Odiati granata domani tenete i telefonini accesi di Darwin Pastorin

Odiati granata domani tenete i telefonini accesi Odiati granata domani tenete i telefonini accesi Darwin Pastorin CARO Massimo Gramellini, ti scrivo a poche ore dal derby, dal nostro derby. Ti scrivo con affetto e stima, avversari domani, amici sempre. Tiferò Juve, ovvio, ma tiferò anche per la vostra permanenza in Serie A. Il Toro non merita, per la sua storia, per i suoi sentimenti, di retrocedere: e un campionato senza la nostra stracittadina è più povero, meno intrigante, meno emozionante. Anobio, come te, possiedo il mio scrigno di ricordi e di meraviglie. La mia passione, folgorante, nasce nel '61, al mio arrivo in Italia da San Paolo del Brasile. Sono le maglie bianconere a conquistarmi, è la stagione dell' ultimo Boniperti, ci sono ancora Omar Sivori e John Charles, personaggi che sembrano usciti da un romanzo di Osvaldo Soriano. Poi, sarebbe giunto un periodo buio, difficile: ma la fede è quella e le difficoltà, tu lo sai bene, la rendono ancora più forte. E' pietra dura, la fede. Il primo scudetto è del '67, il tredicesimo, la squadra "operaia" di Heriberto, un asceta del pallone, nervi e teorie, la filosofia del "movimiento". Il derby che mi è caro porta la firma del mio idolo Petruzzu Anastasi, sudamericano di Catania. Segna Menichelli, pareggiate voi (con Meschino, mi sembra), all'ultimo minuto Anastasi fulmina Vieri. Ho pianto, come te, per Meroni. Andai al suo funerale e a quel derby irreale, travolto dalle lacrime, di tutti, avevo la mia bandiera listata a lutto. Il derby, nelle stagioni liceali, era un motivo di festa: quante scommesse e prese in giro con Mauro, mio compagno di banco e oggi stimato avvocato! Erano giorni intensi, racchiusi in sogni possibili, avevamo il mondo in tasca e la Juventus era un vento di serenità tra le inquietudini dell'adolescenza, la rivolta studentesca e i nuovi miti, Petruzzu e il Vietnam, Haller e Cesare Pavese, Zoff e Fabrizio De André, Bettega e Martin Luther King, Spinosi e Guido Gozzano, Causio e la ragazza dagli occhi verdi. Juve-Toro durava una settimana, io e mio fratello Fabrizio, granatissimo come te, l'anticipavamo nel corridoio di casa, quando i nostri genitori uscivano per la spesa, con una palla formata dai calzini arrotolati. Rifacevamo il verso ai nostri eroi, nell'attesa del fischio d'inizio. Rivedo Scirea, persino lan Rush, una rete di Spillo Altobelli, il sinistro musicale di Cabrini, la rabbia titanica di Furino, capitano con l'elmetto, e TardeUi, il viso smunto di Pablito Rossi e la faccia sgherra di Roberto Boninsegna detto Bonimba. Passerò la notte della vigilia leggendo e rileggendo Mughmi e il suo splendido «Un sogno chiamato Juventus», edito da Mondadori. Già il derby. Massimo. Un' altra storia, un altro capitolo. Buona stracittadina, e a domani sera: per gli sberleffi. Non staccare il telefonino, mi raccomando.

Luoghi citati: Brasile, Catania, Italia, Mondadori, San Paolo, Vietnam