Sperare in una rapida pace? La Quercia sì divìde di A. Ram.

Sperare in una rapida pace? La Quercia sì divìde NUOVO CONTRASTO ALL'INTERNO DEI DS DOPO IL VOTO PARLAMENTARE. ACCORDO SOLO SUI «CORRIDOI UMANITARI» Sperare in una rapida pace? La Quercia sì divìde Berlinguer:, sarebbe come tifare per gli Usa. I riformisti: no, pensiamo alle vittime dibattito ROMA Ef sbagliato auspicare ima rapida fine della guerra. Sarebbe come auspicare una rapida vittoria americana. Giovanni Berlinguer, che all'ormai lontano congresso di Pesaro contese da sinistra la segreteria della Quercia a Piero Fassino, rilancia dall'assemblea di ((Aprile» la questione posta dal direttore del Manifesto Riccardo Barenghi. Il quale ha aperto il dibattito a sinistra, lasciando un dubbio e un interrogativo: meglio una pronta conclusione della guerra in Iraq che lascerebbe meno vittime sul campo, o una guerra lunga e dolorosa che infiacchirebbe il dominio americano, dato che sullo sfondo ci sono altre guerre annun¬ ciate? Il dibattito, con lettere, e-mail e interventi, continua. Ma intanto arrivano le prime risposte politiche. Errore, bacchetta Umberto Ranieri, il riformista diessino che fu sul fronte governativo dalemiano dell'intervento in Kosovo. Anche se «la critica severa all'intervento unilaterale americano si va facendo ancora più forte, e anima i dubbi, nessuna incertezza su come debba concludersi il conflitto: con meno vittime possibile, con la cacciata di Saddam, con l'avvio di jace e democrazia per il popoo iracheno». E lo stesso Piero Fassino, poco dopo, si premura di annunciare dalla stessa tribuna dell'assemblea di «Aprile» l'iniziativa che i diesse porteranno in Parlamento già da questa settimana; la richiesta del cessate il fuoco e il via libera urgente agli aiuti umanitari, di Stato e civili, per le popolazioni vittime della dram¬ matica invasione. Ma, mozioni a parte, la ferita a sinistra rischia di riaprirsi. Lo dice senza mezzi termini uno dei leader del Correntone, Fabio Mussi, che critica senza mezzi termini Fassino, e su una linea che incrocia benissimo Verdi e Comunisti italiani: «Non mi convince la cessazione delle ostilità se Saddam se ne va, perché questo equivale a giustificare la guerra: non spetta agli eserciti cacciare i dittatori, ma alle popolazioni». E' il vecchio principio dell'autodeterminazione dei popoli, un tema sul quale nei giorni scorsi anche Massimo D Alema aveva ricordato che perfino l'intervento in Kosovo non era stato fatto per destituire Milosevic, così come non possono avere quel fine le guerre su mandato intemazionale, Onu o Nato che sia. Su un punto l'accordo a sinistra pare esserci, ed è quando Fassino anticipa la richiesta di «corridoi umanitari sotto protezione intemazionale» e, con una mozione che verrà appositamente presentata, si rivolge in particolare al governo italiano: ((Accogliere coloro che si troveranno nella situazione di profugo, di rifugiato, di asilante politico». Una cosa sulla quale nella Casa delle Libertà c'è già maretta: scontato il via libera dei centristi e di parte di Forza Italia e Alleanza nazionale, restano le fattive resistenze di Bossi. Ieri, Marco Follini ha commentato che basta l'asse portante della coalizione a prendere decisioni in materia, e pazienza per la LegaMa ieri, dallo stesso podio da cui parlava Follini, il convegno sull'allargamento ad Est organizzato daio Cavalieri del Lavord a Montecitorio, c'è stato un deflagrante intervento del presidente del Parlamento europeo, l'irlandese Pat Cox che siede a Bruxelles nei stessi banchi di Francesco Rutelli, quelli dei liberal-democratici dell'Eldr. Cox ha indicato il dilagante antiamericanismo come «responsabilità delle politiche avventate dell'amministrazione Bush, che stanno distruggendo la solidarietà filoamericana nata all'indomani dell' 11 settembre». Cox ha ricordato lo slogan, all'indomani dell'attentato alle Torri, del «siamo tutti americani». Oggi non è riù così, e ha elencato non solo 'intervento unilaterale in Iraq, ma anche il mancato sostegno americano allo sviluppo sostenibile sancito a Kyoto; l'avversione al Tribunale penale intemazionale; la sospensione dello Stato di diritto per i prigionieri talebani nella base americana di Guantanamo. E, ha aggiunto, «l'Europa non si vergogna di essere in disaccordo su questi punti con gli Stati Uniti». [a. ram.]