Re Museeuw incorona Pieri «E' lui il mio erede sul pavé» di Giorgio Viberti
Re Museeuw incorona Pieri «E' lui il mio erede sul pavé» OGGI LA PARIGI-ROUBAIX: IL CAMPIONE BELGA FAVORITO CON IL TOSCANO Re Museeuw incorona Pieri «E' lui il mio erede sul pavé» Giorgio Viberti inviato a PARIGI Il ciclismo internazionale riapre l'album dei ricordi. C'è la ParigiRoubaix (diretta tv su Raitre dalle 15,30), corsa d'altri tempi, nata nel 1896 ed eternata dai francesi come un monumento nazionale. E' la corsa del famigerato pavé, da queste parti confuso e incastonato nella Natura come un prezioso reperto archeologico. Saranno 26 i «secteurs» del terribile selciato ineguale, numerati a ritroso dagli organizzatori e ripercorsi mentalmente durante la corsa dai 200 masochistici pedalatori come le preghiere di un rosario, penitenza catartica per raggiungere la salvezza dall'Inferno del Nord. Si parte stamane alle li da Compiegne, cittadina nell'hinterland parigino dove verme catturata Giovanna d'Arco e che fu sede imperiale di Napoleone III. Si arriva dopo 261 km al mitico Velodromo di Roubaix, poco lontano da Lille, quasi al confine con il Belgio. E' la terza prova di Coppa del Mondo, dopo la Sanremo vinta da Bettini e il Fiandre del fiammingo Van Petegem, un mosaico di trappole nascoste dalla polvere (quando c'è il sole) o nel fango (in caso di pioggia). Quasi 50 i km di pietraia, riassunti e sintetizzati emblematicamente nel «secteur» numero 15, il più spaventoso, al km 166,5 dell'immane fatica. E' la Foresta di Arenberg, un bosco immacolato solitamente inaccessibile perché bene protetto, profanato una sola volta all'anno - oggi, appunto - da corridori e ammiraglie. Lungo quel pauroso trattura di 2400 metri, dove il nastro di pavé disegna un infido sentiero a schiena d'asino delimitato da due gibbosi viottoli paralleli (le «bordures»), nel '98 il belga Johan Museeuw, fuoriclasse cristallino per tre volte dominatore della Roubaix, si frantumò un ginocchio, e tre anni dopo il francese Philippe Gaumont ci rimise un femore. «La Foresta di Arenberg è come il fuoco. Se non ti butti dentro senza paura, bruci lì tutte le tue speranze» diceva Franco Ballerini, oggi ct azzurro dopo aver domato due volte da corridore la classica del pavé ('95 e '98). Il favorito di questa 101" edizione è ancora Museeuw, che vuole emulare i quattro trionfi dello zingaro belga Roger De Vlaeminck, l'unico a vantare un poker nell'albo d'oro della corsa. Ma dovrà guardarsi da due connazionali e compagni di squadra, il ritrovato Vandenbroucke e il giovane Tom Boonen. Gli italiani? Parlano bene di Dario Pieri («adottato» da Museeuw che ieri gli sussurrato di stare alla sua ruota per imparare) e merita rispetto l'eterno Andrea Tafi, che qui trionfò nel '99. Qualche chance hanno anche Bortolami, Zanini e Saldato, meno concrete però di quelle degli olandesi Van Heeswijk e Knaven, dell'altro belga Van Petegem e del russo Ekimov. Sembrano lontani per l'Italbici i tempi di Francesco Moser, autore di una tripletta consecutiva dal 78 all'SO. Ma finirla, una Roubaix, è già impresa da annali del ciclismo.
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