I sindacati a Maroni: i conti pubblici non si aggiustano con le pensioni

I sindacati a Maroni: i conti pubblici non si aggiustano con le pensioni CGIL, CISL E UIL: VERTICE SOLO SULLA DELEGA. DINI: VIA AL CONTRIBUTIVO I sindacati a Maroni: i conti pubblici non si aggiustano con le pensioni ROMA La convocazione mille volte annunciata da Roberto Maroni non arriva, e intanto dalle stanze di Palazzo Chigi si moltiplicano i segnali che fanno pensare che il governo si accinga a mettere le mani sulle pensioni. E così, ieri, con una lettera inviata al ministro del Welfare Cgil, Cisl e Uil chiedono per l'ennesima volta un incontro per discutere della delega previdenziale all'esame del Senato che - in attesa di vedersi «va congelata». A scatenare la preoccupazione dei sindacati ci sono le reiterate dichiarazioni del «chief economist» di palazzo Chigi, Gianfranco Pollilo, che in queste settimane ha più volte evidenziato che per sanare il precario stato di salute dei conti pubblici e per avviare un ciclo virtuoso sia più che mai necessario accelerare la fase di transizione della riforma previdenziale Dini. Tra l'altro, attuando subito una estensione a tutti i lavoratori dipendenti del sistema di calcolo contributivo e introducendo disincentivi al pensionamento di anzianità. Immediata la reazione delle confederazioni, con la missiva a Maroni. Per il segretario generale della Cisl Savino Pezzotta, «un conto sono i conti pubblici, un conto i conti previdenziali. Se ci sono problemi, il governo convochi le parti e dica quali sono i problemi di natura economica. Le pensioni non sono il salvadanaio. Il sistema pensionistico rejjge, e se si tratta di fare cassa non si usino le pensioni». Insomma, col governo si vuole parlare solo della delega, «per vedere di modificare i capitoli della decontribuzione, del rapporto fondi aperti-fondi chiusi e della volontarietà del Tfr. Noi vogliamo discutere di questi tre temi. Altri temi non li discutiamo». In casa Cgil c'era da tempo la convinzione che per sistemare i conti pubblici resi precari dalle jolitiche economiche del governo si ìmisse a parlare di pensioni. Per il segretario confederale Morena Piccinini il problema della tenuta dei conti pubblici «è reale» ma gli effetti sui conti della politica del governo non possono essere attribuiti alla spesa previdenziale. «È inammissibile - afferma la sindacalista - che si chieda di ridurre il rendimento delle prossime pensioni o di agire con disincentivi sulle pensioni di anzianità quando proprio la delega previdenziale, con la decontnbuzione regalata alle imprese, ridurrebbe drasticamente le entrate previdenziali o costituirebbe un ulteriore aggravio sul bilancio dello Stato se il governo mantenesse l'impegno di coprire la decontribuzione con risorse fiscali». Sul fronte opposto c'è Confindustria. Per il direttore generale Stefano Parisi, «sul fronte della finanza pubblica c'è il problema di come si arriverà al 2004. Se si affronta il problema pensionistico si può arrivare al 2004 con i conti a posto. Se non lo si affronta arriveremo al 2004 con una spesa pubblica che potrà riprendere a correre. E se si riapre il rubinetto della cassa - ha proseguito Parisi - ci troveremo di nuovo con la spesa pubblica fuori controllo. Dunque, per arrivare a testa alta al prossimo anno bisognerà affrontare il problema di una riforma strutturale delle pensioni, non tanto per fare risparmi, ma per risolvere definitivamente il problema». E favorevole alle proposte di Pollilo si dichiara l'ex ministro Lamberto Dini, che parla di ipotesi «pienamente condivisibile», e dice di «ritenere auspicabile che governo e parti sociali concordino queste misure da essere introdotte al più presto». E il numero due della Uil Adriano Musi ricorda che estendere il contributivo prò rata per tutti «significa avere benefici per la spesa pubblica non prima del 2020, avendo come unico risultato la penalizzazione dei lavoratori con età contributiva poco elevata», [r. gì.)

Luoghi citati: Roma