Federalismo fiscale, l'ansia delle Regioni di Gigi Padovani

Federalismo fiscale, l'ansia delle Regioni AL SUMMIT DEI RAPPRESENTANTI LOCALI A RAVELLO SPUNTI POLEMICI CONTRO IL CENTRALISMO Federalismo fiscale, l'ansia delle Regioni I governatori preoccupati: per la riforma si rischiano tempi lunghi Gigi Padovani inviato a RAVELLO La sintesi, con la consueta franchezza, la offre sul far del tramonto il «governatore» del Lazio, Francesco Storace, che è anche l'ultimo tra i presidenti di Regione ad arrivare in Costiera Amalfitana per questo summit straordinario delle Regioni: «Volete la mia opinione sul federalismo fiscale? Sarà sulla base dei quattrini che riuscirò a portare a casa: siamo la Regione più popolosa, la seconda per il contributo al prodotto interno lordo, vorrà pur dire qualcosa...». In realtà, la Conferenza straordinaria dei presidenti di Regione che si è riunita per due giomi di confronto nella splendida Villa Rufolo di Ravello, difficilmente oggi potrà dire una parola definitiva sul tema più scottante della riforma federalista: un riassetto tributario che faccia coincidere di più la distribuzione delle risorse con le aree in cui sono prodotte, coniugando anche il decisore politico con l'attribuzione dei fondi. Se il diessino Antonio Bassolino è il sorridente padrone di casa del vertice, al forzista Enzo Ghigo spetta cercare di trarre una conclusione unitaria. Da buon piemontese abituato alla mediazione istituzionale, Ghigo è però preoccupato da due problemi che mettono a rischio l'attuazione reale del nuovo articolo 119 della Costituzione: il ritardo dell'Alta Commissione per il federalismo fiscale istituita dalla Finanziaria 2003, e la riforma fiscale avviata dal ministro Tramonti. Sul primo punto, la vicenda è clamorosa. I «saggi» di questo organismo, secondo il testo varato dalla Camera e pubblicato in «Gazzetta Ufficiale» il 15 febbraio scorso. avrebbero dovuto addirittura presentare un progetto al governo entro oggi, data ultimativa: in realtà, la commissione non esiste neppure, perché non è ancora stata nominata da Treinonti. Le Regioni protestano e mettono le mani avanti. Hanno infatti già designato i loro rappresentanti da settimane: il presidente della Basilicata, Filippo Bubbico e l'assessore lombardo Romano Colozzi, capofila tra quelli al bilancio, oltre ai docenti universitari Filippo Bordignon, Federico Pica e Roberto Pignatone. E altrettanto ha fatto l'Anci per i Comuni (con il sindaco di Torino Sergio Chiamparino e il professor Franco Gallo, ministro delle Finanze nel governo Ciampi). Dal governo, silenzio su tutta la linea nonostante i tempi dettati dall'emendamento del leghista Pagliarini che inserì la fantomatica Alta Commissione in Finanziaria. Ma il secondo ostacolo appare ancora più grande. «L' Irap, che è uno dei pochi tributi propri delle Regioni - spiega Ghigo -, deve essere sostituita con altri introiti, mentre l'Irpef diventerà Ire. Tutto il fisco cambierà, e la delega al governo per farlo è di 24 mesi. Come fissare i principi, se non si saprà su quali introiti potremo contare? Il rischio è che, di fatto, si perdano altri due anni per arrivare al federalismo fiscale». La «torta» che le venti Regioni devono spartirsi ammonta ad almeno 120 miliardi di euro l'anno: non sarà facile trovare un criterio che convinca tutti. Ecco perché ieri qui a Ravello, luogo caro a Richard Wagner e Jacqueline Kennedy, sono arrivati in tanti. C'è il lombardo Roberto Formigoni piuttosto scocciato con il governo, che confida ai suoi: «Non possono trattarci così soltanto perché siamo in maggioranza della Casa delle libertà». C'è Enzo Errani, il diessino alla guida dell'Emilia-Romagna vice di Ghigo in Conferenza, che dice: «Basta rinvìi». E poi ci sono Maria Rita Lorenzetti (Umbria), Alessandro Biasotti (Liguria), Raffaele Fitto (Puglia), Vito D'Ambrosio (Marche), Michele Iorio (Molise), Filippo Bubbico (Basilicata), oltre a Bassolino e a numerosi assessori al Bilancio. Sono qui perché ormai il 55 per cento della spesa pubblica passa attraverso Regioni ed enti locali. Poiché il reddito prodotto nelle regioni ricche del Nord è molto più alto di quello delle regioni del Sud, le divisioni tra i governatori sono trasversali e geografiche, più che tra Polo e Ulivo. Se Formigoni punta sul concetto di «competitività» da associare alla solidarietà, il pugliese Fitto chiede al Nord di essere «più generoso» in cambio di un Mezzogiorno «più virtuoso», che rifiuti cioè l'assistenzialismo. Si devono spartire i soldi dei cittadini senza far saltare i livelli minimi dei servizi, sia a Reggio Calabria sia a Venezia. Diventa fondamentale, concordano tutti, il «fondo di perequazione», cioè la compensa¬ zione tra regioni a maggiore e minore capacità fiscale. Riassume con efficacia la diessina Lorenzetti: «L'articolo 117, quello delle competenze, e il 119, quello dei soldi, devono essere analizzati insieme, secondo un modello solidale ma non assistito. Soprattutto, si deve evitare il "tanto paga sempre Pantalone", come è stato finora». Aleggia poi il problema del debito pubblico, che il governo potrebbe voler dividere in modo «federale» (altri 300 miliardi di euro), ma su questo le Regioni dicono no in coro: il federalismo fiscale si fa al netto del patto di stabilità. Purché, dicono però i sindaci, devolution e riforma del Titolo V non portino soltanto ad un aumento delle tasse, con nuovi ticket e gabelle locali: e infatti già circola un testo di legge proposto dall'Anci che vuole bloccare U (meo-centralismo regionale», sul quale si riversa l'ostilità dei governatori. Con il Sud che sta per non ricevere più i fondi strutturali che andranno ad Est con l'allargamento dell'Europa, la guerra in Iraq che riduce i consumi e le prospettive dell'economia, parlare di fisco regionale sembra insomma un bel sogno che si perde nell'azzurro del mare di Amalfi, là sotto. A Fiuggi, i presidenti di Regione alla fine di febbraio trovarono l'accordo per dividersi i fondi della sanità (rappresenta il 70 per cento della spesa) soltanto dopo una lunga maratona conclusa a tarda notte: secondo Fitto, «serviranno ancora tanti giomi e tante sere» per trovare un'intesa. L'Alta Commissione prevista dalla Finanziaria avrebbe dovuto presentare un progetto entro oggi ma la sua nomina è in ritardo Valle d'Aosta E Molise Basilicata Umbria Abruzzo Sardegna Trentino Alto Adige Calabria Friuli Venezia Giulia Marche Liguria Puglia Sicilia Campania Toscana Piemonte Emilia Romagna Veneto Lazio Lombardia IL CONTRIBUTO DELLE REGIONI AL PIL LE PERCENTUALI REGIONALI DEL PRODOTTO INTERNO LORDO 10 15 20 ■IMKÉMIIIiril » 1 3 Enzo Ghigo