Auto piomba sul gruppo di ciclisti: tre morti di Massimiliano Peggio
Auto piomba sul gruppo di ciclisti: tre morti A RIVA DI CHIERI: LE VITTIME ERANO PENSIONATI, QUATTRO COMPAGNI SCAMPATI ALLA STESSA FINE, L'INVESTITORE SOTTO CHOC FINISCE IN OSPEDALE Auto piomba sul gruppo di ciclisti: tre morti La tragedia lungo una strada di campagna Giovanna Favro Massimiliano Peggio Tre amici di mezz'età sulle bici da corsa, altri quattro cinquanta metri più avanti. La strada è poco più che una via poderale, in mezzo ai campi, e porta à una frazione di Riva di Chieri che si chiama Tamagnone. I sette hanno iniziato a pedalare appena da un'oretta, loro che sono capaci di viaggiare di buon passo più di cento chilometri, e che cavalcano le biciclette da una vita. E' un attimo. Arriva una Bravo blu, sbanda. I quattro che sono sopravvissuti dicono d'averla vista spuntare come un bolide, all'uscita da una curva. Il pomeriggio a pedalare nell'aria tiepida di primavera finisce con tre amici uccisi sul colpo. Uno resta sull'asfalto, due sono in un fosso. Le bici sono volate in alto e sono rimaste accartocciate nel campo. L'automobilista è un invalido. Guidava ima vettura con i comandi speciali: sotto choc all'ospedale, piange, e incolpa la manovra di un'Opel Astra di cui per ora non c'è traccia. E' successo poco dopo le 15 di ieri. I sette amici sono soci del «Pedale Chierese», l'associazione che riunisce i cicloamatori della zona dal 1933. Caschetti a proteggere il capo, calzoncini con i colori sociali, biciclette da corsa da superesperti, come una Bianchi da qualche milione che resterà contorta nel campo. E' quella dell'imprenditore Domenico Vergnano, 70 anni, molto conosciuto per l'azienda di utensileria di strada Fontaneto di proprietà sua e dei fratelli, che dà lavoro a un'ottantina di persone. I due amici morti con lui sono Luciano Piovano, che aveva 63 anni e viveva in piazza Colognatti a Chieri, e Ermanno Arrobio, 57 anni, da poco in pensione dopo una vita da caposquadra a Mirafiori: abitava in vicolo Albussano 7 a Chieri con la moglie, e aveva due figli. L'investitore è Pietro Parisi, 25 anni, che vive poco lontano dal luogo dell'incidente, in borgata Tamagnone 5, e che ieri era ricoverato sotto choc all'ospedale di Chieri. Finisce su ima barella del prou^ soccorso, la flebo in un braccio, anche il fratello Francesco, 16 anni, che gli era seduto accanto, e ha una clavicola fratturata: «Eravamo usciti per andare a fare un giro a Chieri». Accanto a loro ci sono i genitori, la sorella. Il padre Angelo, operaio a Cambiano, dice che è stata tutta colpa di una Opel Astra che viaggiava in senso contrario. Pietro: «Ho frenato per cercare di evitarla: ha superato i ciclisti e mi stava venendo contro. Ma la mia auto s'è girata in testacoda; sono finito contro un palo, poi con le ruote nel fosso, e poi addosso a quelle persone. Mi spiace tanto, mi dispiace...» Fatica a parlare: il fratello Francesco, a chi parla di una velocità molto elevata, risponde che «No, non andavamo ai centonovanta come ha detto qualcuno. Viaggiavamo sui cento all'ora, ho visto il contachilometri». E Pietro: «Novanta, cento, non di più». E' invalido, con un braccio offeso dopo che, sette anni fa, l'avevano travolto in moto una mattina nebbiosa. «E' stata tutta colpa della Opel, che stava venendomi addosso. E con quei tre uomini per terra, l'autista non ha nean¬ che sentito il dovere di fermarsi ad aiutarci». I cichsti spiegano d'essere vivi per miracolo, e accusano il giovane trattenendo la rabbia e le lacrime. Dicono che ha spinto la Bravo ben oltre il giusto. Carlo Poncino, 78 anni: «Ero trenta metri più avanti, non siamo morti anche noi per un pelo. Quell'auto è arrivata addosso ai miei amici come un bolide. Io non ho visto nessuna Opel bianca, solo lui che ci veniva contro». E Antonio Geromei; «La Opel l'ho vista, ma ci aveva superato tranquillamente, a bassa velocità. Quella Bravo è uscita dalla curva a una velocità folle». La prima ricostruzione dei carabinieri di Riva di Chieri sembra dar ragione ai cichsti. Non foss'altro che perché su quella stradina di campagna il limite di velocità è di cinquanta chilometri l'ora, e in certi punti addirittura di trenta. I testimoni: la Bravo è spuntata dalla curva come un bolide non gli ha lasciato nessuna speranza Il guidatore si giustifica: «Non andavo veloce» Anni fa fu investito mentre andava in moto e perse l'uso di un braccio ll luogo dove è avvenuta la strage. La Bravo blu con il muso completamente distrutto e vicino i corpi dei tre ciclisti
Persone citate: Antonio Geromei, Carlo Poncino, Domenico Vergnano, Ermanno Arrobio, Giovanna Favro, Luciano Piovano, Pietro Parisi, Tamagnone
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