Nessun Vietnam sulle rive del Tigri di John Keegan

Nessun Vietnam sulle rive del Tigri I FATTORI STRATEGICI MENTRE STA PER INIZIARE LA GRANDE BATTAGLIA DI BAGHDAD ^l NONOSTANTE GLI ALLARMI GLI ANGLOAMERICANI STANNO COSTRUENDO LA VITTORIA Nessun Vietnam sulle rive del Tigri La guerriglia è impossibile e la coalizione avanza analisi militare John Keegan NELLA mia collezione di curiosità sulla prima guerra mondiale, da qualche parte conservo una cartolina da Blackpool, spedita il 6 agosto del 1914, a due giorni dallo scoppio della guerra, con scritto: «Caro Dot, tutti i treni sono stati sospesi, così abbiamo deciso di fermarci fino a quando sarà tutto finito». L'incapacità di prevedere come si sviluppino gli eventi militari non è un fenomeno nuovo. L'autore della cartolina può tuttavia essere giustificato: nel 1914 era quasi cent'anni che l'Inghilterra non era coinvolta in un conflitto. Sono meno perdonabili i polli senza cervello che in questo periodo riempiono i media chiocciando e blaterando. La guerra è stata il loro pane quotidiano per larga parte delle loro carriere, ma non sembra che abbiano mai fatto molti sforzi per comprendere quello di cui stanno scrivendo. Nell'era dell'informazione frenetica, anche le menti serene sono condizionate dall'accapigliarsi per reagire all'ultima notizia. Tuttavia, ignorando l'informazione televisiva, è perfettamente possibile ricavare una visione di lungo periodo sugli eventi in Iraq. Il segreto è tracciare due colonne su un foglio e riportare nella prima i fattori a favore e neh'altra quelli a sfavore, tirando poi le somme. Il risultato è che il peso dei fattori a favore è decisamente maggiore. Cominciamo a prendere in considerazione quelli sfavorevoli. In cima alla lista collochiamo il rifiuto alle truppe americane dell'autorizzazione turca ad aprire un fronte nord partendo dal suo territorio. Se la Turchia avesse concesso il suo benestare, Baghdad sarebbe minacciata da due lati, Saddam avrebbe dovuto dividere le sue forze e la 3a divisione americana di Fanteria e il lo Corpo di Spedizione dei Marines starebbero probabilmente già bussando alle porte della capitale. Il secondo fattore sfavorevole è la comparsa di una resistenza composta da irregolajn. La coalizione aveva preventivato una battaglia con l'esercito iracheno e la Guardia Repubblica¬ na. Non sembra invece che avesse tenuto in debito conto la comparsa di Fedayn, la milizia fedele a Saddam, o l'armarsi degli attivisti del partito Baath. Non è che abbiano una grande capacità militare. Ma il fatto che siano scesi in campo ha allarmato i settori dell'informazione ed ha immediatamente rievocato i ricordi, quasi certamente fuori luogo, dei tempi della guerra in Vietnam. In Iraq la conformazione del terreno non favorisce il protrarsi di operazioni di guerriglia. Inoltre la popolazione non è indottrinata politicamente come lo fu quella vietnamita da parte dei Vietcong. Il terzo fattore sfavorevole è la carenza di truppe della coalizione. In questo caso le critiche hanno un senso. E' probabile che le truppe siano scarse in conseguenza di una sottostima della dimensione del problema militare da parte degli strateghi del Pentagono. In ogni caso, i rinforzi sono in viaggio e, prima del loro arrivo, la debolezza dell'Iraq impedisce a Saddam di approfittare dell'errore di valutazione. La coahzione sta vincendo. Ha solo bisogno di un po' di forza in più per assestare il colpo finale. Il quarto fattore sfavorevole è l'elevato numero di vittime provocate dal «fuoco amico», un fenomeno antico ma oggi di una proporzione sconvolgente. Sarebbe facile sostenere che la colpa ricade sui piloti americani che non hanno riconosciuto i mezzi inglesi, ma alcune uccisioni sono state provocate da soldati inglesi colpiti da altri soldati inglesi. Certamente non esistono precauzioni che diano una garanzia totale che tali incidenti non si ripeteranno. Si può solo sperare che i soldati, con l'accrescersi dell'esperienza in combattimento, abbiano il grilletto meno facile. Passiamo alla colonna dei fattori a favore. Primo, la coalizione ha fatto progressi incredibilmente rapidi. L'obiettivo principale era e resta Baghdad, e i reparti americani della 5a sono arrivati in prossimità della città in tre giorni, percorrendo circa 500 chilometri. Baghdad è molto vulnerabile ad un assalto finale. Tra la città e le forze della coalizione vi sono solo tre divisioni della Guardia Repubblicana. Una volta giunti i rinforzi, o anche prima, la resistenza sarà sconfitta. Secondo, è incoraggiante che ad oggi le vittime siano state poche. Anche se gli irregolari sono riusciti ad uccidere, singolarmente o in piccoli gruppi, soldati della coalizione, non hanno vinto nessuna battaglia e neanche messo in atto imboscate efficaci. Ci sono stati due attacchi suicidi e se ne temono altri. Ma la tattica dei kamikaze, così implacabile se rivolta contro civili che affollano le strade di una città, funziona poco o nulla contro soldati armati in stato di allerta e in campo aperto. Terzo, l'esercito iracheno non sta combattendo. Le divisioni intorno a Baghdad sembra che se ne stiano in attesa di essere attaccate, il che suggerisce un'assenza di volontà al confronto più che una decisione deliberata di rimanere sulla difensiva. Sebbene il lungo asse di comunicazione tra Baghdad e Bassora sia sotto pressione, gli attacchi sono sporadici e di piccola entità. Quarto: gli americani hanno conseguito un successo chiave impossessandosi dei pomi sull'Eufrate. Il fatto che gli iracheni non siano riusciti a mantenere i ponti e neanche a farli saltare in aria prima di cederli alla coalizione, lascia intendere una strategia difensiva irachena molto deficitaria. Quinto, nonostante la comparsa di irregolari e la mancata diserzione di massa, così come era stata auspicata, tra le truppe dell'esercito iracheno, la popolazione sembra inerte. Non accoglie in massa gli invasori, ma non contribuisce neanche alla resistenza. Sembra che la gente comune abbia adottato una strategia di attesa aspettando di vedere come andrà a finire, fatto comprensibile dopo trent'anni di repressione da parte del partito Baath. Infine, per ritornare al quadro generale della situazione militare, la coalizione gode di una superiorità aerea totale. In un ambiente militare convenzionale non così pesantemente sotto osservazione dei media, qualunque generale in capo potrebbe sostenere che la campagna abbia realizzato progressi molto soddisfacenti. La coalizione ha messo in sicurezza la maggior parte del territorio e delle infrastrutture di cui ha bisogno per essere operativa. Ha una base sicura, ha conquistato un porto per i rifornimenti, domina il nemico e non è minacciata da nessun disordine di grande scala tra la popolazione. La fase critica, la battaglia per Baghdad, deve ancora arrivare. E' comunque inconcepibile che, fuori dalla capitale, l'esercito americano non sconfigga la Guardia Repubblicana portando, con tutta probabilità, ad una rapida capitolazione della città. Intanto il centro dell'azione è a Bassora. Gli inglesi hanno cominciato ad indebolire le difese della città e ad occuparla. E' un tipo di operazione che si addice particolarmente all'esperienza e alle caratteristiche dell'esercito inglese. Non c'è ragione per ritenere che non avranno successo. La caduta di Bassora non deciderà l'esito finale della campagna ma avrà un effetto cruciale nella sua evoluzione. Sarà un duro colpo al prestigio di Saddam e un segnale alla popolazione che le truppe della coahzione stanno vincendo. Fino ad oggi gh inglesi hanno svolto un ruolo secondario. Nei prossimi giorni, le loro azioni influenzeranno in modo determinante l'evolversi degh eventi in Iraq. Ikamikaze sono poco efficaci contro soldati in stato di allerta Il fatto che gli iracheni non abbiano difeso i ponti sull'Eufrate che sono fondamentali dimostra che la loro strategia è deficitaria La caduta di Bassora avrà un effetto decisivo sulla popolazione M.,^ John Keegan Il generaleTommy Franks Un gurkha dell'esercito inglese tiene sotto tiro alcuni irregolari iracheni catturati durante i duri scontri alla periferia di Bassora

Persone citate: Franks, John Keegan