Svolta a Mediobanca Maranghi se ne va Galaterì presidente

Svolta a Mediobanca Maranghi se ne va Galaterì presidente FINISCE UN'EPOCA PER L'ISTITUTO A LUNGO GUIDATO DA ENRICO CUCCIA. NUCLEO IN EQUILIBRIO CON L'INGRESSO DEI SOCI FRANCESI Svolta a Mediobanca Maranghi se ne va Galaterì presidente I grandi azionisti approvano le modifiche al patto di sindacato n serata Tronchetti, Geronzi, Bollore e Ben Ammar convincono l'ad a farsi da parte. Poteri operativi per il nuovo «numero uno» Flavia Podestà MILANO Vincenzo Maranghi getta la spugna. Rimasto solo - dopo il voto compatto dell'assemblea del sindacato di blocco sui nuovi assetti societari e il nuovo patto di sindacato - si dimette. Ci mette tre ore prima di decidersi a cedere alle pressioni di Marco Tronchetti Provera e Cesare Geronzi, Vincent Bollore e Tarak Ben Ammar, ossia i soci incaricati dall'assemblea del patto ad andare in piazzetta Cuccia a prospettargli gli ultimi dettagli di una intesa che era già stata digerita dal direttivo del patto oltre una settimana fa, e per fargli capire che non c'erano più margini per trattare aggiunte: ma si dimette. Qualcuno dirà che in Mediobanca finisce un'epoca: formalmente è vero anche se l'epoca era finita dal 1999. Tra una settimana - quando l'amministratore delegato e il presidente Francesco Cingano avranno sgombrato i loro uffici - si aprirà, comunque, una nuòva stagione: all'insegna di Gabriele Galateri destinato a raccogliere il testimone della presidenza, arricchita di deleghe. Come amministratore delegato Maranghi non avrà successori, almeno per il momento. Sono questi gh elementi essenziali della giornata più lunga per gli azionisti della Mediobanca: i vecchi chiamati a rivedere gli equilibri disegnati all'atto della privatizzazione ormai tredici anni fa e poi via via corretti senza traumi nel corso degli anni; i nuovi (ossia i francesi rappresentati da Vincent Bollore) che nel capitale della banca d'affari sono entrati alla chetichella e che, con gli ultimi accordi, hanno finito la quarantena che li teneva fuori dalla stanza dei bottoni. Una giornata che era iniziata con l'arrivo alla spicciolata dei grandi azionisti della banca d'affari milanese, che sono in buona parte anche il gotha del capitalismo nostrano, presso la sede dell'Unicredito Italiano in via San Prospero: Geronzi si affaccia insieme a Berardino Libonati, Ennio Doris ha accanto anche Claudio Sposito (ma se ne andrà rapidamente perché altrove l'attende la convention della Mediolanum); stessa toccata e fuga per Gilberto Benetton, mentre si fermeranno sino alla fine, tra gli altri, Piergaetano Marchetti, Giampiero Pesenti e Luigi Lucchini, Antoine Bernheim e Giovanni Perissinotto, Jonella Ligresti, Alessandro Barberis (per la Fiat) e Giancarlo Cerutti. Alessandro Profumo e Carlo Salvatori fanno gli onori di casa e alla fine non mancheranno di manifestare la loro soddisfazione per il lavoro svolto e il risultato ottenuto. La giornata esordisce all'insegna della compattezza su un punto: stop alle guerre. Lo si capisce ben prima che finisca la prima riunione. Tre ore e mezza ha impiegato l'assemblea del patto di sindacato per rileggere, alla presenza di tutti gli azionisti, i singoli punti della bozza di nuovo patto - approvata dal direttivo del sindacato di blocco in vigore da oltre una settimana - e per dare alla fine il viatico della definitiva corale benedizione. Fin dalle prime battute, però, è stato chiaro a tutti che «U complesso dei grandi azionisti della banca d'affari milanese - riassumeva un socio da sempre super partes - era deciso a chiudere in modo elegante e senza traumi, ma definitivamente una vicenda che era durata già troppo a lungo». Tutti i punti venivano formalizzati, salvo quello relativo ai nuovi vertici dell'istituto milanese di piazzetta Cuccia per la semplice ragione che - non essendoci sul tavolo le dimissioni del presidente Francesco Cingano e dell'amministratore delegato Vincenzo Maranghi - mancava il requisito fondamentale: la necessità di dare un volto ed un nome a poltrone rimaste sgombre. Ciò non impediva agli azionisti - che, per la prima volta dall'avvio degli atti di belligeranza nei dintomi di piazzetta Cuccia (e tra questi va inserita anche la scala¬ ta alle Assicurazioni Generali, di cui ieri non si è mai parlato) si venivano a trovare tutti vis à vis - di costruire il canovaccio sul quale, a tempo debito (e, a questo punto, entro la fine della settimana) permetterà al consiglio di amministrazione di completare la parte alta dell'organigramma della banca d'affari milanese. Con la nomina di Galateri alla presidenza - con deleghe come si è detto - di Alberto Nagel a direttore generale e di Renato Pagliaro a condirettore generale. La soluzione scelta permetterà la immediata operatività del nuovo vertice, non richiedendo modifiche statutarie. L'organigramma è rimasto, ovviamente, nel cassetto in attesa che maturassero gli eventi in Mediobanca. Eventi che erano stati preparati nel corso dei numerosi incontri che alcuni azionisti - e tra loro certamente i francesi - avevano avuto con l'amministratore delegato della banca d'affari per costruire insieme un percorso che permettesse a Maranghi di uscire di scena con dignità ed evitasse ad alcuni azionisti che rifiutavano la prospettiva di un licenziamento, di doverlo sfiduciare per liberare la sua poltrona, chiudere l'ultima contrastata fase di vita della banca d'affari e voltare pagina. Ieri infatti non si è votata la sfiducia all'amministratore delegato, perché sul tavolo dell'assemblea del patto di sindacato era giunta una nota con cui Maranghi indicava le condizioni - di difesa dell'autono¬ mia dell'istituto, di tutela dei suoi uomini (onde evitare pericolose fughe verso concorrenti esteri), e di normale garanzia per sé alle quali avrebbe accettato di rassegnare le dimissioni. Per questo la giornata, per il poker di azionisti incaricato di affrontare Maranghi, ha avuto un seguito in piazzetta Cuccia, a distanza di cento metri da dove si era tenuta l'assemblea del patto. Non si sa cosa si siano detti Tronchetti e Geronzi, Bollore e Ben Ammar una volta a quattr'occhi con l'amministratore delegato. Si presume che l'incontro non sia stato del tutto agevole se la missione in piazzetta Cuccia è durata più di tre ore e mezza. Si sa, però, che i quattro alla fine hanno potuto brindare alla missione compiuta perché, lasciando piazzetta Cuccia, Bollore ha fatto sapere che Maranghi si era dimesso. Dalla Mediobanca, come d'uso, non è uscito un cenno: per una banca d'affari, un autentico pregio. L'epilogo si è svolto a mercati chiusi, ma Piazza Affari da giorni ha scontato la fine della vicenda: i titoli dell'istituto di piazzetta Cuccia, ieri, hanno guadagnato il 2,7n7o in una giornata di euforia per i bancari; ma il profumo di mevitabile tregua che per tutto marzo ha soffiato sulla banca d'affari ha prodotto una perdita del 20,l'!h del valore a fronte di una caduta del Mib30 del 6,5?'n e del Mibtel del 6^0: le Generali, nello stesso periodo, hanno perso il 200zi,. Trovata un'intesa che non crea traumi Formalizzati gli assetti proprietari Per le nomine ci vorrà un consiglio ad hoc Il titolo reagisce positivamente e guadagna quasi tre punti in Borsa LE REGOLE DEL PATTO LE REGOLE DEL PATTO VECCHIO Tetto del 20Zo solo per i soci non bancari Per le banche non vi era limite NUOVO Tetto del 20Zo per tutti eccetto : ——.—;T-— Unicredit (max 607o) Capttailta (max 60Zo) Boiloré {max S'ft) future nuove concentrazioni (40Zq) IL CONSIGLIO D'AMMINISTRAZIONE 1 presidente . , ^ ' 2 vicepresidenti ^ZZ 1 Presidente , T amministratore delegato 8 rappresentanti 8 per le banche 7 delegati soci m 6 per i socf iK3u^r~—Z 4 iSl^'S 3 indipendenti (2 designati dalle banche, 1 dai soci industriali) J 1 presidente 8 rappresentanti banche 7 delegati soci industriali 4 investitori esteri' (in particolare francesi) MAGGIORANZA RICHIESTA Delibere Delibere special^ 750Zo Gabriele Galateri sarà il nuovo presidente di Mediobanca

Luoghi citati: Mediobanca, Milano