«Il pericolo è la svendita sul mercato clandestino» di Maurizio Assalto

«Il pericolo è la svendita sul mercato clandestino» UN PATRIMONIO ARTISTICO DA TEMPO A RISCHIO TRA CONFLITTI E INDIFFERENZA «Il pericolo è la svendita sul mercato clandestino» retroscena Maurizio Assalto ALLA fine è successo. Com'era prevedibile. Nei giorni del grande saccheggio era pensabile che si salvasse il contenitore del tesoro più grande? Ma gli Alleati, dopo avere messo al sicuro i pozzi di petrolio, su questo fronte sembrano meno solleciti. Il Museo archeologico, altro che mille e una notte. Proviamo a esplorarlo virtualmente, con l'aiuto di uno che lo conosce bene. Antonio Invernizzi, del Centro Scavi di Torino (una delle istituzioni straniere più attive in Iraqi, ancora alla fine di gennaio lo ha visitato. «Molte vetrine erano piene a metà, quella dove fino al '90 era esposto uno dei pezzi più spettacolosi, una testa di bronzo di sovrano accadico, era vuota: c'era solo la fotografia». Che cos'era accaduto? Il Museo di Baghdad, uno dei più importanti al mondo, era stato svuotato di gran fretta nell'imminenza della prima guerra del Golfo. Riaperto tre anni fa, aveva cominciato a recuperare molto lentamente le sue collezioni. E diversi reperti, testimonia Invernizzi, si presentavano in pessime condizioni, con segni evidenti di fratture rabberciate alla meglio: «In particolare un gruppo di avori che ricordavo in condizioni perfette quando erano stati in mostra in Italia nell'85». A parte questi danni, c'è dunque la speranza che molti pezzi siano ancora al sicuro, qualcuno magari nei laboratori di restauro. Altri probabilmente sono stati messi al riparo nelle ultime settimane prima dell'attacco, come pare dalle notizie che filtravano da Baghdad. Il guaio è però che dopo l'embai^o gli iracheni non hanno più prestato i loro tesori all'estero, quindi tutto si trovava qui, in particolare gli oggetti recuperati negli scavi successivi al '68: «Fino ad allora i reperti erano divisi in parti quasi uguali fra le missioni straniere e gli iracheni. Poi le autorità locali hanno deciso di tenersi anche i cocci». Le informazióni di ieri parlavano di saccheggi al pianoterra. Qui si trovano (si trovavano?) i reperti della fase assira: un grande rilievo parietale dell'VIII sec. a.C. raffigurante una processione di tributari e altri rilievi giganteschi con tori alati, dal palazzo di Sargon II a Khorsabad (tutto materiale murato, pesante diverse tonnellate, praticamente inamovibile; ma sicuramente danneggiabile), una composizione di mattoni smaltati con un albero sacro e ai lati due figure di sovrani, dal palazzo di Salmanassar III a Nimrud, IX sec), soprattutto una straordinaria collezione di sigilli d'avorio, centinaia di (fragilissimi) capolavori della glittica del IX-VII sec. Ancora al pianterreno sono ospitate le testimonianze delle età seleucide e partica, dal IV sec a.C. al II d.C. (figurine di terracotta e di pietra, ma anche una statua bronzea di Eracle, molto importante perché ha incisa sulla coscia una iscrizione bilingue, greca e partica, che celebra la vittoria del parto Vologese III su Meerdate di Mesene nel 151 d.C). Infine i reperti islamici, meno rilevanti: una sala e poco più, nell'economia del museo quasi un'appendice. Il piano superiore, che pare per il momento scampato al sacco, è meno esteso. Ospita le collezioni preistoriche (fra i pezzi più significativi, un gruppo di statuine e vasetti di alabastro di lavorazione finissima, del IV millennio, da Teli as-Sawwan, la Samarra dell'epoca), quelle della fase protourbana (un grande vaso di calcare con scena processionale a rilievo. del 3200, da Uruk; sempre da Uruk, ma di un secolo più antico, un volto femminile che rappresenta il primo esempio di scultura monumentale), quindi i reperti della fase sumerica (numerosissime statue di oranti, dal 2800 al 2300, oltre alla già citata testa bronzea di re accadico, capola¬ voro assoluto della bronzistica mondiale) e infine le vestigia babilonesi, non moltissime, in realtà, perché in gran parte scavate tra la fine dell'eoo e i primi del '900, prima che si costituisse lo Stato iracheno, e quindi sparse soprattutto al Louvre, al British e a Berlino. Poi ci sono i magazzini: debordanti di materiali, tanto che negli ultimi mesi era stato avviato un progetto italo-iracheno per raddoppiare il Museo. Fra l'altro vi si trova il corredo delle tombe delle regine assire ritrovato a Nimrud, una profusione di metalli pregiati e pietre preziose: «Si parla di tonnellate d'oro», dice Invernizzi. «Ma non è tanto il peso che conta, quanto la qualità straordinaria». Fra le pieghe delle notizie giunte ieri da Baghdad, una in particolare allarma l'archeologo italiano: quella secondo cui i saccheggiatori avrebbero violati gli uffici amministrativi. «Ci sono tutti i file di documentazione del materiale conservato, i rapporti di scavo: sparito ciò, come si potrà impedire che i pezzi spariti siano venduti sulle piazze occidentali?». La piazza più importante, si sa, è l'America. E proprio nei giorni scorsi l'associazione degli antiquari Usa ha chiesto al governo di Washington di alleggerire i vincoli sulle importazioni di antichità. L'allarme dell'archeologo Invernizzi: «Negli uffici erano custoditi i rapporti di scavo, le foto e ifile di documentazione del materiale» In una foto del TG1 una delle sale devastate nel museo di Baghdad Svuotato all'epoca della Guerra del Golfo solo da tre anni aveva iniziato a recuperare le sue collezioni che s\ presentavano in pessime condizioni «Molte vetrine erano vuote, al posto di una straordinaria testa di sovrano accadico c'era una fotografia» Alcuni dei tesori custoditi nel museo di Baghdad. A lato: una sirena rinvenuta nella città di Nimrud

Persone citate: Antonio Invernizzi, Invernizzi, Sargon Ii