BAGHADAD Dopo le bombe il caos

BAGHADAD Dopo le bombe il caos D.FFICOLTÀ.MPENSATENELGESTIRESALUTEEOBDWPUr- - BAGHADAD Dopo le bombe il caos reportage Giuseppe Zaccana : - -— ■■•BAGHADAD inviato a BAGHDAD FINO a venti giorni fa il «Saddam Hospital», nella zona di Bah Al-Muaddam, era il più moderno e attrezzato della città, e per questo cominciò ad accogliere le prime ondate di feriti che giungevano dai quartieri Sud, quelli su cui si erano diretti i primi attacchi. Adesso il tanfo che promana dall'ospedale si diffonde per centinaia di metri attorno, i cadaveri sono adagiati all'aperto nelle barelle, sotto il sole, coperti alla bell'e meglio, alcune persone scavano fosse nel giardino per sotterrarli prima che sia troppo tardi. E chi non trova spazio neppure da morto, finisce ammassato con altri resti umani in un container che al più presto dovrà essere interrato così com'è, poiché nessuno troverà il coraggio di aprirlo ancora. L'inafferrabile realtà di Baghdad cambia nuovamente, spiazza sempre più l'esercito d'occupazione, lo sospinge verso compiti che non gli appartengono, lo sballotta da un'emergenza a un'altra in una sarabanda che sembra non dover finire mai. Adesso a esplodere non è l'emergenza umanitaria, giacché in questa città durava già da tre settimane, ma una vera e propria catastrofe. Pochi giorni ancora e nella- capitale dell'Iraq il rischio epidemie non sarà più controllabile se non con un sistema orribile e antichissimo: il rogo dei cadaveri in grandi pire o, se si troverà il modo di trasportarli, negli inceneritori delle poche fabbriche rimaste ancora in piedi. Oltre ai problemi tecnici ci sono quelli religiosi: l'islam non ammette la cremazione. Ma data l'emergenza, i mullah stanno cercando un escamotage per renderla lecita. Il dottor Gerd Van Morter è belga, era venuto qui come volontario subito prima che l'invasione avesse inizio, adesso la sua magrezza s'è fatta quasi spettrale e mostra occhiaie larghe due dita. Anche lui opera al «Saddam Hospital», ma dice che la situazione è simile, se non peggiore, in tutti gli altri presidi medici della città. Ormai i dottori sono costretti a lavorare con un kalashnikov a portata di mano, per impedire l'ennesima razzia. Nessuno è in grado di dire esattamente quanti feriti si | trovino negli ospedali di Ba- ghdad, quante madri abbiano abortito a causa di choc o malnutrizione, quanti siano gli ammalati cronici sovrastati anch'essi dall'inarrestabile clangore della macchina bellica. Non è possibile saperlo, perché in ogni tipo di struttura i degenti superano di tre o quattro volte la capienza, letti e brande sono sparsi dappertutto, ci sono feriti che da giorni rantolano sulle sedie e altri che vengono fatti morire per terra perché il loro letto può servire a qualcuno con migliori possibilità di salvarsi. «Parliamo di 10 o 15 mila persone a rischio immediato di morte? Non lo so - spiega il dottore -. A volte temo di esagerare nelle stime, eppure ogni giorno che passa mi accorgo che le peggiori proiezioni dell'anteguerra sono state superate. Tutti noi continuiamo a lanciare appelli alla Croce Rossa e la Croce Rossa a diffonderli nel mondo, ma fino a quando continueranno le ostilità non ci sarà colonna umanitaria in grado di entrare in Iraq a svolgere il proprio lavoro. E' per questo che stiamo cominciando a prendere in considerazione metodi più primitivi: sono orribili, lo so, ma in simili condizioni rappresentano l'unica soluzione possibile». In questo il medico belga ha parzialmente torto, proprio ieri nella capitale si sono visti i primi mezzi di «Emergency», l'organizzazione guidata da Gi¬ no Strada, ma sono arrivati dopo un viaggio lunghissimo e tortuoso e hanno potuto portare con sé poche attrezzature. Ciò che occorrerebbe, invece, è un intervento massiccio e deciso, una gigantesca opera di assistenza ospedaliera e di disinfestazione della città che comincia a scontare la mancanza di elettricità e acqua, le devastazioni degli «sciacalli», la lunga sospensione di ogni attività di pulizia delle strade e manutenzione delle fogne con un sempre più pesante sentore di decomposizione. Per impedire che una vittoria militare si trasformi in catastrofe umana e calo d'immagine, i marines possono fare ben poco. Ieri è stato ordina¬ to loro di fermare il saccheggio della città, e in qualche modo le colonne blindate sono riuscite a limitare le devastazioni, percorrendo i grandi viali e sostando minacciose nelle piazze. Grande parte della città, però, aveva già cominciato a difendersi da sé: l'altra notte si sono uditi interminabili concerti di spari un po' da tutte le direzioni; rispetto ai boati di pochi giorni fa apparivano quasi ridicoli, ma corrispondevano a sparatorie in ogni angolo, dinanzi a centinaia di negozi o a mille finestre. La Baghdad che ancora rimane in casa in attesa che torni un minimo di normalità si protegge dai razziatori nella forma più diretta e sanguinosa. Ieri mattina l'ul¬ tima nudata di feriti giunta negli ospedali era stata colpita da armi da fuoco leggere. In poche ore questa città sta perdendo gli ultimi pezzi d'identità e anche insostituibili frammenti di storia. Il bazaar di Rashid, il più antico della capitale, caotica, pittoresca, polverosa eredità della Baghdad che fu, è bruciato anch'esso con i sui portici: dove non avevano colpito le bombe americane, ha devastato la furia degli sciiti. Con molti uffici pubblici sono sparite anche importanti tracce dell'iiapianto civile: ieri, per esempio, di fronte all'ex Ufficio delle Finanze, sventolavano chilometri e chilometri di tabulati, portati via dagli uffici, in parte bruciati oppure srotolati sul marciapiede. Dalla prima mattina tre carri armati americani sono stati mandati in fretta di fronte al Comune, per evitare che si distruggesse anche l'anagrafe. . Altri gruppi hanno dato assalto al Palazzo dell'Amn AlAmna, il servizio segreto militare, nella zona di Al-Baladiak. Gridavano di voler liberare i prigionieri politici o le ultime vittime delle sale di tortura. In realtà i prigionieri erano liberi da tempo e le sale vuote, ma è stata l'occasione per saccheggiare un altro palazzo governativo. Nel tentativo di porre fine a questo scempio (e anche per limitare il rischio kamikaze) l'autorità militare americana ha deciso di riscoprire l'ultimo dei provvedimenti adottati dal regime di Saddam: viene ripristinato il coprifuoco dalle 6 di sera alle 6 del mattino. Ieri l'attentato di un'altra bomba umana è stato sventato da soldati che hanno sparato per primi, altri due marines sono morti nel tentativo d'ispezionare il deposito di munizioni scoperto in un'abitazione civile, forse era una trappola. Non basta. Adesso ai soldati americani vengono distribuiti anche manifesti con le foto dei 55 iracheni «most wanted», ovvero dell'intera leadership scomparsa. Presto quegli avvisi saranno incollati anche sui muri della città, sebbene gli iracheni conoscano bene le sembianze di Saddam, Aziz, Ramadan e degli altri fedelissimi. Non si ha ancora notizia di taglie. Una quotidiana scena di distribuzione dell'acqua. Da molti giorni, ormai, la popolazione è anche senza elettricità Cadaveri ammucchiati in un camion frigorifero presso un ospedale di Baghdad Con ogni mezzo si cerca di recuperare i cadaveri del soldati e dei civili morti durante la guerra. Ora il problema è come smaltire quel grande numero di corpi prima che si verifichino epidemie La capitale non ha più acqua corrente né elettricità né servizi di nettezza urbana Gli ospedali non sono in grado di smaltire i cadaveri, che vengono gettati in container Si progetta di bruciare i corpi su pire o dentro inceneritori industriali ma l'Islam non lo permette. Continuano "[saccheggi, le strade risuonano di sparatorie fra ladri e derubati

Persone citate: Aziz, Gerd Van Morter, Strada

Luoghi citati: Baghdad, Iraq