Stefania Craxi «Non puntiamo più all'unità socialista»

Stefania Craxi «Non puntiamo più all'unità socialista» APPASSIONATO DISCORSO AL CONGRESSO DEL NUOVO PSI Stefania Craxi «Non puntiamo più all'unità socialista» Critiche ai vecchi compagni Martelli e Amato come a Boselli e Intini che «vanno a braccetto con Di Pietro». Parole dure anche per De Michelis che invita a «fare un passo indietro» se il partito fallirà l'obiettivo del 507o Aldo Cazzullo ROMA E' un peccato che altre vicende abbiano distolto l'attenzione dal congresso del Nuovo Psi. «BIG BANG: l'ora dei socialisti» annunciava il manifesto. Il partito ha dimostrato infatti un'insospettata vitalità. Si è ad esempio scisso. Una scissione mini (non potrebbe essere altrimenti). Lo strappo è stato annunciato dal genovese Sandro Nicolini, che ha aggregato i romani Gaetano Minutilli, Sandro Natalini e altri «4 mila tesserati», di cui non sono stati però comunicati i nomi. Il leader De Michelis minimizza: «Li recupereremo». A riempire il vuoto arriva l'adesione dell'attore Luca Barbareschi: «Sono con voi; mio bisnonno era socialista». Si è molto litigato sull'Avanti. Di giornali socialisti con questo nome ce ne sono infatti tre. Uno, settimanale, è dello Sdi. Un altro appartiene a Valter Lavitola, che l'ha appaltato ai socialisti di Forza Italia, guidati dal vicecapogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, che fa scrivere Bossi, Fini, Fisichella e Tremaglia, come ha lamentato l'on. Milioto («una cosa che fa senso»). Poi c'è l'Avanti di Bobo Craxi, sempre berlusconiano, ma un po' meno. Lavitela si è presentato al congresso dimissionario e ha offerto la direzione pohtica a De Michelis. A una condizione: «Però dovete prendere il 3 per cento». Sguardi smarriti. De Michelis cala l'asso, un sondaggio Datamedia che corrisponde largamente ai requisiti: «Un eventuale polo socialista è al 4,91». Smarrimento di Lavitola. De Michelis infierisce: «Accetto, ma la testata non può essere: quotidiano liberalsocialista. Bisogna togliere il "liberal"; socialista, e basta». Lavitola prende tempo. Nottetempo fa sapere che gli spiace, ma non è possibile: l'Avanti resta cosi com'è. Cioè suo. Aderisce al partito e viene iscritto direttamente al comitato centrale Lorenzo Necci ex presidente delle Ferrovie dello Stato: «I boiardi come me hanno fatto l'Italia». Stava pure riuscendo bene, il congresso, con una relazione di respiro di De Michelis molto applaudita da Berlusconi, e con un intervento di Bobo molto applaudito da tutti. Ieri mattina era attesa per l'apoteosi Stefania Craxi, accolta da ovazioni e tripudio tipo ultima passeggiata di Saddam per Baghdad. Garofani. L'attacco è di quelli che scaldano la platea: «Dieci anni fa un atto infame, incivile, vigliacco ha segnato una pagina nera nella storia della nostra Bepubblica: il 30 aprile 1993 Bettino Craxi veniva aggredito da un folto gruppo di militanti reduci dal comizio di Occhetto», fremito di indignazione nella Fiera, dui, Nicola Mansi, il suo autista, i pochi amici rimasti e gli uomini della sua scorta vennero raggiunti da sputi», «maledetti!» grida un delegato dal fondo, «sputi, insulti, monetine in pieno viso», altre urla, rabbia, applausi. «Il cervello della sinistra è finito sulla luna e nessun cavaliere Astolfo è in partenza per recupe¬ rarlo» dice Stefania, e i congressisti esultano. Non sanno cosa li aspetta. De Michelis, ancora ignaro: «Sino a ieri di ex parlamentari socialisti ne avevamo una ventina, qui ne ho contati duecento». «Cari compagni, care compagne, avete incentrato il vostro congresso sull'ennesimo appello all'unità; ma l'unità della nomenklatura socialista non si è fatta e non si farà. E dobbiamo dire l'amara verità: che la responsabilità non è del fato o del malvolere di qualcuno, ma investe totalmente quella.che era stata una delle migliori classi dirigenti avute dal nostro paese». La figlia di Bettino non ha perdonato. Nessuno. Certo non Martelli e Amato, simboli dal suo punto di vista «di quell'insistente offerta di personale qualificato con cui qualche vecchio ex dirigente socialista pensa di assicurarsi gli anni della vecchiaia». Non Boselli e Intini, che fanno professione di autonomia «e poi vanno a braccetto con Di Pietro». E neppure De Michelis e i superstiti del Nuovo Psi, perché il partito, quello vero, «avrebbe potuto salvarsi se l'intero gruppo dirigente avesse reclamato a gran voce la verità, così come Bettino continuava a ripetere prima a Boma e poi da Hammamet. Ha prevalso invece la paura, l'istinto sciocco di cercare la salvezza solo per sé». A questo punto la platea si divide, chi urla in piedi «brava!», «era l'ora!», chi mormora, bofonchia, inveisce; acclamano Stefania il suo consigliere Sergio Pizzolante e l'avvocato da battaglia Boberto Buggiero. L'allarme cresce quando lei quasi prende congedo: «Se De Michelis riuscirà davvero a mettere insieme la diaspora socialista e avere buoni risultati elettorali come promette, minimo il 50Zo, così ci ha detto, io sono pronta a ricredermi. Altrimenti, l'invito che faccio è: sia generoso, faccia un passo indietro e inviti tutti i più giovani a farsi avanti». Grida di disappunto dalla platea di assessori e consiglieri comunali, le amministrative si avvicinano e una visita di Stefania Craxi aiuta a recuperare lo «zoccolo durissimo», lei li tranquillizza: «Sono a disposizione dei compagni che me lo chiederanno». Purché tutti abbiano chiaro che così non si va da nessuna parte, che per ricostruire davvero un partito socialista occorre «un lavoro lungo, capillare ma soprattutto serio, non la somma di De Michelis più La Malfa più Altissimo». Benato Altissimo non è venuto; ha man- dato però un messaggio, letto .da un homo novus: Attilio Bastianini. De Michelis prima incassa, poi si fa forza, le solleva il braccio, la copre di garofani, chiama a raccolta i sui ragazzi: i giovani socialisti accorrono, guidati da Lorenzo Pirrotta figlio di Onofrio e di Serenella segretaria di Craxi, e occupano il palco. C'è il più giovane sindaco d'Italia, Alessandro Battilocchio da Tolfa, cita Renato Zero: «Sono felice di aver dedicato al socialismo i migliori anni della nostra vita». C'è il parlamentare più giovane. Chiara Moroni, orfana di Tangentopoli, anche lei non ha dimenticato: «Basta farci dire di no dallo Sdi. L'unità socialista si fa a casa nostra, sotto il garofano». De Michelis rassicura: «Il 18,80Zo degli italiani è interessato al Nuovo Psi». E siccome il 600Zo non sa che esiste, si può fare ancora meglio. Stefania ha ragione, c'è stata «corresponsabilità nella disgrazia», Bettino è stato lasciato solo, la figlia ora dice cose «vere, ma ingenerose». E comunque «quando parlavo di un'unica lista alle elezioni europee pensavo soprattutto a lei». Una Craxi alla testa della riunifì- cazione socialista nell'urna? Improbabile che Stefania accetti; anche perché è già a pranzo. Il segretario rieletto per acclamazione chiude in lacrime: «Oggi c'è la consapevolezza e l'intima soddisfazione di poter dire: ce l'abbiamo fatta». Ce l'hanno fatta l'ex numero 2 della Cgil Marianetti, Lucio Barani sindaco committente di statue a Bettino, Franco Piro, Lino Jannuzzi, Nicola Mansi reduce del Raphael, Mauro Del Bue vedovo di Martelli, Luigi Preti superstite di palazzo Barberini, che scruta pensoso il logo del congresso che promette un «nuovo inizio». De Michelis ha un posto anche per lui: «Preti senatore a vita». Mentre parla la figlia di Bettino la platea si divide: c'è chi urla «brava!» «era l'ora!» mentre altri mormorano, mugugnano, inveiscono Anche Chiara Moroni non ha dimenticato: «Basta farci dire di no dallo Sdi. L'unità si fa a casa nostra, sotto il garofano» Un'immagine d'archivio di Stefania Craxi Bobe Craxi con Gianni De Michelis

Luoghi citati: Baghdad, Italia, Roma