L'AGGUATO Fra i tank Usa distrutti alla periferia di Baghdac di Giuseppe Zaccaria

L'AGGUATO Fra i tank Usa distrutti alla periferia di Baghdac CKETAHLC^^ L'AGGUATO Fra i tank Usa distrutti alla periferia di Baghdac reportage Giuseppe Zaccaria inviato a BAGHDAD LA capitale è circondata, ai civili che vogliono abbandonarla resta soltanto una via di fuga, r«Highway Number Two», l'autostrada che porta verso Nord-Est in direzione di Kirkuk. Il campo di battaglia suburbano che adesso stiamo perlustrando mostra come nella sovrapposizione mediatica fra menzogne e vanterie l'ultimo slogan del quartiere generale americano contenga una sostanziale verità e una grossa bugia. «Controlliamo le vie d'accesso alla città, possiamo entrarvi come e quando vogliamo», dicono i generali dell'armata d'invasione. Dimenticano di precisare a prezzo di quali perdite, poiché i rehtti in cui continuiamo ad imbatterci non sembrano raccontare di una passeggiata verso il centro nella città dei Califfi, né di ima esibizione di muscoli, quanto di una incursione che ha avuto un prezzo. Gli iracheni lo quantificano in cinquanta nemici uccisi, gli americani ammettono la perdita di un solo soldato (forse, quel povero Diaz cui gli iracheni avevano tolto la giubba). Questo però non è il teatro di una esercitazione, in poche centinaia di metri vediamo gli scheletri di quattro carri armati «Abrams», di due trasporti truppe e di qualcosa che fino all'altro ieri doveva essere stata una camionetta. Gli iracheni, è ovvio, hanno subito perdite enormemente superiori, chi dice mille chi duemila uomini, e rispetto all'altro pomeriggio non c'è più traccia dei vecchi «T72» di Saddam, le cui spoglie evidentemente sono state tramate via. Il punto però oggi non è tanto di capire se nell'incursione dell'altra mattina gli Stati Uniti abbiano perso uno, dieci o cinquanta soldati, quanto di rendersi conto che non è stata fatta una passeggiata e che le prossime incursioni verso il centro rischiano di costare perdite di vite umane difficilmente sostenibili per l'amministrazione Bush. Siamo a Dorah, sobborgo meridionale dal quale un paio di settimane fa cercherò di immaginare come avrebbe potuto svolgersi l'invasione e quale sarebbe stato il tipo di resistenza: oggi dinanzi a tanta devastazione possiamo dire che non c'era bisogno di grandi strateghi per immaginare il prossimo futuro. Sull'autostrada per Karbala, poco dopo gli scheletri dei due trasporti truppe persi nella sabbia, la carcassa bruciata di un «Abrams», il più potente e moderno dei carri armati, blocca di traverso la carreggiata che va a Sud. C'è un enorme squarcio nella fiancata sinistra, qualcosa che difficilmente le armi irachene avrebbero potuto produrre: forse, visto perduto il carro gli stessi americani hanno inquadrato il mostro supertecnologico per metterlo definitivamente fuori uso. Questa guerra continua ad essere tanto mediatica quanto evasiva sugli accadimenti reali: dalla carcassa di questo carro e degli altri tre che si vedono poche centinaia di metri più in là, sembra facile immaginare equipaggi carbonizzati assieme con i loro mezzi. In questo momento intomo a qualche decina di milioni di dollari e ad un mazzo di uomini finiti in cenere, la solita banda di civili, «Fedayn» e guardie repubbhcane festeggia e spara in aria, sale sulle lamiere contorte per farsi riprendere e colpire a scarpate il simbolo distrutto dell'invasore. C'è molta eccitazione in giro, ed altrettanto nervosismo. Ma cosa è accaduto esattamente a Dorah l'altra mattina, mentre la pressione mediatica statunitense dava la colonna di carri quasi avviata verso il centro di Baghdad? In questo caso abbiamo un testimone diretto. L'altra mattina il nostro autista era scomparso, e poiché abita a Dorah era evidente come fosse rimasto prigioniero degli scontri, stamane è riapparso e adesso ci sta guidando nella ricognizione. «La battaglia racconta - è cominciata l'altro ieri verso le cinque del mattino ed è finita solo intomo alle dieci: i carri armati arrivavano da Jarmuk, in direzione dell'aereoporto, hanno attraversato le stradine di Dorah senza trovare resistenza eppoi un altro sobborgo. Non potevano aspettarsi di trovarsi sotto il fuoco incrociato una volta giunti sull'autostrada». In effetti, osservando il terreno ci si sarebbe potuti attendere tutto tranne che un agguato. Qui, la «Karbala Street» si impenna in diversi viadotti che poi partoriscono svincoli, ancora adesso sotto i piloni si nascondono carri iracheni, artiglieria pesante, camions e batterie di calibro più piccolo che si proteggono sotto il cemento armato dell'autostrada. Tutt'intomo, le prime costruzioni distano 3-400 metri, sia da una parte che dall'altra. Eppure l'agguato è riuscito a scattare perfino qui. Continuando a guidare verso Sud l'autista spiega: «Vede quei capannoni a sinistra? Appartengono alla Scania, la società svedese che produce camion: i carri della Guardia Repubblicana erano nascosti lì dentro e nel palmeto appena più in là, quello parzialmente coperto da un muro. E vede quelle ville dalla parte opposta? Anche lì c'erano dei carri ma soprattutto, nascosti nei giardini e nei sottoscala, diverse decine di pezzi d'artiglieria e molti Fedayn armati di RPG, i lanciamissili a spalla». Anche arrivando qui, poco fa, avevamo notato furgoni che trasportavano giovani volontari di Oudaj Hussein coi lanciarazzi orgoglio- samente branditi, chissà se a bloccare i cingoli degli ((Abrams» sono stati i razzi o quei vetusti pezzi di artiglieria. Fatto sta che per la sortita mediatica dell'altra mattina i reparti americani hanno pagato un prezzo piuttosto salato. Nulla di paragonabile, giova ripeterlo, alle perdite inflitte agli iracheni (adesso si parla di quasi duemila uomini) ma comunque una tassa che gli stati maggiori hanno tenuto segreta per due giomi e soltanto adesso, dopo le immagini televisive, ammettono parzialmente. Il dubbio si rafforza, dunque: se in un terreno aperto, in un'area suburbana la colonna degli ((Abrams» ha subito queste perite, cosa dovranno aspettarsi gli invasori nel momento in cui entrassero nell'abitato, quante perdite sarebbero disposti a sopportare, e quanto a lungo? Saddam Hussein ed i suoi continuano a puntare tutto su questo elemento. Ieri il «raìss» si è fatto vivo col solito messaggio televisivo letto da altri per esortare i reparti delle forze armate ad «unirsi alla più vicina unità combattente proseguendo la lotta contro il nemico». Indirettamente, questa è l'ammis- sione che l'esercito regolare iracheno è praticamente in rotta, ma più che una variabile questa rappresentava una certezza fin dall'inizio dell'invasione: la guerra vera, una guerra che minaccia di rivelarsi lunghissima, comincia adesso, e si svolgerà soprattutto a Baghdad City, palazzo per palazzo, imboscata per imboscata. In seguito il Raiss è apparso alla tv satellitare, sorridente e col solito sigaro, in una riunione a cui partecipavano anche i figli. La pressione sulla città aumenta di ora in ora, i «jet» sorvolano continuamente a quota sempre più bassa, si bombarda a Sud ma anche a Nord-Est, come preparando una nuova incursione di terra. I tiri delle artiglierie adesso possono raggiungere anche il centro, e lo fanno. Gli iracheni rispondono con raffiche di «katjusha», imprecisi quanto devastanti. La gente esce sempre meno, fa sempre più caldo, l'elettricità continua a mancare, i mercatini sono ridotti al minimo, l'acqua scarseggia, comprare delle bottiglie di minerale è quasi come recarsi in gioielleria. Tutt'intomo, per un diametro di quasi 120 chilometri, Baghdad è accerchiata in ogni direzione da tre brigate americane e dai marines ad Est. Tra due o tre giomi le piste dei due aeroporti conquistati (ce n'è anche uno militare ad una trentina di chilometri dal centro) consentiranno agli invasori di far giungere rinforzi e rifornimenti, consolidare le posizioni e predisporsi ad un lungo assedio. Finora gli iracheni denunciano solo nella capitale 1252 morti e 5103 feriti fra i civili. Il governo ha decretato il coprifuoco dalle 16 alle 6 del mattino. All'imbocco della autostrada per Kacbala ci sono gli scheletri di 4 carri armati Abrams di due trasporti truppe e di una camionetta Gli iracheni hanno pagato l'imboscata con migliaia di perdite Racconta un testimone «L'esercito aveva nascosto blindati e cannoni dietro i pilastri di cemento e nei cortili delle case. C'erano molti fedayn armati di lanciarazzi. La battaglia è durata cinque ore» Iracheni festeggiano intorno al relitto del carro armato Abrams distrutto in un agguato alla periferia Sud di Baghdad

Persone citate: Abrams, Bush, Diaz, Saddam Hussein

Luoghi citati: Baghdad, Kirkuk, Stati Uniti, Usa