Il «generale Estate» viene in aiuto alle truppe del Raiss

Il «generale Estate» viene in aiuto alle truppe del Raiss SEMPRE PIÙ' INTENSO IL BOMBARDAMENTO DELLA CAPITALE IRACHENA Il «generale Estate» viene in aiuto alle truppe del Raiss A Baghdad sta tornando il caldo, secondo le previsioni il termometro toccherà fra breve i 40 gradi e combattere nel deserto sarà impresa eroica. Saddam invoca la «guerra santa», ma non compare in tv reportage Giusepjie Zaccaria inviato a BAGHDAD IL martellamento s'èfatto continuo, ossessivo, tonitruante, si ode sempre più da vicino il mugghiare dei jet, ordigni di potenza spaventosa esplodono nella zona Sud e levano sul tramonto funghi di fumo grigio che rivaleggiano in ampiezza con le nere nubi di nafta. In gei-go militare tutto ciò si definisce «aumentare la pressione»; in linguaggio più chiaro, annientare una città. C'è qualcosa che sta mettendo fretta allo Stato Maggiore angloamericano, una sorte di tenaglia minaccia di stringersi intomo alle truppe d'invasione costringendole da ima parte ad aspettare il dispiegamento dei rinforzi e dell'altra a non attendere troppo, perché il deserto iracheno prepara la nuova stagione. La notizia è che a Baghdad sta tornando il caldo. Non siamo ancora alle temperature torride che a volte paralizzano l'Iraq già dagli inizi di aprile, anzi quest'anno l'ondata primaverile è un po' in ritardo, ma se fino a ieri bisognava girare con giacche e maghoni pesanti, già da oggi basta una maglietta a maniche corte, il vento fresco è calato e la temperatura si è alzata di 12 gradi. Ieri i termometri degli alberghi ne indicavano 22, oggi se ne prevedono 2 o 3 in più e i «baghdadi» prevedono che fra breve, inshallah, sarà estate piena. Il che significa temperature di 40 o 45 gradi, già difficilmente sopportabUi in città e terribUi per chi si trovasse ancora nel deserto. Ieri mattina il Nunzio Apostohco, monsignor Fernando Filoni, offrendo l'abituale tazza di tè raccontava che a Baghdad quando arriva il caldo estivo la gente dorme sui terrazzi delle case perché l'escursione termica fra giorno e notte è minima, e quello è il solo modo per trovare un minimo di refrigerio. Viene difficile immaginare la condizione dei soldati che a centinaia di migliaia dovessero trovarsi in aree desertiche, sotto tende trasformate in saune e con indosso chili di equipaggiamento, e quindi tutto lascia ritenere che, svanita la «guerra lampo», le forze d'invasione potranno permettersi di rifiatare per pochi giorni ancora. Se le forze dell'Asse furono bloccate dal gelo nella guerra di Russia, qui la situazione potrebbe riproporsi in condizioni climatiche rovesciate, ma non meno gravide di conseguenze. Monsignor Filoni è persona di grande cortesia e in questa situazione ha sempre mantenuto una freddezza ammirevole: ieri però sembrava un po' meno distaccato quando raccontava delle bombe cadute ancora a 200-300 metri dalla Nunziatura, sulle rovine di un ministero dell'Aeronautica già colpito più volte. Lui si stava apprestando a mettersi a letto. Gli è toccato scendere in pigiama per confortare gente che bussava terrorizzata. Fra l'altro in quell'area - la Nunziatura si affaccia su Saddoun Street, sulla riva sinistra del Tigri - in poche centinaia di metri sorgono tre ospedah, quelli delle suore domenicane di Santa Caterina (maternità), delle domenicane della Presentazione (il «Saint Raphael», ostetricia) e quello pubbhco di al Uja. Tra i pazienti le scene di terrore non si sono contate, forse si avvicina il momento in cui questo «aumento della pressione» aerea dovrà essere definito in altro modo. La voce del regime oggi appartiene al vicepresidente Jassim Ramadan, che inizia la conferenza stampa in modo aggressivo e la conclude di colpo, causa un misterioso bigUettino appena ricevuto. Le accuse americane alla Siria e ad altri paesi Arabi paiono trovare qualche conferma nelle parole di Ramadan il duro: «Noi siamo il Paese meno armato del mondo, e adesso gli americani si scandalizzano perché abbiamo comperato dei visori notturni per difenderci, mentre loro usano bombe a frammentazione e colpiscono i civili... I martiri che arrivano a combattere con noi stanno diventando una folla, sono già almeno seimila, e molto presto gh americani ne avranno notizie...». Non si direbbe una vanteria, negli alberghi di Baghdad si cominciano a notare ceffi in abiti tradizionah e dall'aria sempre meno rassicurante. I «kamikaze» si apprestano a tornare sul campo di battaglia. Il ministro delTinformazione AI Shaaf continua invece a parlare soprattutto di civili uccisi, di intere famiglie sterminate, e adesso anche di «scudi umani» inopinatamente chiamati a onorare la propria scelta. Nei pressi di N^jaf la «sindrome della bomba a mano»- ha fatto sì che in un posto di blocco soldati americani abbiano aperto il fuoco su un pulmino il cui conducente non aveva rispettato, o forse capito, l'intimazione. Secondo gh iracheni è stata sterminata una famiglia di undici persone, nove delle quali di età giovanissima. C'era anche una neonata. A Baghdad la scorsa notte avrebbero perso la vita altri 25 civili e i feriti sarebbero stati 125. . Al Shaaf denuncia ancora il bombardamento di due pullman che stavano riportando verso la Giordania volontari giunti a Baghdad come «scudi umani» e che stavano terminando la missione, anche perché il governo iracheno non sa più come mantenerli. Su quei pullman, dice, c'era anche un italiano: per il momento non si sa di più, e neanche la nostra ambasciata ad Amman è in possesso d'informazioni più chiare. Infine Saddam. Al tredicesimo giomo del conflitto il Raiss è tornato a chiamare alla guerra santa contro gli invasori. Ma la vera sorpresa è che il presidente iracheno non si è fatto vedere alla televisione, come preannunciato, e il messaggio è stato letto dallo stesso Sahaf. Inevitabile il sospetto che il presidente sia davvero rimasto ferito, come gh Stati Uniti hanno sempre sostenuto, già nel primo bombardamento di Baghdad. È possibile che gh altri due proclami alla nazione di questi giorni fossero preregistrati, anche se l'ultimo sembrava contenere riferimenti a scontri sul campo, o che le condizioni di Saddam siano improvvisamente peggiorate. «La pace di Dio sia con voi mentre affrontate gh aggressori, i nemici di Dio e dell'umanità, gli iniedeli di passaggio, con il petto pieno di fede e amore per Dio», si dice nel messaggio: «Questi sono i giorni più onorevoh da più di 700 anni. Dio ci ha dato questa grande possibilità, una calamità attraverso la quale misurare la nostra fede». La guerra santa «è un dovere e chiunque morirà in battagha sarà ricompensato dal paradiso». Dunque «abbracciatela, o fratelli» perchè «è l'occasione di conquistare l'eternità e un onore senza pari. Colpiteli, combatteteli. Sono aggressori malvagi dannati da Dio». Adesso sta calando la notte e fra breve le incursione riacquisteranno il solito ritmo infernale. Gli americani cominciano a colpire aree e palazzi già distrutti, forse cercando di raggiungere i rifugi sotterranei, forse solo per tener desta la paura. Nelle ultime ore ancora bombe e missili sul complesso residenziale preso di mira fin dai primi bombardamenti, sulla casa di Saddam e quella del fighe Qusay, comandante della Guardia Repubblicana, altre incursioni su acquartieramenti e rifugi della periferia. Un giomo, forse, bisognerà calcolare quante tonnellate di esplosivo sono state lanciate su questa città e qual è stato il rapporto fra devastazione e risultato, potenza impiegata e vantaggi strategici. La tv irachena è tomata a farsi un po' più viva, forse i camion che adesso rilanciano il segnalo sono aumentati di numero o sono dislocati meglio. Alle sohte marce militari cominciano ad aggiungersene altre, può darsi che nei bunker sia al lavoro anche qualche compositore. I notiziari negano che la famiglia del Raiss sia riparata ah'estero e aggiungono che la moglie di Saddam «fa parte della grande nazione irachena ed è pronta a condivideme il destino». Si denuncia che fra gli obiettivi colpiti c'è stata anche la sede del comitato olimpico, solo perché a presiederlo c'era Uday Hussein: se si dovesse prendere di mira tutto ciò che il figlio scapestrato presiede, di Baghdad non rimarrebbe pietra su pietra. A tarda sera, accanto alle esplosioni si comincia ad avvertire un nuovo rombo di aerei continuo, minaccioso: forse ha soprattutto valore intimidatorio, forse la «pressione sulla città» aumenterà ancora. Un enorme fungo si leva sul quartiere Al Durra di Baghdad colpito da un missile; i bombardamenti sulla capitale irachena avvengono ormai praticamente senza interruzione

Persone citate: Estate, Fernando Filoni, Filoni, Jassim Ramadan, Saddoun, Uday Hussein