Galileo, l'evoluzione e l'orologiaio cieco

Galileo, l'evoluzione e l'orologiaio cieco UN LIBRO AL GIORNO Galileo, l'evoluzione e l'orologiaio cieco Claudio Bartocci " ^T EL dibattito contemporaneo - .^1 sull'evoluzionismo si fronteggiano due scuole di pensiero, che si dichiarano entrambe fedeli interpreti della dottrina darwiniana. Da una parte, Richard Dawkins e i suoi seguaci ritengono che l'evoluzione sia un processe lento e graduale, nel corso del quale gli organismi viventi cercano principalmente di trasmettere ai loro discendenti i geni migliori. Dall'altra, Niles Eldredge e Stephen J. Gould (scomparso circa un anno fa) sono sostenitori di una teoria degli equilibri punteggiati, secondo cai la storia evolutiva e costellata da episodi di discontinuità, vere e proprie decimazioni di massa seguite da spettacolari differenziazioni all'interno dei ceppi superstiti. Entrambe le scuole concordano su un punto: l'evoluzione procede senza pianificare conseguenze. È un orologiaio cieco, afferma Dawkins; non rappresenta in nessun modo «un progresso costante verso una sempre maggiore eccellenza, complessità e diversità», scrive Gould. Le tesi del darwinismo moderno forniscono forse la chiave di lettura più appropriata per accostarsi a questo ultimo, importante volume di Enrico Bellone, che tuttavia narra di vicende all'apparenza molto lontane dalla biologia evolutiva: le ricerche di Galilei, in un periodo compreso grosso modo tra il 1605, quando pubblica sotto pseudonimo il Dialogo de Cecco de Ronchitti da Bruzene in perpuosito de la Stella Nuova in dialetto padovano rusti- co, e il 1619, anno in cui dà alle stampe il Discorso delle comete scritto con l'amico e discepolo Mario Guiducci. In che modo dobbiamo leggere lo straordinario percorso conoscitivo compiuto da Galilei? Quali forze lo guidarono? La ricostruzione proposta da Bellone - autorevole storico della scienza nonché direttore della rivista Le Scienze - è fondata sull'assunto dichiarato che la tradizionale distinzione tra processi cognitivi e organismi viventi sia soltanto una cattiva rcr^fora, frutto, in ultima istanza, di pregiudizi duahstici circa 0 problema mente/corpo. Le dinamiche del sapere scientifico sono dunque soggette a un'evoluzione strutturalmente simile a quella biologica, e regolate da analoghi meccanismi di selezione e di mutazione. Lo storico della scienza deve farsi umile naturalista, abbandonando il radicato preconcetto che la produzione di conoscenza scientifica sia una marcia trionfale verso la verità. Con sapienza narrativa e profonda conoscenza delle fonti. Bellone descrive la nicchia culturale Galilei, i conflitti e le interazioni con i contemporanei, l'erratico intrecciarsi delle riflessioni sul problema del moto e le indagini astronomiche. L'evoluzione è cieca: le scoperte del grande scienziato pisano molto devono a fattori puramente casuali e i risultati più significativi che egli ottenne sono in larga misura «indipendenti dai suoi desideri, anacronistici rispetto ai saperi allora esistenti e privi di direzionalità». L'interpretazione in chiave evoluzionistica della storia della scienza proposta da Bellone ha profonde implicazioni epistemologiche. E lascia aperta una questione di fondo: si deve adottare il modello di Dawkins o quello di Gould? Enrico Bellone La stella nuova. L'evoluzione e i caso Galileo Einaudi, 164pagine, 17 euro