Torino non vuole un «aerogrill»
Torino non vuole un «aerogrill» Torino non vuole un «aerogrill» CHE differenza c'è fra quella che era la Sagat pubblica, prima del dicembre 2000, maggior azionista la Città di Torino, e la Sagat «privatizzata» con l'entrata ma solo al 41,33 per cento - del cosiddetto «partner strategico», cioè la cordata Benetton? Se i bilanci, la carta dei servizi e i comunicati dell'azienda dicono che c'è stato un miglioramento, la percezione del pubblico - ma anche di molti amministratori pubblici - è diversa. In sostanza la «vecchia Sagat», con tutti i suoi Umiti, operava più in sintonia con il territorio, investiva nell'incremento dei collegamenti, in una parola era al servizio della Città e della Regione. Al nostro servizio. Ora il partner strategico, grazie a un patto parasociale a suo tempo firmato dall'assessore Peveraro, grande regista della «mezza privatizzazione», ha la delega più ampia per la gestione, ben oltre quel 41,33 per cento che possiede. E non è detto che l'obbiettivo naturale della società - il maggior profitto - sia in sintonia con gli interessi della Città, anche se ogni decisione è sempre approvata dal consiglio di amministrazione. Di certo la conflittualità sindacale è aumentata e il cambio quasi totale del gruppo dirigente ha rotto quello «spirito aziendale» che in passato si era rivelato cosi importante, anche nelle emergenze: il disastro del 12 dicembre scorso (aeroporto bloccato per dieci centimetri di neve) è la prova emblematica di questo sco lamento. L'amministratore delegato pare non gradire troppo di essere «convocato» dall'azionista Comune, «che le risposte - fa dire da un portavoce può averle in assemblea». E il Comune, forse, vorrebbe che Caselle fosse gestito come l'aeroporto internazionale di Torino, non come un «autogrill» per aerei, un «aero...grill». [g.b.]
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