Sorpresa, la sua vita non è solo un varietà
Sorpresa, la sua vita non è solo un varietà AL GOBETTI Sorpresa, la sua vita non è solo un varietà | SILVIA FRANCIA | Per qualcuno, una faccia stampata su un caramellona dalla forma strana, per altri, il «volto stesso» del cioccolato, l'emblema paffuto e rubicondo di quei giandujotti che da lui prendono il nome, o il simbolo in tricorno, coccarda e codino, del carnevale. Nell'immaginario di tutti, bambini ed ex bambini, il personaggio coniato a fine 700 richiama, pacioccone e buon amico di Bacco, l'idea di festa, golosità, leccornie, divertimento e simpatia. Molti, però, di Gianduja ignorano l'origine, la storia e anche, per così chre, l'impegno poUtico. Ed è alle due facce della tradizione, quella francamente ludica e quella connessa alle vicende patrie, che si rifanno autori e regista del «Gainduja», in scena da stasera al 15 al Gobetti. Prodotto da Stabile di Torino, Cooperativa Artquarium - Il Contato/Teatro Giacosa di Ivrea in collaborazione con l'Istituto per i Beni Marionetti- stici e il Teatro Popolare, l'allestimento si fonda su un copione in 4 parti scritto da Alfonso Cipolla e Giovanni Moretti e messo in scena da Eugenio Allegri, che è pure interprete con Alessandro Bressanello, Domenico Brioschi, Barbara Mautino, Marco Amistadi, Alberto Barbi, Emanuela Currao, Alessia Donadio, Claudio Palumbo e Esther Ruggiero. L'idea è quella d'intrecciare, in una sorta di varietà, il variopinto mondo della Commedia dell'Arte con la satira politica. Gianduja, infatti, nei suoi due secoli di vita ha sperimentato strette connessioni con la storia e la politica del Piemonte e dell'Italia. Tanto da diventare, nel Risorgimento, uno dei simboli più popolari dell'Unità d'Italia. «Non c'è evento - spiega la Compagnia - che non sia attraversato da Ganduja: dalle esposizioni universali alle guerre coloniali, all'inaugurazione della Fiat». Fu il fascismo, contrario a dialetti e regionalismi, a relegarlo nell'ambito del folclore locale. Con simile storia alle spalle, si capisce come mai il regista parli di uno spettacolo concepito come «atto politico». Lo spiega bene. Allegri (già applaudito interprete del «Novecento» di Baricco), nelle note di regia pubblicate nel volume «Gianduja. Una riscoperta in corso» degli stessi Cipolla e Moretti (edizioni Seb 27). «Perché scegliere di riportare in scena Gianduja - scrive il regista - ovviamente in lingua piemontese, con l'impegno di riscoprire o rivelare un personaggio teatrale, nell'illusione di riuscire anche a raccontare il mondo che lo circonda, significa fare i conti con un passato sabaudo e sciovinista da interpretare, con un presente ex-automobilistico ed extracomunitario da analizzare e persino con un futuro inimmaginabile da immaginare». Non si spaventino, gli aspiranti spettatori del «Gianduja»; lo spettacolo è brioso e divertente, intriso di quello spirito esilarante e poetico della Commedia dell'Arte, che Allegri e soci conoscono a menadito. Nell'immaginario è l'icona della frivolezza ma fu un simbolo dell'Unità d'Italia relegato nel folclore dal fascismo Lo spettacolo diretto da Eugenio Allegri e scritto da Alfonso Cipolla e Giovanni Moretti offre un brioso ritratto
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