Myers: ci adatteremo alle nuove minacce

Myers: ci adatteremo alle nuove minacce IL CAPO DEGLI STATI MAGGIORI CONGIUNTI USA DI FRONTE A UN CONFLITTO DIVERSO DAL PREVISTO Myers: ci adatteremo alle nuove minacce «Nessun piano teorico sopravvive al contatto col nemico» intervista David Frost ■ leader politici e militari della campagna in Iraq insistono a dire che tutto va secondo i piani, nonostante le critiche alla loro strategia e le paure che le forze della coalizione si impantanino. Uno degli artefici della campagna militare è il capo degli Stati Maggiori congiunti Usa, Richard Myers, nel ruolo che aveva Cohn Powell nella precedente guerra del Golfo. La prima domanda al generale riguarda i kamikaze, un'altra incognita con cui le truppe alleate devono fare i conti. «Non si tratta di una tecnica e certo non è sconosciuta - dice Myers -. Penso che possiamo adattare le nostre tattiche e le nostre tecniche per vincere questa minaccia. E' solo una prova del fatto che gli iracheni sono alla disperazione e noi dobbiamo essere sempre vigili». Se lei dovesse riassumere i primi giorni di guerra, cosa direbbe? Alcuni buoni progressi ma non secondo i piani? «Prima di tutto va detto che nessun piano teorico, non importa quanto brillante e perfetto, può sopravvivere al contatto con il nemico: è un antico detto militare ed è vero oggi esattamen¬ te come in passato. Se si guardano le cose dal punto di vista della strategia, mi colpisce innanzitutto il fatto che il piano è riuscito a impedire il lancio di missili Scud sui Paesi vicini amici, Giordania e Israele. Poi che la maggioranza dei pozzi petroliferi del Sud sono sotto controllo della coalizione, il che impedisce un disastro ambientale. Infine che non ci sono folle di rifugiati e nessun tipo di crisi umanitaria, al momento, e noi possiamo provvedere agli aiuti medici e umanitari dove necessario». Abbiamo tutti sentito le parole del generale statunitense William Wallace: «L'esercito che stiamo combattendo è diverso da quello del 1991». Gli iracheni combattono meglio del previsto? «Certamente la tenacia, l'audacia, la ferocia delle squadre della morte del regime è un problema che va affrontato e al momento è stato affrontato con molta efficacia dalle squadre inglesi e americane. Se mi permette una piccola diversione, il modo con cui le forze britanniche hanno trattato la situazione a Bassora è stato magnifico. Lì ci sono persóne che sono state sfruttate, torturate, brutalizzate dal regime e temono di venire fuori adesso. Il mondo in cui le truppe britanniche stanno lavorando con loro per sradicare gli uomini del Baàth che li minacciano è davvero efficace». E' chiaro però che inglesi e americani devono prepararsi al fatto che questa guerra durerà mesi, non settimane. «Non posso fare e non farò una previsione su quanto può durare la guerra. Certo durerà abbastanza per disarmare l'Iraq - e penso che tutti, anche l'Onu, sia d'accordo su questo punto - e per eliminare il regime che opprime la popolazione. Non so quanto durerà. Ho sempre detto che i giorni più duri devono ancora venire, che non c'è una progressione lineare. Con regimi come quello iracheno, che si basa sulla paura e l'intimidazione, non si sa mai cosa possa accadere. Ma alla fine tendono a crollare all'improvviso, non appena ci si rende conto che non hanno più futuro. E posso rassicurare la popolazione che la fine; il "come" finirà la guerra, non è assolutamente in dubbio. Il regime iracheno sarà rovesciato, le armi di distruzione di massa eliminate. Ma non posso prevedere quando». Tutti pensano che i combattimenti più duri saranno a Baghdad. Se si arriva alla guerriglia urbana, quanto conterà la superiorità degli armamenti della coalizione? «Le forze americane si appoggiano molto in questo caso all'esperienza britannica ma non posso entrare nei particolari. Quello che gioca dalla nostra parte, e che stiamo già usando, è la pazienza. Dato che l'esito finale non è dubbio, possiamo permetterci di prendere tempo e aspettare le condizioni più propizie del campo di battaglia. Il che significa intanto risparmiare più civili possibili - e questo è sempre uno dei nostri principi - e poi non esporre ad inutili pericoli il nostro tesoro, gli uomini e donne inglesi e americani». E' stato anche detto che dovete combattere con ima mano legata dietro la schie¬ na, per portare gli iracheni dalla vostra parte. Che se poteste usare tutta la vostra forza la guerra finirebbe ben prima. E' vero? «E' una caratteristica importante di ogni grande potere il sapersi controllare. Cerchiamo di seguire le regole dei conflitti armati e la convenzione di Ginevra. Ci sono cose che potremmo fare per affrettare la fine ma dobbiamo stare molto, molto attenti. L'ho detto fin dall'inizio, non è una guerra contro il popolo iracheno, è tutto l'opposto, è la liberazione del popolo iracheno. Non voghamo occupare l'Iraq. E finché possiamo essere pazienti e non mettere la nostra gente inutilmente in pericolo siamo sulla giusta strada». Come mai le previsioni di iracheni, civili e soldati, che si arrendono in massa, non si sono avverate? «Finché non sono assolutamente certi che il regime non sopravvivere, ovviamente sono cauti. E ci metteranno un po' a rendersi conto che la fine del regime è solo questione di tempo. La vittoria è certa ma questo è chiaro per noi, ci vorrà tempo perchè lo sia anche per la gente che subisce il regime da anni». Gli incidenti di fuoco amico sono inevitabili, si può far qualcosa per prevenirli? «Spero che non sia una parte inevitabile della guerra: si tratta della più triste tragedia di cui si possa fare l'esperienza. Rimpiango le vite dell'equipaggio britannico del Tornado abbattuto dal Patriot statunitense. Certo, abbiamo mezzi tecnici per prevenire, ma nel bel mezzo deila guerra, che per natura è un evento molto caotico, sul campo di battaglia, queste cose accadano. Ma io non accetterò mai che siano inevitabili, e ritengo che non dovremmo mai smettere di cercare mezzi di prevenzione». Lei ha parlato di pazienza come di una qualità di vitale importanza per i militari. Pensa che anche i civili abbiano questa pazienza? Intanto vorrei dire come per i militari sia vitale sentire la gente vicina. Fa un'enorme differenza anche sul campo di battaglia, come fa un'enorme differenza sapere che abbiamo un alleato fedele e solido come la Gran Bretagna che condivide con noi rischi e responsabilità. Io non posso parlare per il popolo britannico perché non lo conosco a fondo. Per quanto riguarda gli americani, sanno che una grande potenza deve agire con cautela, attaccare il nemico quando è pronta, risparmiare il maggior numero di vite possibile. Penso che siano con noi fino in fondo». Copyright Breakfast with Frost - Bbc II generale Richard Myers

Persone citate: Cohn, David Frost, Frost, Myers, Powell, Richard Myers, William Wallace

Luoghi citati: Baghdad, Bassora, Ginevra, Giordania, Gran Bretagna, Iraq, Israele