«Fuoco amico» sull'alleato curdo, 18 morti di Paolo Mastrolilli

«Fuoco amico» sull'alleato curdo, 18 morti L'AVANZATA ALLEATA SUL FRONTE NORD BLOCCATA DOPO UN TRAGICO ERRORE NEL KURDISTAN UN AEREO AMERICANO HA COLPITO UNA COLONNA IN MARCIA «Fuoco amico» sull'alleato curdo, 18 morti Gravemente ferito il fratello di Massud Barzani, Wajy Paolo Mastrolilli NEW YORK Le bombe americane, che ieri hanno ucciso per errore almeno 18 guerriglieri curdi, hanno ricordato al mondo che nella guerra irachena c'è anche un fronte Nord. Quasi dimenticato sul piano strategico, dopo il rifiuto della Turchia di far passare le truppe Usa, ma fondamentale per gli equilibri politici futuri nella regione e per l'industria petrolifera. La regione settentrionale dell' Iraq, montagnosa e verde, è abitata dalla minoranza curda, una popolazione non araba che aspetta a nascita del suo Stato indipendente dalla fine della Prima Guerra mondiale, quando il presidente americano Wilson lo inserì nei famosi quattordici punti con cui intendeva negoziare il trattato di pace. I curdi sono l'etnia più grande al mondo senza una patria, ma i suoi 25 milioni di membri sono distribuiti in almeno quattro stati: Iraq, Turchia, Iran e Siria, con qualche presenza anche in Armenia. In sostanza creare il loro Stato, anche solo nelle regioni irachene, metterebbe a rischio gli equilibri dell'intera regione. Perciò gli americani vogliono controllare le mosse dei guerriglieri curdi, e garantire che nel dopoguerra si accontentino dell'autonomia in una nuova federazione. Saddam aveva sempre represso questa minoranza, scacciandola dalla ricca zona petrolifera intorno alle città di Kirkuk e Mossul. Poi nel 1988, accusando i curdi di essersi alleati con gli iraniani, aveva lanciato la famigerata campagna Anfal, guidata dall'altrettanto famigerato «Ali il chimico». Le truppe di Baghdad avevano lanciato i gas nella città di Halabja, provocando una strage di civili che ancora oggi viene citata come una delle ragioni morali per rovesciare Saddam. Dopo la Prima Guerra del Golfo i curdi si erano ribellati e il Raiss li aveva ancora schiacciati, perché gli americani non erano intervenuti ad aiutarli. Da allora in poi, però, le regioni del Nord hanno vissuto in condizione di autonomia, protette dalla no-fly zone imposta da Washington. Fino all'inizio della nuova guerra quell'area era divisa in tre parti: la zona occidentale era controllata dal Partito democratico del Kurdistan (Pdk) di Massud Barzani, quella orientale dall'Unione patriottica del Kurdistan (Puk) di Jalal Talabani, e al confine con l'Iran si era insediato Ansar al Islam, un gruppo considerato terroristico e alleato di Osama bin Laden. Le basi di Ansar sono state distrutte dai bombardamenti americani, mentre i guerriglieri del Pdk e del Puk, cioè i famosi peshmerga, «coloro che affrontano la morte», si sono uniti alle truppe speciali di Washington nel tentativo di cacciare gli iracheni da Kirkuk e Mossul. Questo fronte Nord, secondo i piani originari del Pentagono, doveva essere aperto dai 62 mila uomini della Quarta divisione di fanteria, ma il Parlamento turco dominato dalla nuova maggioranza del partito islamico ha negato l'ingresso. Quindi le navi della Quarta divisione sono state dirot¬ tate verso il Kuwait, e nel Kurdistan è scattato il piano B, con il lancio dei circa 1.200 paracadutisti della 173" Divisione partiti da Vicenza. Questi uomini e quelli delle forze speciali si sono uniti ai peshmerga, per ripetere lo schema già riuscito in Afghanistan con l'Alleanza del Nord. Però hanno un doppio compito: da una parte devono cacciare gli iracheni da Kirkuk e Mossul, ma dall'altra devono impedire ai curdi di prendere le città, per evitare che la Turchia si senta minacciata e decida di invadere la zona settentrionale del Paese. In questo quadro complicato è avvenuto l'incidente di ieri. Secondo il racconto di Hoshyar Zebari, portavoce di Barzani, una colonna di circa dieci mezzi si stava muovendo verso Dibagah, 25 miglia a sud di Erbil, capitale del Kurdistan autonomo. A bordo c'erano guerriglieri curdi e uomini delle forze speciali americane, e la missione era attaccare gli iracheni per spingerli verso Sud. La singolare forza composta dai peshmerga, i Berretti verdi e i paracadutisti è arrivata a circa 20 miglia da Kirkuk e Mossul, e quindi ormai si tratta di decidere se lanciare l'assalto definitivo alle due città. I militari di Saddam però resistono, perché il terreno lo consente e non hanno davanti i 62 mila uomini previsti, e quindi gli americani si fanno aiutare dai raid aerei. Ma un pilota ieri ha sbagliato bersaglio. colpendo la colonna alleata in cui viaggiava anche il giornalista della Bbc John Simpson. «E' stata una scena d'inferno - ha raccontato -, c'erano corpi che braciavano ovunque». Quando il bombardamento è finito almeno 18 peshmerga erano morti e 45 feriti, tra cui il fratello di Barzani, Wajy, e tre comandanti del Pdk, Saeed Abdullah, Abdul Rahman e Mamasta Hehman. Non dovrebbero esserci vittime americane, ma il comando centrale sta anco¬ ra indagando e forse ci sono feriti. Gli uomini colpiti sono stati portati all'ospedale di Erbil, ma il fratello di Barzani è in condizioni gravi e l'hanno dovuto trasferire in una base americana in Germania per cure urgenti. Questa offensiva ovviamente è stata bloccata, ma poco lontano i peshmerga e i para hanno preso comunque la città di Ain Sifni, avvicinandosi a Mossul. Zebari ha detto che «l'incidente non cambierà in alcuna maniera la nostra collaborazione con le forze americane». Il problema, però, è capire quale sia la vera strategia di Washington in questa regione, che oltretutto apre la strada verso Tikrit, la città originaria di Saddam. Fonti militari sostengono che il Pentagono potrebbe aspettare di vedere gli sviluppi a Baghdad, prima di lanciare l'offensiva su Kirkuk e Mossul: primo, perché non ha abbastanza uomini per essere sicuro della vittoria; secondo, perché gli equilibri politici della regione sconsigliano una parata vittoriosa dei peshmerga nelle due città, che potrebbe sembrare il preludio dell'indipendenza e incoraggiare disordini almeno in Turchia. Dopo la caduta di Baghdad, invece, la resistenza irachena dovrebbe sciogliersi, rendendo molto più facile il controllo della situazione. I curdi, del resto, lo sanno. Un loro antico detto sostiene che «noi non abbiamo amici, all'infuori delle montagne». Uno dei veicoli del convoglio curdo distrutti dal foit l ii i è Uno dei veicoli del convoglio curdo distrutti dal «fuoco amico»: questa la scena in cui si è imbattuta, presso Hwaira, una successiva colonna di peshmerga in marcia verso il Sud Wajy Barzani, fratello di Massud Barzani, il leader curdo del Pdk I peshmerga con le forze speciali Usa procedevano verso Dibagah con una colonna di dieci mezzi I feriti sono 45 . Nella regione ' combattono anche i soldati della 173a aviotrasportata provenienti dalla base di Vicenza Un soldato della 173" aviotrasportata durante gli scontri all'aeroporto di Harir