La Rice: fuori l'Onu dall'Iraq del futuro di Maurizio Molinari

La Rice: fuori l'Onu dall'Iraq del futuro SI PREPARA UN'AMMINISTRAZIONE LOCALE DA AFFIANCARE A QUELLA DI OCCUPAZIONE La Rice: fuori l'Onu dall'Iraq del futuro Per a consigliera di Bush «la ricostruzione spetta a Usa e Gb» Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK «Abbiamo mantenuto la nostra promessa, la liberazione dell' Iraq è vicina, sono in arrivo navi-cargo cariche di grano dell' Oklahoma, del Kansas e del Texas». Nelle parole destinate agli iracheni dal presidente americano George Bush, nel suo messaggio radiofonico settimanale, c'è l'annuncio che il dopo-Saddam sta per iniziare. E' previsto per domani l'esordio dell'ex generale Jay Gamer nelle vesti di capo dell'Ufficio per la ricostruzione e l'assistenza umanitaria (Orba): sarà in Kuwait per illustrare il primo assetto territoriale dell'amministrazione militare con l'ex generale Buck Walters responsabile dell'area Sud, l'ex generale Bruce Moore dell'area Nord e l'ex ambasciatore in Yemen Barbara Bodin delle regioni centrali. L'Orba si insedierà martedì nella città-porto di Umm Qasr, nello Shatt el Arab, dove stanno per arrivare le navi di cui ha parlato Bush: c'è grano a suflicienza per sfamare 4,5 milioni di iracheni per un mese. Ma è solo l'inizio di una operazione di assistenza umanitaria la cui logistica si annuncia pari a quella dell'intervento militare. Ulteriori quantitativi di aiuti alimentari sono in arrivo da parte del Programma alimentare mondiale dell'Onu per terra attraverso la Turchia dopo il via libera garantito dal governo di Ankara al segretario di Stato, Colin Powell. «Siamo al primo passo dell' amministrazione civile dell'Iraq spiega un portavoce del Pentagono - e l'intenzione è di ristabilire al più presto la sovranità del popolo iracheno». Bush dice di aver mantenuto la promessa fatta agli iracheni e agli americani: «Portiamo aiuti a un popolo che soffre da troppo tempo ma portiamo anche qualcosa in più, la speranza. Gli Stati Uniti e i loro alleati avevano promesso di agire se il dittatore non avesse disarmato e il regime ora si rende conto che abbiamo mantenuto la promessa fatta di liberare gli iracheni e di difendere la nostra sicurezza, per evitare di consentire ai nostri nemici di complottare un nuovo 11 settembre, questa volta con armi di distruzione di massa». A sostenere Bush c'è un'opinione pubblica solidamente a favore dell'amministrazione. Un sondaggio del «Los Angeles Times» lascia pochi dubbi sui sentimenti degli americani: più dei tre quarti sostengono la guerra, inclusi due terzi dei «liberal» e il 700Zo dei democratici, e la popolarità del Presidente è al 680Zo rispetto al 56 di inizio febbraio. Il sostegno alla guerra resterebbe al 6207o anche se non dovessero essere trovate armi di distruzione di massa e r8007o dei favorevoli alla guerra sarebbero pronti a continuarla anche contro la Siria e l'Iran. In una tale cornice politica la macchina dell'amministrazione si prepara a lanciare la campagna per la rielezione del 2004 con il consigliere politico di Bush, Karl Bove, già in campo negli Stati del Mid-West per mettere le basi di un'offensiva elettorale nel segno della sicurezza nazionale. I sondaggi disegnano però an- II PresidentmantenutoOrmai la libè vicina e gin arrivo nadi grano dedel Kansas «Abbiamo e promesse razione sono cariche Oklahoma del Texas» che quello che sembra essere il tallone d'Achille di Bush nella fase della ricostruzione: appena il 30nZo è favorevole a un dopoguerra solo a guida Usa senza alcun ruolo delle Nazioni Unite. Powell vorrebbe favorire il veloce insediamento di un'autorità civile a guida Onu a fianco di quella militare americana, ma il consigliere perla sicurezza, Condoleezza Rice, la pensa diversamente. «Non l'Onu ma i Paesi che hanno dato vite e sangue per la liberazione dell'Iraq - ha detto devono avere un ruolo guida nella ricostruzione». La Rice è il più stretto consigliere di politica estera di Bush ed esprime l'opinione del vicepresidente, Dick Cheney, e del capo del Pentagono, Donald Rumsfeld. «L'Iraq non è Timor Est, il Kosovo o l'Afghanistan - sono le sue parole riportate ieri dal «New York Times» -. In questo caso è naturale aspettarsi che chi ha partecipato alla coalizione sia protagonista del dopoguerra». Nel progetto-Rice a fianco dell'amministrazione militare guidata da Gamer se ne insedierà una civile irachena, senza passare attraverso l'Onu. Proprio la Rice è protagonista di una delicata mediazione fra Powell e Rumsfeld sull'organigramma della nuova amministrazione civile: a fronte delle pressioni del Pentagono per assegnare un ruolo di primo piano agli esuli, soprattutto a quelli del Consiglio nazionale iracheno di Ahmed Chalabi, il suo tentativo è di dar vita a un esecutivo che, come sostiene Powell, dia largo spazio a figure dell'Iraq di oggi. Bush sembra condividere quest'ultima opinione, preoccupato dal fatto che chi manca dal Paese da molti anni - in certi casi da decenni - non sia in grado di occuparsi di questioni pratiche come la gestione di strade e risorse idriche. A spingere Bush in questa direzione è anche il precedente palestinese: uno dei motivi del fallimento dell'Autorità istituita nel 1994 è ritenuto il fatto che venne affidata agli esuli, emarginando i leader locali di Cisgiordania e Gaza. Il Presidente americano ha esposto i progetti di ricostruzione dell'Iraq ieri in colloqui telefonici con il premier spagnolo José Maria Aznar, alleato di ferro nella battaglia diplomatica perduta all'Onu, e con il presidente russo Vladimir Putin, contrario alla guerra al pari di Francia e Germania. L'opposizione a una guida solo angloamericana della ricostruzione è forte fra i partner europei, favorevoli a investire l'Onu della responsabilità. Washington d'altra parte non vuole tornare a passare attraverso il Consiglio di Sicurezza se questo dovesse imphcare un nuovo braccio di ferro con Francia, Germania e Russia sul testo della risoluzione sul dopoguerra. Il rischio di una nuova crisi politica simile a quella che divise il Consigho sulla guerra è reale. E, come avvenuto in quella occasione, anche adesso è il premier britannico Tony Blair a indossare i panni del mediatore: dopo i colloqui avuti negli ultimi giorni con francesi e tedeschi domani a Belfast, in Irlanda del Nord, incontrerà Bush nel tentativo di trovare un compromesso. II Presidente: «Abbiamo mantenuto le promesse Ormai la liberazione è vicina e già sono in arrivo navi cariche di grano dell'Oklahoma del Kansas e del Texas» Una donna irachena con un bambino in braccio si avvicina alle truppe americane per chiedere aiuto