I Signore dei Fornelli

I Signore dei Fornelli LA TENDENZA: SEMPRE PIÙ' UOMINI IN CUCINA I Signore dei Fornelli «No, i dolci proprio no!». Per tutto il resto, nessun problema e massima disinvoltura: si indossa un grembiule, ci si attrezza a dovere, e via, trasformati in cuochi provetti, per una bella maratona tra padelle e tegami, distensiva, a sentir loro, anche quando si tratta di allestire menù per una cinquantina di persone. Va detto che, in situazioni così, che manderebbero in panico schiere di donne, gli uomini sembrano cavarsela con nonchalance, in quel territorio storicamente non loro, che è la cucina. Anzi, proporsi come anfitrioni magnifici e garbati, è diventato, più che una moda, una consuetudine. Vero che ci sono precedenti illustri, da Trimalcione in poi, di raffinati ospiti: ma la novità è oggi, «lui» non siede a tavola servito e riverito, ma si dà da fare con mattarelli, frullatori e taglieri. Organizzatissimo, disposto a levatacce incredibili per andare a fare spesa in quel determinato posto dove «mi servono come si deve» e a volte tanto preciso da affidare alla tecnologia il conto della quantità di «materia prima» da acquistare. «Al computer ho creato un programma che, ima volta inseriti menù e numero di invitati, fornisce la lista della spesa da fare con l'esatto quantitativo per ogni ingrediente» racconta Fabio Sulprizio, consulente d'azienda, laureato in Fisica. La termodinamica torna utile in cucina: «Ho una passione per i sistemi di cottura dei cibi, che affronto con cura scientifica e attrezzature varie: forno a microonde, elettrico, a gas e a raggi infrarossi. Scegliendo il metodo giusto, si risparmia tempo e si riduce l'uso dei grassi» aggiunge Fabio, che cuoce la frittata nel microonde senza condimenti. A volte supportato da un'amica, Annalisa, prepara cene anche per 60 amici. «In genere piatti semplici, a base di materie prime di qualità, meglio se biologiche: dalle melanzane alla parmigiana al flan di carciofi in besciamella alla torta al formaggio greca». Quanto a scelta di metodi e strategie, gli chef amatoriali si differenziano parecchio tra loro, ma quel che li accomuna è la passione. Contagiosa. Quasi a sottolineare la tendenza, da 2 anni, l'Ascom organizza una gara di vip ai fornelli, riservata a soli uomini. Ne sono usciti piatti elaborati e sontuosi come tartrà,. zuppetta di pesce in crosta e persino una ricetta top secret di «cucina immorale». Tra gli sfidanti, c'era il sindaco Sergio Chiamparino, che si dice «(filettante dei fornelli, un autodidatta appassionato». «Mi piace realizzare ricette per gli amici, e a volte faccio da consulente: capita che mio figlio mi telefoni per chiedere lumi sulla preparazione della polenta». Coinvolto nella gara all'Ascomvillage, anche il pittore Ugo Nespolo, che presentò una «frittata in. trippa». Lui, che in tavola si affida alla regola mangiare pocofr bene, ammette: «Non sono un cultoiB come lo era il mio amico Tognazzi, ma mi diverte, tempo permettendo, allestire cene per amici». L'ispirazione? Anzitutto familiare; «Da mia madre ho imparato alcune cose, altre le ho apprese con la pratica, leggendo o chiedendo informazioni a grandi cuochi come Gualtiero Marchesi». Al desco materno ha attinto i rudimenti «dell'arte» anche l'assessore alla cultura Fiorenzo Alfieri, autentico fan dell'enogastronomia. «Tra noi appassionati, si innesca ima sorta di contagio reciproco» sostiene e racconta di una ricetta della pasta con le sarde chiesta a un'amica, in Siciha. «Ho comperato l'occorrente ad Alcamo e ho telefonato a mia moglie di invitare un po' di amici: sceso dall'aereo sono corso a casa a sperimentare quanto avevo appreso». Il mattino dopo, immancabile la telefonata Alcamo-Torino, per chiedere, con apprensione: «E allora, com'è andata?». I viaggi sono un ottimo spunto: e se l'assessore si cimen- ta in cene bretoni o piatti abruz» zesi, Guido Barosio, direttore di «Torino Magazine», riempie la valigie di spezie rare, erbe, sali aromatici e vini di ogni parte del mondo. Risultato: cantina fornita, con 400 ricercate etichette e cene d'ispirazione etnico-esotica «per gli amici, in onore alla convivialità, e per le donne». «Mi piace cucinare per le donne, trovo seduttivo questo ribaltamento di ruoli» commenta Barosio, che, al risottino con verdure e erbe, aggiunge pure -i fiori, usati come decorazione o condimento. Quanto alla convivialità, è un aspetto che motiva maschi ai fornelh. Se alle donne viene lasciata volentieri l'incombenza del quotidiano, per i rendez-vous con gli amici, il grembiule lo indossa lui. Quasi una filosofia della «cena che crea legami, uni-, sce, anche perché la partecipazione ai preparativi se non è richiesta è apprezzata», ispira Pierfrancesco Corcione, direttore Fiat che gestisce i suoi ritrovi gascronomici in modo abbastanza atipico. Spesso si cena in cucina (spaziosa e ben attrezzata), con il padrone di casa che «opera» in diretta e gli ospiti che, magari, tagliano lo stinco di vitello al forno. Può capitare che, durante la serata, si aggiungano altri commensali e allora, ci si inventa una pasta e un'insalatona. «A cucinare ho imparato un po' da mio padre e un po' per conto mio. La tradizione delle cene con amici è iniziata quando vivevo solo e continua ora, con il coinvolgimento di mia moghe». Fondamentale, per il quarantatreenne Corcione, è lo stare insieme, a tavola, secondo quel concetto di «famiglia allargata che ormai include anche gli amici». Et voilà, il cibo-pensiero dei giorni nostri. La palma della dedizione gastronomico-amicale se la aggiudica Emanuele Lajolo di Cessano, direttore del personale di Carrefour, che prepara i piatti preferiti dai propri ospiti: «prima di cucinare per un amico ebreo, ho studiato tutte le regole legate ai cibi permessi dalla sua religione». Il rituale del convivio è abituale: «durante la cena, mia moglie resta seduta: sono io a servire in tavola» spiega Lajolo che, ai fornelli, si divide i compiti con la consorte: ciascuno prepara alcune portate. «Una volta partecipammo a una gara di cucina e in finale ci ritrovammo io e lei. Finì con un ex aequo salomonico». Sul desco, illuminato da candele, piatti d'effetto come risotto al nero di seppia con spolverata di lamine d'oro a 24 carati, petto d'anatra fiammeggiato con marmellata di cipolle e aceto balsamico di Modena e via ingolosendo. Fondamentale la sensibilità, per Massimo Gavagna, consulente di organizzazioni no profit, 35 anni, allenato a «spadellare» sin da quando ne aveva 7. «Mi hanno insegnato i miei, in modo giocoso, per rendermi autonomo e anche partecipe della vita familiare», racconta Massimo, che cucina ispirandosi ai gusti dei suoi invitati, ma pure al suo estro, attualmente, molto «fusion». «Ora sono in una fase francese e messicana, quindi tra creme e legumi piccanti, sto pure sperimentando il pollo all'atzeca in salsa di cacao, ma il risultato non è ancora abbastanza interessante». Un piatto forte? Tacchino ricoperto con fettine di melanzane, speziato e cotto a bagno nello yogurt. I dolci? «Quelli u prepara benissimo mia sorella e, forse per non entrare in competizione, mi astengo». Nessuna vocazione per la pasticceria neppure per Maurizio Pietro, giovane magazziniere che sforna ottimi pranzetti sia per la famigha («è raro che cucini mia moghe e pure la spesa la faccio io»), sia per tavolate di amici, anche 30 alla volta. «Le basi le ho imparate dai miei, poi ho acquistato molti libri sull'argomento». La sua passione sono antipasti e primi: spesso piatti semplici, come lasagne o crépes ricotta e spinaci, ma" realizzati con cura. «Per fare un ragù impiego 5 ore e, durante quel periodo, non permetto a nessuno di entrare in cucina». Meticolosi, precisi , (c'è anche chi imposta le ricette al computer) e curiosi sperimentatori di sapori esotici: cucinano per gli amici ma di solito non amano preparare i dolci *m

Luoghi citati: Alcamo, Modena, Torino