La Biennale dì Venezia cerca grane

La Biennale dì Venezia cerca grane IL PRESIDENTE BERNABE HA PRESENTATO IL PROGRAMMA DI MUSICA E DANZA La Biennale dì Venezia cerca grane Peter Sellars, sconvolto dalla guerra, ribalta il cartellone del teatro Sergio Trombetta inviato a MILANO La Biennale di Venezia cerca grane. La veneranda istituzione dedicata alle arti contemporanee esce dal seminato, si lancia nella innovazione e si affida a tre artisti molto controversi per il teatro, la musica e la danza: gli americani Peter Sellars e Uri Calne, il belga Frédéric Flamand. Il programma per il 2003 è stato presentato ieri a Milano dal presidente Franco Bemabè insieme a Flamand e Calne. E prima di tutto c'è da registrare che anche sulla Biennale si abbatte la guerra in Irak. Perché Sellars sconvolto dal conflitto ha mandato all'aria il programma teatrale, non è venuto a Milano, ma ha spiegato in una missiva, letta da ^emabè, che il teatro «è nato per alimentare la voce pubblica e dare senso creativo alle questioni morali che agitano la società»; e poi che il suo programma «si concentrerà su artisti che lavoreranno sulle conseguenze di una terribile distruzione, per la ricostruzione, il risanamento, la riconciliazione». Aspettando il cartellone del teatro, che sarà dunque annunciato a giugno, ecco la musica e la danza, i cui curatori, a partire da quest'anno hanno carica annua¬ le. Il programma, poi, non si spalma lungo tutta l'estate, ma si concentra in periodi brevi, condensandosi in veri e propri festival: dal 12 giugno al 18 luglio la danza, dal 12 al 21 settembre la musica, dal 15 al 30 ottobre il teatro. E se il teatro esce terremotato dalla guerra, la musica, nelle mani di Uri Calne, abbandona gli sperimentalismi elitari per concentrarsi sulle nuove realtà musicali di New York, attorno a cui gravita la maggior parte degli artisti invitati dalla «Bang on a Can» allo «Speculum musicae», all'elettronica di Dj Olive, a David Shea. Un programma ricchissimo che accumula sino a cinque concerti al giorno. Con progetti speciali, «Othello Syndrome» di Calne stesso, ispirato alla musica di Verdi, e «Z'vi» opera di Richard Teitelbaum ispirata alla figura messianica di Sabbatai Z'vi che coinvolge due musicisti turchimusulmani e due cantanti ebrei. Non mancherà lo spazio dedicato alla improvvisazione, mentre un ampio medaglione affrontare la tradizione della musica klezmer dell'Europa orientale. La danza sarà la prima a partire, il 12 giugno, negli stessi giorni in cui prende avvio la Biennale arti visive di Francesco Sonami. E si concentrerà sul tema «Body-city», affrontante il rapporto fra corpo e città, chiamando a raccolta sedici compagnie. Con un prologo, dal 6 al 10 maggio, del convegno «Architetture del corpo tecno-metropolitano» (organizzato da Elisa Guzzo Vaccarino e Marco De Michelis), con un amplissimo programma di proiezioni video. La danza, spiega Flamand, è. il linguaggio più adeguato per parlare del mondo di oggi, per raccontare le mutazioni che investono la società, il lavoro, il piacere, l'economia, l'ambiente. Una danza che si mescola, si intreccia con altre forme d'arte, prima di tutto il video e l'architettura. Come succede per esempio negli spettacoli di Flamand che aprirà la rassegna con la propria compagnia «Charleroi Danses Pian K.» impegnata nella prima mondiale di «Silent Collisions» lavoro ispirato alle «Città invisibili» di Ca vino. Serata inaugurale seguita da una «Urban Night» dove saranno coinvolti il pubblico della danza con quello delle, arti visive. All'insegna della commistione di lunguaggi ecco dunque in arrivo da Kyoto i «Dumb Type», dall'Aia André Gingras, da Londra la Random Dance Company, da Parigi i «Portraits dansés» di Philippe Jamet. Da non perdere il belga-magrebino Sidi Larbi Cherkaoui, la berlinese Sasha Waltz che in «Zweiland» racconta i due mondi dell'est e dell'ovest prima della caduta del muro. Africa e Asia trovano il punto di contatto nelle danze della compagnia Rary in arrivo dal Madagascar. Il catalano Cesc Gelabert, coreografo e architetto, unisce già nella propria formazione la mescolanza linguistica che sta alla base della rassegna. Danze provocatorie arrivano in fine festival con il francese Angelin Preljocaj, che in «Near Life Experience» descrive estasi religiose e artificiali, con la sudafricana Robyn Orlin che racconta l'epidemia dell'Aids, con gli americani Stephen Petronio e John Jasperse. Il programma della Biennale è consultabile sul sito www.labiennale.org. Il danzatore e coreografo Cesc Gelabert