Far «emigrare» il riso è un vero autogol per la qualità italiana

Far «emigrare» il riso è un vero autogol per la qualità italiana 3E GUSTIBUS DISPUT Far «emigrare» il riso è un vero autogol per la qualità italiana Carlo Petrini SOLTANTO due settimane fa, su queste pagine, cercavo di prefigurare quello che potrà succedere alla risicoltura italiana nel futuro. Con i nuovi livelli di sussidio alle sovrapproduzioni e il disaccoppiamento del sostegno, la rete protettiva per 1 risicoltori praticamente non esisterà più e questi si troveranno a navigare in acque davvero poco tranquille. Tuttavia, nonostante la situazione grave e molto complessa, mi sento di ribadire l'incoraggiamento ai produttori a puntare tutto sulle specificità e sulla qualità delle produzioni di varietà italiane, perché sembrerebbe l'unica via percorribile per accettare la sfida di un mercato non più protetto e sempre più "nrirorrenziale. Anche molti risicoltori si sono dimostrati convinti di quest'orientamento e, pur se accompagnati da giustificati timori, ci vogliono provare, seguendo l'esempio di chi questa tendenza l'ha anticipata, ottenendo anche buoni risultati. Molti risicoltori, dicevo, ma poi, proprio la settimana dopo che a Bruxelles si è discusso dei nuovi orientamenti, ho letto una notizia che mi ha fatto cadere le braccia; «Scotti fa il distretto del riso in Romania». Fin qui, dal titolo, niente di male, o meglio, niente di così sorprendente. Che gran parte della colpa di una situazione così drammatica per la risicoltura italiana sia delle grandi industrie, delle grandi riserie, l'abbiamo già spiegato due settimane fa. Che si sappia che la Scotti ha acquistato 1000 ettari di risaie sulle rive del Danubio, proprio nei giorni seguenti l'acuirsi dei timori per l'accresciuta forza delle importazioni sovvenzionate, dimostra ancor più quanto sia scaltra e senza scrupoli la politica di questi soggetti. Colgono le occasioni al balzo, l'hanno sempre vinta; sia che il vento tiri in una direzione, sia che tiri nell'altra. Tanto non contano la qualità del riso, le varietà che vengono parboilizzate (cioè omogeneizzate grazie a un processo industriale - massaie, non comprate il riso parboiledl). Addirittura non importa la tracciabilità: pensate, traggono ancora vantaggio da una legge del 1962 che regola là vendita e il confezionamento del riso, punendo chi vende un riso per un altro, o miscele di riso vietate, con un'ammenda che va da 20.000 a 200.000 lire. Non per confezio- ne, non per chilo, una tantum! Immaginate la faccia del dottor Scotti (anche se non l'avete mai vista), se dovesse sbaghare a riempire migliaia delle sue scatole, lo scoprissero e dovesse pagare 20.000 lire di multai Ma se, come risulta chiaro, non dobbiamo certo fare affidamento sulle grandi riserie per salvare il nostro prodotto nazionale, almeno ci si aspetterebbe un poco di responsabilità da parte delle istituzioni, e soprattutto da parte dei contadini. E invece non è così. Apprendo, leggendo la medesima notizia, che il fantastico progetto di acquisire le mitiche riserie del Danubio, dove il riso vien su che è un piacere (iniziano a giugno, vicino a Timisoara, e il progetto si chiamerà Agria, il distretto del riso), ha una doppia benedizione. Quella del Ministero delle Attività Produttive, dipartimento per il Commercio estero, e quella -qui cascano le braccia della Confagricoltura, in particolare quelle di Novara, Vercelli e Oristano, con un caldo interessamento di Rovigo e Verona. Vale a dire le zone più vocate, dove abbiamo il Camaroli, l'Arborio eilVialoneNano. La Confagricoltura, che si lamenta della riduzione dei sussidi, che vuole difendere strenuamente il prodotto nazionale, «vuole fortemente» questo prò getto, e ci mette il suo cappello, comoda comoda, con la partecipazione di ima cinquantina d'imprese nazionali. Ma che bella pensata! Sarei proprio curioso di sapere, visto che mi sembrano tutti piuttosto abbottonati sulla questione, che gli passa per la mente, in che modo - e soprattutto che cosa - ci guadagneranno. In quest'operazione, per ora ci io vedo la voglia di speculare su qualsiasi cosa, l'assoluta noncuranza per il territorio in cui si vive, una clamorosa mancanza di lungimiranza e una connivenza suicida con chi in realtà degli agricoltori non si preoccupa: cioè chi compra la materia prima e guarda soltanto il prezzo, le grandi industrie del rìso. Un classico esempio di autolesionismo che - questo è sicuro aggiungerà alla serie dei tanti finti prodotti italiani (l'olio italiano con le olive greche, la salsa di pomodoro itahana con i pomodori cinesi) il fantastico riso parboiled italiano confezio1 nato con il riso rumeno. Al suon del bel Danubio blu. Tanto, mal che vada, si paga di multa di 10 euro e poco più. E scusate la rima.

Persone citate: Carlo Petrini

Luoghi citati: Bruxelles, Novara, Oristano, Romania, Rovigo, Vercelli, Verona