Aznar: «La guerra necessaria per scoraggiare i terroristi»

Aznar: «La guerra necessaria per scoraggiare i terroristi» IL PRIMO MINISTRO DIFENDE LA SUA POSIZIONE, CONTESTATA DAGLI SPAGNOLI Aznar: «La guerra necessaria per scoraggiare i terroristi» «Non intervenire sarebbe equivalso a dire che i dittatori sono liberi di appoggiare il terrore». La lotta all'Età «ha bisogno dell'aiuto di tutti» intervista Martine Silber e Marie-Claude Decamps MADRID PRESIDENTE Aznar, lei come spiega il ((paradosso spagnolo»: un Paese dove la protesta contro la guerra è fortissima e invece il govemo è tra i più allineati sulle posizioni americane? «E' ovvio che nessuno vuole la guerra. Ci sono però momenti in cui la Spagna deve essere coerente con i suoi alleati e i suoi interessi, che sono quelli di combattere il terrorismo, neutralizzare le armi di distruzione di massa e garantire la legalità internazionale. Capisco perfettamente i sentimenti dei cittadini che manifestano per la pace, ma la responsabilità dei governanti è un'altra, non siamo qui per fare quello che ci piace: la pace bisogna difenderla in ogni momento, bisogna farla rispettare. Sono decisioni difficili, come quella presa all'epoca da Adenauer contro la maggioranza dei tedeschi di fare entrare la Germania nella Nato. Dopo l'I 1 settembre 2001 il mondo è cambiato più che dopo la caduta del muro di Berlino. 0 si accetta qyesta realtà o no: si può anche decidere di stare solo a guardare. La Spagna è entrata in Europa nel 1986, dopo essere stata a lungo isolata dal resto del mondo. Ha bisogno di un periodo di adattamento alla sua nuova posizione, alle sue nuove possibilità. Per duecento anni è stata assente dagli avvenimenti mondiali e io capisco che la gente si chieda: perché partecipare proprio adesso?» Lei trova questa guerra necessaria, morale, legale? «Necessaria? So fin troppo bene che cos'è il terrorismo per augurarlo a qualcun altro e non sono disposto a tollerare, nel mio Paese o altrove, il prosperare di gruppi di terroristi che possono procurarsi armi di distruzione di massa. Peraltro questo conflitto, che è incominciato praticamente nel 1990 quando l'Iraq ha invaso il Kuwait, trae la sua legalità dalle 17 risoluzioni dell'Onu, a differenza di altri conflitti come quello in Kosovo. Abbiamo tentato di tutto per ottenere un'ultima risoluzione, ma il Consiglio di Sicurezza è rimasto bloccato. La guerra era inevitabile. Quanto alla morale, ce n'è una sola ed è quella di finirla con la minaccia alla pace e alla sicurezza mondiali. C'è anche una ragione politica importante: esaurite tutte le possibilità di evitare il conflitto, non intervenire equivale a dire che tutti i dittatori che aiutano i terroristi possono fare quel che vogliono. E' il messaggio peggiore. Si parla dell'Iraq ma ci sono altri Paesi, la Corea del Nord per esempio, che potrebbero sentirsi incoraggiate alla violenza, se il fatto di sfidare l'Onu non fosse sanzionato. Io non credo che questa sarebbe l'espressione migliore di un mondo in pace e sicurezza e non accetto lezioni da chi critica l'intervento in Iraq ma ha sostenuto quello in Kosovo. A meno che non mi si dica che le vittime del Kosovo sono diverse da quelle dell'Iraq». Il fatto che non siano state ancora trovate le armi di distruzione di massa o legami diretti tra Al Qaeda e Saddam Hussein non le fa sorgere dei dubbi? «Sono convinto che alla fine queste armi salteranno fuori. La loro esistenza è stata riconosciuta dagli ispettori Onu e dal regime. Di più, sono state utilizzate contro i curdi. Al Qaeda - non è il solo gruppo terroristico in crcolazione, ce n'è in Algeria, nelle Filippine, in Indonesia, in Malesia: il terrorismo è l'espressione di un fondamentalismo che vuole distruggere una società o un regime politico. Al Qaeda o l'Età nei Paesi Baschi, è lo stesso: non affrontare il terrore non ha senso». Che cosa si aspetta da questa guerra per la Spagna? Un posto al G-8? Una partecipazione alla ricostruzione irachena? «Il G-8 è un club molto interessante e, diciamolo chiaramente, la Spagna non ha interessi economici in Iraq. Certo abbiamo i nostri contatti per contribuire alla futura ricostruzione. Ma abbiamo agito unicamente per convinzione. Una convinzione assoluta. Se la Spagna vuole poter contare sui suoi alleati nella lotta al terrorismo sul suo territorio, deve anche fare la sua parte nella lotta contro il terrorismo intemazionale. E' una posizione solida, condivisa da una cinquantina di Paesi tra i quali alcune delle principali democrazie del mondo come la Gran Bretagna, la Danimarca, i Paesi Bassi. Senza contare gli Usa che non sono una democrazia da disprezzare, no?» Non c'è un rischio di protettorato americano? «Gli americani non hanno questa intenzione. Ci saranno molte fasi: una, che spero breve, di' gestione della sicurezza e una seconda di ricostruzione istituzionale e materiale del Paese. Qui spero che l'Onu ma anche l'Ue giochino un ruolo importante». Come ricostruire l'Europa, che esce a pezzi da questa guerra? «L'Ue non è distrutta, ci sono soltanto punti di vista diversi. Dobbiamo superarli ma non contro gli Stati Uniti. Basta conoscere i nostri principi fondamentali e i nostri valori comuni per capire che quando Usa e Uè agiscono insieme, il mondo è più sicuro. Allora va bene parlare di un futuro polo di sicurezza europea, ma a condizione che non sia rivale ma complementare agli Usa. Siamo realisti: l'Europa non ha potuto risolvere la questione Kosovo da un punto di vista militare, perchè non ne aveva le capacità. Cercare di creare un contropotere militare rispetto agli Stati Uniti è un errore». Con la Francia, quali sono i rapporti oggi? «Ottimi. Abbiamo punti di vista diversi sull'Iraq, ma i rapporti bilaterali sono stretti e la cooperazione è forte». L'avvenire della Spagna si inserirsce nella «vecchia» Europa dell'asse franco-tedésco o in quella «nuova», secondo la terminologia americana? «Nei prossimi decenni la Spagna giocherà un ruolo importante in Europa e nel mondo. Il nostro Paese è ricco, la nostra influenza culturale forte in America e nel Mediterraneo e siamo presenti nella politica europea. Questo non è in contraddizione con il nostro legame con gli Usa, perchè l'Europa del futuro non sarà né vecchia né nuova, ma diversa. L'asse franco-tedesco è fondamentale ma non è il solo. L'ingresso dei Paesi dell'Est cambierà le prospettive. Noi europei abbiamo una carta da giocare, cioè quella di diventare la zona economica più importante del mondo: abbiamo anche la ricetta, dopo 0 summit di Lisbona». E' la legge del più forte, con un'America tornata «gendarme del mondo» e l'Europa satellite? «E' un fatto che gli Stati Uniti sono il Paese più forte, non si discute. Non è questione di satelliti o meno, la potenza comporta responsabilità. Ancora oggi, come nel dopoguerra, la responsabilità degli Stati Uniti per la sicurezza del mondo è molto importante: non c'è alternativa». Lei non si ripresenta alle elezioni dell'anno prossimo, l'opposizione di sinistra è sempre più forte. La guerra ha portato male alla destra? «La sinistra ha utilizzato l'alibi del conflitto ùacheno e del sentimento pacifista per organizzare manifestazioni che sono degenerate. Ci sono state aggressioni molto gravi contro membri del partito popolare. E' inaccettabile. Definire i membri del governo "assassini" è seminare il vento che ha prodotto la tempesta attuale. In nessun altro Paese l'opposizione è così irresponsabile. Ma il Pp è forte e non si lascia intimidire. Il suo avvenire non dipende da una sola persona ma da molte: la mia ambizione è finire bene il mio lavoro, abbiamo fatto molto in questi anni, aumentato l'occupazione, diminuito le imposte e il nostro tasso di crescita resta superiore alla media europea. I cittadini diranno la loro nelle urne, non nella strada. Non lasceranno fare a Saddam Hussein il grande elettore della politica spagnola». Copyright Le Monde Il premier Aznar accolto con foto di José Couso, il teleoperatore ucciso a Baghdad ÉL&L La nostra è "" una posizione solida, condivisa da una cinquantina di Paesi, fra i quali alcune delle principali democrazie, dalla Gran Bretagna alla Danimarca, dai Paesi Bassi agli Stati Uniti che non mi sembrano una democrazia da A A disprezzare ^^ fatik L'Uenonè ™™ distruttaci sono solo punti di vista diversi. Dobbiamo superarli, ma non contro gli Usa. Basta conoscere i nostri principi fondamentali e i nostri valori comuni per capire che quando si agisce insieme il mondo è più sicuro. Mai essere rivali 99

Persone citate: Adenauer, Aznar, José Couso, Marie-claude, Martine Silber, Saddam Hussein