Milano, in carcere un marocchino di Al Qaeda
Milano, in carcere un marocchino di Al Qaeda Milano, in carcere un marocchino di Al Qaeda All'arresto si è giunti grazie a intercettazioni che parlano di possibili attentati in Italia Silvano Rubino MILANO Lo chiamano lo «specialista», ha studiato nella stessa università frequentata da Mohammed Atta, il leader del commando suicida dell'I 1 settembre. E' un uomo con provati contatti con luogotenenti di Al Qaeda, è marocchino, ha 38 anni, si chiama Daki Mohamed ed è l'ultimn arrestato nell'inchiesta della procura di Milano contro presunti aderenti a cellule di terrorismo intemazionale. Alla sua cattura si è arrivati anche grazie alle ultime intercettazioni telefoniche raccolte dagli inquirenti. L'ultima delle quali registra ima conversazione avvenuta tra due arrestati, il somalo Ciise e l'egiziano Merai, in una camera di sicurezza della Digos. Le loro parole contengono un inquietante accenno diretto a un possibile attacco a obiettivi italiani: «Loro hanno il terrore di noi - dice Merai al somalo - ma prima o poi, magari domani mattina, avranno delle notizie, perché sia gli americani, sia gli israeliani, prima o poi pagano, forse domani mattina. Adesso hanno messo anche in mezzo l'Iraq, i cani degli americani e gli israeliani, che Dio li maledica, anche i loro alleati compreso il governo italiano, qualsiasi cosa gli chiedono è a completa disposizione, gli americani li portano al guinzaglio, perché sono dei servi...». «Molto presto - aggiunge Merai - avranno una notizia, una bella cosa da vedere., e pagano perché sono cani, sono come i cani, sono figli di cane, sono maledetti, nemici di Dio, gli altri avanti e loro dietro al guinzaglio». Daki è stato portato a San Vittore sabato, ma la notizia è emersa soltan¬ to ieri sera. Secondo gli inquirenti, era l'uomo incaricato di procurare documenti falsi per i «fratelli» diretti nei campi di addestramento nel nord dell'Iraq. Soprattutto, come scrive il gip Guido Salvini nella sua ordinanza di custodia cautelare, Daki aveva trovato i documenti «che dovevano servire al somalo», Ciise Maxamed Cabdulaah, arrivato dalla Germania in Italia alla fine di marzo e arrestato nei giorni scorsi, considerato «esponente di rilievo dell'organizzazione soprattutto sul piano finanziario». Ma il nome di Daki porta dritti in Gennania, ad Amburgo, nella città in cui «sin dagli anni 2000 e 2001 - scrive il gip - ha operato una cellula messa in luce dalle indagini del Bka tedesco e probabilmente coinvolta nei più gravi attentati attribuibili alla rete di Al Qaeda». Nelle indagini delle autorità tedesche il nome di Daki era già emerso «in relazione con il nolo Ramtzi Binalshibh, leader operativo di Al Qaeda, pianificatore degli allentali dell' 11 settembre». Ramtzi Binalshibh è attualmente agli arresti negli Stali Uniti, ma quando risiedeva ad Amburgo abitava proprio a casa di Daki. Non solo: nell'ordinanza si sottolinea che tra le ultime chiamale ricevute sul telefono di Daki c'era quella ricevuta da Chami Mj Hicam, un tunisino che, secondo gli organismi tedeschi, era in relazione con Said Bahaji, «uno degli allentalori dell'11 settembre». Queste informazioni, insomma, «qualificano in maniera precisa la figura di Daki Mohamed e delle persone con le quali si è accompagnato - scrive 0 gip milanese - in particolare il Ciise la cui operatività va certamente ricondotta nell'alveo di Al Qaeda».
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