Berlusconi irritato con i ministri Lunedì vertice di maggioranza
Berlusconi irritato con i ministri Lunedì vertice di maggioranza IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, STANCO DELLA LITIGIOSITÀ NEL POLO, CONVOCA I LEADER Berlusconi irritato con i ministri Lunedì vertice di maggioranza !l tema della «riunione tecnica» sarà l'impasse della devolution, in realtà il premier pretende un chiarimento generale: «Passerò alla storia per aver cancellato la pazienza di Giobbe» Ugo Magri ROMA Poiché la parola «vertice» sa troppo di Prima Repubblica, e oltretutto non porta fortuna. Palazzo Chigi ha preferito battezzarla «riunione tecnica», che evoca un'immagine più fattiva, di concretezza molto brianzola. Però la sostanza è identica: dopodomani, nella sua dimora romana di Palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi accoglierà i leader della maggioranza. Debbono accordarsi, se ci riescono, su come riformare la riforma federalista dell'Ulivo (e in ciò consiste l'aspetto tecnico dell'incontro). Ma dal momento che intomo al desco imbandito ci saranno tutti, Umberto Bossi e Gianfranco Fini, Rocco Buttiglione e Marco Pollini, vuoi che non parlino pure di quanto, ed è tanto, crea dissapori nella Casa delle libertà? Sarà l'occasione di un chiarimento. Lo stesso premier vuole afferrare il toro per le coma. La sua irritazione per lo spettacolo di liti offerto dalla maggioranza ha quasi raggiunto la massa critica. In pubblico, il premier fa mostra di un assoluto controllo dei nervi: «Passerò alla storia cancellando la pazienza di Giobbe», ha celiato coi cronisti. Però poi, a microfoni spenti, Berlusconi non si trattiene ed esplode in veri e propri monologhi. Come ieri mattina, secondo certe ricostruzione, a margine del Consiglio dei ministri. Ma i destinatari dei suoi sfoghi sono di ora in ora sempre più numerosi. Chi li ha uditi, li riassume così: «Il presidente del Consiglio prova crescente fastidio per il continuo battibeccare, le sistematiche punture di spillo reciproche, l'interminabile fibrillazione che fa somighare sempre più il centro-destra all'Ulivo sconfitto nelle ultime elezioni». Una frase berlusconiana ricorre puntualmente: «Dobbiamo smetterla di perderci nelle stupidaggini... Con la guerra in Iraq, con l'economia che va come va, con tutti i problemi da affrontare, noi dobbiamo fare una cosa soltanto: le riforme. E invece di concentrarci tutti sul programma, come io cerco di fare dalla mattina alla sera, stiamo perdendoci dietro a litigi inutili che finiscono immediatamente sui giornali. Col risultato di venire assimilati a quanti ci hanno preceduto». Complice la psicosi da elezioni amministrative alle porte, il morbo della discordia dilaga in periferia: prima la rissa in Friuli Venezia Giulia, costata a Forza Italia una crisi al vertice (dimissioni del coordinatore nazionale Roberto Antonione), poi il caso Catania appena rientrato a fatica, adesso il braccio di ferro per la candidatura di sindaco a Brescia, con «questo Galli che vuole correre da solo». Basta, dunque. Serve un punto fermo. «Mettiamoci tranquilli, rimbocchiamoci le maniche e lavoriamo. Ne riparleremo lunedì al vertice...». Un incontro tra segretari era già in calendario da giorni. Doveva tenersi mercoledì scorso sulla devoluzione, gli eventi intemazionaU l'avevano fatto slittare. Ora acquista ben altro spessore. Non sarà solo uno slalom tra commi e articoli del Titolo V della Costituzione, secondo l'ordine del giomo iniziale, ma spazierà a 360 gradi. Sarà l'occasione per lavare i panni sporchi. Esempio: qualora venisse sollevato il problema, Berlusconi chiarirà che di rimpasto non vuole neppure sentir parlare. Paolo Bonaiuti, portavoce del premier, è assolutamente categorico: «Né rimpasti, né aggiustamenti, e nemmeno strapuntini... Niente del vecchio teatrino della politica». Chi è dentro (al governo) è dentro, chi è fuori rimarrà fuori. Berlusconi ha ormai sufficiente esperienza della politica per non illudersi che un summit dei segretari, per quanto animato dai migliori propositi, sia sufficiente a calmare le acque. La rissa tra centristi e Lega si trascinerà fino al giorno delle amministrative, perché entrambi i contendenti cercano visibilità sui media e sanno di poterla ottenere proprio incrociando le lame. Fattacci come la sconfitta nel voto segreto sulle tivù sono indice di un maldipancia che non si circoscrive a un manipolo di franchi tiratori, su questo il premier non si fa illusioni. Tuttavia esorterà i partner a non esagerare con l'autolesionismo. Il primo banco di prova sarà proprio la devolution, dove Udc e Lega procedono in direzioni opposte sullo stesso binario. Il testo che piace a Bossi verrà esaminato marte¬ dì alla Camera; i centristi sono disposti a votarlo, molto controvoglia, purché venga diluito nella complessiva riforma del Titolo V (federalismo). Chiedono che tale riforma venga messa nero su bianco dal Consiglio dei ministri prima del voto sulla devolution, «altrimenti si sa come vanno poi queste cose: chi s'è visto, s'è visto...». Grandi divaricazioni nel merito, assicura chi ha lavorato al testo nel pensatoio dell'Officina, non ci dovrebbero essere. I punti da chiarire sono solo due o tre. «Basterebbe un po' di fiducia reciproca», sospira il Cavaliere. Per salvare almeno le apparenze. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: «Basterebbe un po' di fiducia reciproca»
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