PARLA IL PRESIDENTE DEL GRUPPO NOVARESE «Così sarà De Agostini l'acquisto di Toro» per il momento !a diversificazione è terminata La famiglia si è trasformata da gestore in azionista Entrare in Mediobanca? Se ce lo chiedono ci penseremo Drago: intervista Francesco Manacorda LA diversificazione - almeno per il prossimo futuro - «è sostanzialmente completata», il gruppo ha cambiato pelle e la famiglia ha mutato ruolo, assumendosi le grandi scelte che spettano agli azionisti e lasciando la gestione a manager esterni. Così parla Marco Drago, da sei anni presidente del gruppo De Agostini, nella sua prima intervista dopo aver presentato l'offerta vincente - 2,4 miliardi di euro sul piatto - per la Toro. E fra una considerazione sulle difficoltà del capitalismo familiare e la previsione che ima volta perfezionato l'acquisto della Toro alcune partecipazioni della compagnia verranno cedute per fare cassa, il numero uno dell'ormai inarrestabile gruppo novarese si dichiara a sorpresa disponibile ad aprire anche un altro dossier di tutto rispetto : «Se ci dovessero chiedere di entrare nell'azionariato di Mediobanca ci rifletteremmo seriamente». Foco più di un anno fa l'Opa su Lottomatica. A fine marzo l'offerta vincente per Toro. In mezzo i libri della Utet, il cinema con la maggioranza della Mikado, i satelliti con il 10,80Zo di Eutelsat. E adesso, dottor Drago? «E adesso lavoriamo alle cose che abbiamo realizzato. Nel 2001 gli azionisti hanno deciso di utilizzare la plusvalenza derivante dalla vendita della quota Seat. Da una parte sviluppando le attività tradizionali dell'editoria allargata alla comunicazione e dall'altra attuando una vera e propria diversificazione in altri settori. E' quello che sta puntualmente avvenendo sotto la guida di una holding, 0 cui capitale è - e continuerà ad essere - al cento per cento familiare, che controlla cinque subholding che si occupano rispettivamente di editoria, comunicazione, giochi, assicurazioni e finanza. Con l'acquisizione di Toro abbiamo completato - o quasi prima del previsto questo progetto di diversificazione anche se manteniamo l'impegno sui dossier già aperti. Oggi, quindi-, si tratta di lavorare con l'impegno e la determinazione di sempre nel nostro ruolo di azionista di controllo». Perché parla di diversificazione quasi completata? Progettate nuovi investimenti? «E' un tema legato anche alle risorse finanziarie. Con l'operazione Toro abbiamo dato un sostanziale e totale impegno rispetto alla liquidità presente nel gruppo. Ora si tratta di far girare il volano delle attività che nel giro di due o tre anni ridarà liquidità a tutto il sistema attraverso il cash flow che arriva dalle società controllate. A quel punto il gruppo riprenderà il suo sviluppo e arriveremo a equilibrare con pesi uguali l'editoria allargata alla comunicazione e le attività diverse mentre oggi, dopo quest'ultima operazione, l'editoria pesa solo il 30o7o». La Toro è un'occasione che è arrivata quasi a sorpresa... «Sì, ma non è certo piovuta dal cielo. Già dallo scorso dicembre, quando divenne chiaro che la Fiat intendeva dismettere alcune attività, avevamo cominciato a fare alcune riflessioni. Diciamo che è stata un'opportunità inattesa, certo non pianificabile. Ma la possibilità di coglierla è venuta anche da come si muove il gruppo: con molta rapidità, con la capacità di decidere e di mettere insieme un team di persone a studiare i dossier e a vedere se questi entrano e o meno nelle strategie. Perché alla fine ci vuole la diversificazione, ma anche la competenza». Nella volontà di diversificare perché avete scelto proprio il settore assicurativo? ' «Lo abbiamo fatto innanzitutto con ' una logica industriale. Per noi Toro è un investimento di medio-lungo periodo e non una semplice operazione finanziaria. Dal punto di vista della redditività, poi, abbiamo ipotizzato un obiettivo di ritomo minimo che sta a metà strada tra quello che si può attendere una holding su un investimento industriale - e parlo quindi del 12-150Zo - e quello che si può attendere una famiglia che impiega i suoi risparmi con un livello di rischio basso». Una prudenza che guida tutta la vostra politica di investimento? «Sì, ma con alcune differenze. Ad esempio da Lottomatica ci attendevamo ritomi importanti e ci ha dato grandi soddisfazioni visto che nel 2002 ha praticamente raddoppiato il valore di Borsa. Nel caso Seat, poi, quando qualcuno ti offre delle cifre che vanno al di là del bene e del male le prospettive cambiano.il tratto comune dei nostri investimenti è comunque la loro logica industriale. Talvolta siamo stati considerati gente che compra e che vende e fa il commerciante, ma non è così...». Come cambia pelle la De Agostini dopo questa operazione? «E' chiaro che Toro per le sue dimensioni e per la natura del suo business diventerà in questa fase la portaerei del gruppo sia per quel che riguarda il fatturato sia perché fungerà da punto di riferimento per la componente finanziaria. Se con questa acquisizione da una parte ci indebitiamo, dall'altra troviamo una liquidità importante che andrà investita, naturalmente nel rispetto delle normative e delle regole dettate dall' Isvap». Resta il fatto che dovrete fare un mestiere assolutamente nuovo. Come vi attrezzerete? «Siamo già attrezzati, attraverso la struttura che separa la holding dalle subholding ciascuna con un suo livello di autonomia e con il management migliore che riusciamo a trovare. In Toro abbiamo avuto la fortuna di trovare ottimi manager che hanno portato la società ad essere tra le meglio gestite nel settore. Siamo tranquilli perché oggi acquisendo la compagnia non si tratta di rivoltarla da capo a fondo, ma di guardare in un'ottica di continuità». L'impegno per Toro è stato sostanzioso. Potrebbero intervenire altri soci accanto a voi o addirittura la compagnia potrebbe tornare in Borsa? «Abbiamo deciso di fare questa cosa da soli nonostante ci fossero state disponibilità da parte di partner industriali e finanziari. In questa fase vogliamo approfondire le potenzialità della società e poi esaminare il da farsi. Non vi è nessun piano, nessuna impellenza ma anche nessuna preclusione. Oggi, ad esempio, Lottomatica è una società quotata in Borsa come del resto era prima che ne prendessimo la maggioranza». Potreste allora quotare l'editoria? «Per ora, e dico per ora, no. E poi l'attività editoriale ha di solito risultati ciclici e variabili, una cosa che non piace al mercato». Torniamo a Toro, che significa anche il 2,207o di Fiat e il 6,607o di Capitalia. Che cosa farete di queste partecipazioni?». «La quota in Fiat non conta rispetto agli equilibri di controllo di quel gruppo e noi non abbiamo alcun impegno salvo il fatto che per Toro è importante mantenere le ottime relazioni e i rapporti commerciali con il gruppo Fiat». Ma in Capitalia la vostra quota conta eccome. Il presidente Cesare Geronzi vi ha espresso il suo gradimento. Voi come rispondete? «Anche con Capitalia abbiamo ottimi rapporti e ci teniamo a mantenerli, Nelle prossime settimane affronteremo questo tema in un clima di grande collaborazione e poi troveremo le soluzioni migliori per Toro». Può essere più esplicito? «No, non posso perché non c'è nulla di deciso. Per quel che riguarda Capitalia c'è la partecipazione azionaria, c'è una joint venture e quindi una serie di rapporti importanti e complessi che andranno approfonditi nelle prossime settimane per cercare buone soluzioni per tutti in un quadro di continuità di collaborazione. Arriveremo a una conclusione solo dopo aver approfondito il piano industriale di Toro e comunque si dovranno trovare delle possibilità di diminuire l'impatto della spesa che abbiamo fatto per la compagnia visto che 2,4 miliardi per noi è una cifra enorme». Quindi potreste cedere alcune partecipazioni di Toro, come quelle francesi... «Le ripeto che Capitalia ci ha espresso il suo gradimento e quindi noi da una parte approfondiremo tutte le possibilità di sviluppo di rapporti e dall'altra equilibreremo questo con la necessità di ridurre in una certa misura l'impegno finanziario del nostro gruppo verso l'acquisizione». Anche la cessione di RomaVita a Capitalia rientrerebbe in quest'ottica. «Da questo punto di vista non posso darle nessun elemento perché non abbiamo ancora preso una decisione». Insomma, la vostra posizione nell'azionariato di Capitalia sarà funzione aell'utilità che questo può avere per Toro. E' così? «La De Agostini ha sempre cercato il suo posizionamento strategico facendo riferimento a logiche di business e mai di altro tipo. Cosi è e cosi continuerà ad essere. Non fa parte del nostro costume mescolare altre logiche con quelle di business». Dopo l'accordo su Mediobanca Capitalia dovrà cedere parte della sua quota in piazzetta Cuccia... «Credo che adesso stiano aspettando le risposte delle popolari. Sarebbe una buona cosa che questo capitale fosse ripartito tra settore bancario e settore industriale e credo che sia corretto che le banche siano più di due». Tra i soci di Mediobanca ci sono già numerosi industriali. Un ingresso nel capitale potrebbe interessare anche voi? «Con Mediobanca abbiamo lavorato in passato e ne abbiamo sempre apprezzato la grandissima professionalità. Il giorno in cui qualcuno dovesse essere interessato a proporci di entrare in Mediobanca ci rifletteremmo seriamente, come facciamo in ogni proposta importante e seria». In sei anni vi siete trasformati da casa editrice in holding industriale e finanziaria di tutto rispetto. Se si somma il vostro fatturato 2002 ai 5,2 miliardi raccolti da Toro si arriva sopra i 7 miliardi di euro. Qual è stato il punto di svolta, a parte la fortunatissima cessione della quota Seat? «La prima grande tappa, almeno per queÙo che riguarda la mia generazione - la terza in azienda - è all'inizio degli Anni 80, quando l'attività editoriale passa da 200 a 2000 miliardi di lire. Poi, certo, arriva il '97 in cui io prendo al presidenza esecutiva ed entriamo in Seat e il 2001, quando la famiglia decide come investire la plusvalenza. Questo ci ha pennesso tutte le tappe successive, passando per Dea Communications, Lottomatica e adesso Toro, e fino a oggi gli azionisti sono stati molto premiali per il loro coraggio, e per quello dei manager, nel realizzare questo progetto. Ma c'è anche un altro elemento molto importante che riguarda l'evoluzione del gnippo e della famiglia». Quale? ((All'inizio degli Anni 80 la famiglia aveva tutte le responsabilità gestionali in azienda mentre oggi si è ritagliata un molo di azionista lasciando quelle responsabilità a manager reclutati all'esterno. In fondo penso che la nostra grande capacità negli ultimi anni sia stata quella di percepire prima e realizzare poi un processo per cui all'evoluzione del gruppo doveva seguire l'evoluzione della famiglia. Proprio su questo snodo molti gmppi familiari hanno fatto crack. E tutto quello che abbiamo fatto, con una struttura azionaria dove nessuno controlla più del 100Zo, lo abbiamo fatto con il consenso e non perché qualcuno aveva il 510Zo e diceva: si fa così e basta. Non credo che siano molti i gmppi che, come noi nel caso della Toro, riescano ad esaminare un dossier e a prendere una decisione unanime nel giro di tre settimane tra l'altro investendo soldi propri». Qualche trauma familiare però c'è stato. Nel '97, proprio in concomitanza con l'affare Seat, i suoi cugini Silvano e Marcella Boroli hanno preferito lasciare il gruppo... «In questi anni e ancora di recente, diversi giornali hanno scritto che la loro uscita dal gruppo sarebbe stata motivata da un disaccordo sull'investimento in Seat. Non è vero, la decisione su Seat fu presa all'unanimità. Si trattò invece, ritengo, di valutazioni diverse sul futuro del gmppo; d'altra parte non c'è nulla di anomalo nel fatto che in una famiglia così numerosa, arrivata alla terza e oggi alla quarta generazione in azienda, qualcuno la pensi diversamente o desideri perseguire un suo progetto imprenditoriale». 66 La nostra grande capacità negli ultimi anni è stata quella di capire che l'evoluzione della famiglia doveva precedere quella dell'impresa Altri hanno HA fatto crack 77 66 Per noi la scelta del settore assicurativo è di medio-lungo periodo Con Capitalia abbiamo ottimi rapporti e vogliamo senz'altro mantenerli Possibili alcune cessioni per ridurre un poco l'impegno finanziario ff Qjm. Il tratto comune "^ dei nostri investimenti è sempre la logica industriale Ora si tratta di fare girare il volano delle varie attività L'obiettivo è arrivare a equilibrare tra loro editoria allargata con tutto il resto W tini Toro» rminata nista penseremo Il presidente della De Agostini Marco Drago nel disegno di Ettore Viola Il presidente della De Agostini Marco Drago nel disegno di Ettore Viola

Persone citate: Cesare Geronzi, Ettore Viola, Foco, Marcella Boroli, Marco Drago

Luoghi citati: Lottomatica