diario arabo

diario arabo Nessuno abbatté a statua di Nasser schiacciato da Israele diario arabo ORètant'anni, nel 1974, parlando con Saddam, allora «vice», colsi l'impressione ch'egli fosse un uomo d'apparato, presuntuoso ma niente affatto banale. Puntualizzò che Visdraki era soltanto il sedicente «socialismo di Nasser», il socialismno arabo vero essendo iLBaas. Vale adire, quei partito-iaeà; alquanto simile al nazionalfascismo opperò proteso verso l'unità dell'Umma, la rissosa famiglia araba, nel segno d'un welfare islamocristiano. Saddam aderì giovanissimo al Baas e presto divenne il pupillo di uno dei suoi fondatori, Michel Aflaq, un cristiano convertitosi all'isiàm, morto a Baghdad, assistito sino all'ultimo da Saddam, oramai raiss supremo e crudele. Nasser aveva frequentato l'Accademia militare, aveva imparato l'inglese all'estero, nel fatale 1948 aveva vissuto l'umiliazione che gli ebrei inflissero ai poderosi eserciti arabi scesi in campo contro la partizione della Palestina. Era un laico-credente, formatosi sul Corano e sui modet, i libri di Storia dell'Accademia. Fu l'amicizia con Heykal, grandissimo giornalista e uomo di rara cultura, a dirozzarlo. Nel gennaio del 1952, quando i Liberi Ufficiali formalmente guidati da Neghib, in fatto da Nasser, scacciarono Re Faruk prendendo il potere, uno dei congiurati. Ali Sabri, andò all'Ambasciata d'Italia. Per chiedere in prestito il volume CAT-DET della Treccani dov'era la voce Corporazioni. Il «socialismo» di Nasser nacque, dunque, da quella costola. Sembra incredibile ma così è. Ancorché diversi l'uno dall'altro (Saddam gatto selvatico, commando spietato, ladro, omicida. - Nasser, soldato da cima a piedi, duro persino implacabile ma profondamente onesto) i due erano (o furono) due dittatori. In Saddam lo smisurato potere e il gusto di esercitarlo senza pietà intisichirono i suoi talenti, corruppero il Baas (l'ala irachena) riducendolo a una sorta di KGB mesopotamico. Ai contrario Nasser si aprì al mondo: co-fondatore con Nehru, Tito e Sukarno, dello storico Movimento dei Non Allineati, ideò quel Panarabismo che inteso alla stregua di un «controsionismo» postulava la Grande Nazione araba, unita come un immenso villaggio a misura d'uomo. In queste ore di guerra, la sorte di Saddam è ancora un mistero. Invece Gamal Nasser, nel tragico 9 di giugno del 1967, ridotto in ginocchio da Israele, non solo non scomparve ma apparve: alla tv, Pallido, gli occhi bistrati da occhiaie fonde, la voce rotta disse al suo popolo che se ne andava. Aveva sbagliato, si assumeva la responsabilità della sconfitta, chiedeva perdono. Kalas: basta, tutto finito. E di colpo calò sui 500 minareti del Cairo la mannaia del blackout, il televisore annegò nel buio mentre il cielo s'accendeva dei fuochi della contraerea; poi s'udì la voce del popolo. Saliva dalle viscere del Cairo autentico, antico: quello dei morti di fame. «Nasser, Nasser» gridava il sottoproletariato egiziano plebiscitando il suo raiss. Non importa ch'egli fosse stato sconfitto: «è» comunque Gamal il vittorioso. Un buono. Saddam non ha avuto il coraggio terribile di Nasser. Al Cairo, allora, nessuno abbatté la statua di Nasser. Quando morì il popolo lo pianse e ancora c'è chi lo ricorda e lo benedice. Che Saddam sia stato schiacciato come una blatta dalle rovine d'un suo palazzo o se ne stia nascosto, non cambia nulla. Il popolo lo ha già cancellato. Recita il Corano: «Dio castiga chi vuole, perdona ciuelliche vuole» (V, 18).

Luoghi citati: Baghdad, Cairo, Israele, Italia, Palestina