Attori dalla piazza
Attori dalla piazza Attori dalla piazza UNA società si capisce dalle sue strade; da Walter Benjamin a Marc Auge questo è stato più volte sottolineato. Le strade, e soprattutto gh incroci, resi sacri dagli antichi romani a un qualche dio, a un qualche Hermes. E ancora le piazze, dove si sono misurati i commerci, gli incontri e gli scontri, dove i problemi di qualcuno hanno cercato di interessare i più. E altrettanto i caffé, sede di solidarietà intellettuali, pettegolezzi, scene topiche della pittura e del cinema. Tutte queste sono metafore della televisione, arene sociah dell'informazione diffusa: i caffé come luoghi della chiacchiera ma anche del «civile conversare», le piazze dove ognuno può diventare attore o spettatore di un karaoke a soggetto, gli incroci dove i destini provvisoriamente possono ripartire anche perché qualcosa dietro l'angolo si è manifestato nella sua rilevanza. Ma soprattutto la strada oggi è metafora di una televisione consapevole che nasce dal basso come da un «basso» di Napoli, che forse sa di neorealismo postmoderno e forse di questo ci può importare poco, che sa amministrare con fantasia e spregiudicatezza gli interrogativi della gente, che sa anche fare cultura cioè coscienza condivisa; una televisione che reclami una sua etica, non strettamente commerciale, utilitaristica nel senso dell'immediato consumo di qualche prodotta bensì utile, ancora di più sul medio-lungo periodo; una televisione che dia voce alle campagne sociali, al volontariato, al senso simpatico e insieme drammatico dei fatti di tutti, senza le lamentele o le zuffe o i pianti della tivù generalista dei grandi network. Una tivù che si riappropri delle strade perché sa entrare nelle scuole, sa diventare mezzo di diffusione e insieme materia di studio, che può essere progettata per soddisfare esigenze di chiarezza e condivisione, potendo anche diventare fonte di un'educazione permanente. Prima di tutto, allora, una televisione che ci sappia ridare un'immagine forte di comunità senza cadere nella metafora desolante della riunione di condominio; dunque, una televisione studiata, a partire dall'Università e magari condiretta dagli enti locali, dalle amministrazioni pubbliche, e perché no dai quotidiani locali. Una televisione che qui a Torino abbiamo cominciato a progettare (e a fare, a titolo sperimentale, nel Dams con la collaborazione della Regione). Ma per favore: pensiamola e facciamola insieme, «in sinergia» come si dice adesso, cioè unendo tutte le nostre forze. Gian Paolo Caprettini
Persone citate: Gian Paolo Caprettini, Marc Auge, Walter Benjamin
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