Il «detenuto modello» tutto cucina e lettura

Il «detenuto modello» tutto cucina e lettura IL PRIMO SERIAL KILLER RECIDIVO HA SAPUTO DELLA SUA CONDANNA GUARDANDO LA TV Il «detenuto modello» tutto cucina e lettura Nel supercarcere di Cuneo non ha mai voluto incontrare il legale: «Il processo è una farsa» retroscena El lui, il primo serial killer «recidivo» della storia d'Italia, che pensa, adesso, con tutti quei milioni di euro da pagare e i secoli di carcere da scontare? Niente. A un passo da una comparsata in tv, che non si nega a nessuno - figurarsi a Minghella, il più prolifico assassino di donne della storia criminale di questo paese - con tanto di permessi e autorizzazioni già firmate, ha detto «no, grazie, non mi interessa». Addio brividi di paura nazional-popolari. Fedele alla linea, cioè; «Processo farsa, accuse costruite per smaltire i fascicoli dei delitti insoluti, congiura della polizia e del pm Sparagna, che mi piacerebbe anche uccidere. Assomiglia al mio patrigno, quello che picchiava mia madre e che io sognavo di strangolare, da dietro, con una corda al collo». Lo ha spiegato serafico ai periti, che lo hanno però dichiarato «sano di mente». Beh, proprio sano no. Un po' «disturbato», un soggetto «cluster b», ma in grado di sostenere il processo. Dicono che abbia sentito della condanna in tv, senza interrompere per nulla il suo ciclo virtuoso di detenuto modello. Sveglia presto, ginnastica con i manubri fai da te, pranzo in cella (Maurizio è un bravo cuoco, raccontano le sue numerose donne), lettura di libri prelevati in biblioteca e consigliati dagli insegnanti della scuola intema («Così scrivo meglio le mie lettere», spiegò a Marika S., ex convivente). Nel suo scaffale prevalgono romanzi, i classici, e la storia, immagini e foto, della Sampdoria, la sua squadra del cuore. Un bel libro dalla copertina rosa con la cover di un tal Tito Cucchiaroni, antico e mitico centravanti. Eskimo e sciarpa blucerchiata, cosi apparve Maurizio in una celebre immagine dopo il primo arresto a Genova. 1 vecchi amori non si scordano mai. Blindato nella sua cella del supercarcere di Cuneo, sottoposto a un regime duro di sorveglianza dopo l'evasione di Biella, conta i giorni che lo separano dalla libertà. «Facciamo due calcoli - Spiega Ramondini, che ha svolto la sua missione impossibi- le con serietà e passione -. Lui ha 44 anni, fra 16, grazie alla «buona condotta», alla faccia dei nuovi e vecchi ergastoli, potrà chiedere lo stato di semilibertà». Fosse stato dichiarato «matto», cioè socialmente pericoloso, non sarebbe stato libero mai, neppure del '95. E magari lo affideranno alla comunità genovese di don Gallo, il «prete dei disperati», che lo considera tuttora vittima di un colossale errore giudiziario. Ironia amara, quella dell'avvocato Ramondini. Ha parlato con il suo cliente? «No, non ha più voluto ricevermi; dopo il primo e unico incontro fu cortese ma fermo. "Avvocato, nulla di personale, la mia è una protesta civile contro la polizia". Ieri, ad ascoltare la sentenza, c'erano i suoi «nemici»; il capo della Omicidi, Marco Basile, e l'ispettore Mimmo Montanti. Soddisfatti. Il capo della mobile, Claudio Cracovia: «Il nostro lavoro è stato riconosciuto dalla Corte d'Assise. Ma abbiamo altre inchieste, su altre donne uccise. Forse da lui». Maurlzlo Minghella il giorno dell'arresto dopo l'evasione dal tribunale di Biella

Persone citate: Claudio Cracovia, Gallo, Marco Basile, Mimmo Montanti, Minghella, Ramondini, Tito Cucchiaroni

Luoghi citati: Biella, Cuneo, Genova, Italia