AMINA MUORE

AMINA MUORE LA DONNA NIGERIANA CONDANNATA ALLA LAPIDAZIONE AMINA MUORE Chiara Saraceno AMINA non ce l'ha fatta. La corte suprema dello stato della Nigeria in cui abita ha confermato la sua condanna per lapidazione perché ha avuto una figlia fuori dal matrimonio. Le hanno concesso solo una dilazione di due mesi, perché finisca di allattare la figlia che questa sentenza renderà orfana non appena svezzata. Questo è il messaggio che corre su internet in questi giorni, invitando a firmare un appello al governo nigeriano, perché fermi l'esecuzione della condanna, come è già avvenuto una volta, in un altro caso. E ci sono almeno altre quattro donne nella stessa situazione e di chissà quante altre non ci giunge neppure notizia. Tutto ormai è stato detto non solo sull'orrore della condanna a morte (e in modo particolarmente crudele) per un reato contro la morale, ma su una giustizia che punisce in modo radicalmente diverso uomini e donne per lo stesso «reato» - non diversamente da quanto avveniva in Italia fino al 1975, anche se in modo meno cruento e irreparabile. Ora vorrei invece rivolgermi a quelle donne musulmane che fortemente e legittimamente difendono i valori della loro cultura e della loro religione, per chiedere loro se è questo che vogliono, o se non debbano invece combattere queste, come altre meno cruente, disuguaglianze di genere proprio da musulmane credenti. Di recente, in un dibattito in cui si rifletteva un po' pessimisticamente sui persistenti squilibri di potere e di risorse che caratterizzano i rapporti tra uomini e donne nella nostra società, e sui nuovi problemi posti da una emancipazione femminile che non è riuscita a modificare di molto i comportamenti maschili e le regole sociali, una donna musulmana ha dichiarato che loro non sanno che farsene di questa emancipazione. Che nella società musulmana tradizionale le donne sono contente di lasciare agli uomini il potere e il lavoro remunerato, per dedicarsi a crescere i figli, che è la cosa più importante che si possa fare. Non c'è dubbio che allevare la nuova generazione sia il compito più importante e prezioso che ha ogni generazione di adulti, di donne e di uomini. Ma se questo è il compito, come possiamo ignorare le condizioni della società, del mondo, in cui facciamo crescere i nostri figli, le nostre figlie? Come possiamo limitarci a eseguire ordini e a riparare danni? Essere responsabili della crescita dei figli oggi meno che mai può limitarsi ad accudirli e ad essere presenti per loro quando hanno bisogno di noi. Occorre anche agire, con, ma pure contro gli uomini, alcuni uomini, perché valga la pena di vivere nel mondo in cui li mettiamo. Non vale la pena di vivere in un mondo in cui le donne sono intrappolate da norme fatte da uomini arroganti e spaventati della loro libertà, in un mondo in cui le varie Amine possano essere lapidate e le loro figlie rese orfane.

Persone citate: Chiara Saraceno

Luoghi citati: Italia, Nigeria